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Malesani amaro: "Ho smesso di allenare, il calcio ormai mi ha messo da parte"

di Alessandra Stefanelli
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© foto di Federico Gaetano

Intervistato dal sito ufficiale della Roma in vista di Roma-Fiorentina, Alberto Malesani fa sapere di aver ormai detto addio al mondo del calcio: “Ormai è così. La decisione è maturata con razionalità nel corso di questi anni. Quando senti che ti allontanano un po’, è inutile insistere. A un certo punto mi hanno messo dalla parte degli allenatori che consideravano finiti e con il tempo l’ho accettato. Non c’è problema, mi esprimo in un altro mondo. Venivo dal mondo aziendale prima e oggi ci sono tornato. Quasi chiudendo un cerchio. A volte ho provato del dispiacere, ma non traumi. Quelli proprio no. Di una cosa sono rimasto male, invece… Che l’esperienza in questo paese, e di conseguenza nel calcio, non venga premiata. Come detto, prima di fare l’allenatore venivo dal mondo aziendale. Per 17 anni ho lavorato per la Canon Italia. In Giappone, le persone con più esperienza le riprendevano in sede sfruttando la loro conoscenza. Non le buttavano via”.

Malesani afferma però di sentire la mancanza della panchina: “A questa domanda rispondo sempre la stessa cosa: uno che ha fatto per 26-27 anni il professionista, ad alti livelli, il calcio non può sparirgli dall’anima. In particolare, a uno come me, che ha vissuto questo sport sempre a duecento all’ora, 24 ore su 24. La cosa che più mi è mancata finora è il prato verde, il pallone, l’aspetto didattico, la tattica che si fa giornalmente con la squadra, il creare qualcosa. L’allenamento globale, quotidiano. Altre cose non mi mancano, francamente. Ma questa sì, mi mancherà sempre. E per sempre”.

Sulla Serie A: “In Serie A l’aspetto tattico è preponderante. Nel tanto vituperato campionato italiano è sempre difficile vincere una partita. Per chiunque. Perché il nostro è un calcio di precisione, maniacale. Anche io mi diverto a vedere una partita di Premier, ma quello che vedi in quei tornei lì – così come pure in Liga - non lo vedrai mai in Italia. All’estero si vedono match più aperti, movimenti di giocatori meno precisi. L’Atalanta è una squadra che gioca molto aperta, ad esempio, non bada molto alle coperture preventive quando attacca, ma deve essere sorretta da una grande condizione fisica per arrivare al risultato e alla prestazione. Gasperini è uno dei migliori allenatori in Italia. Lui si è espresso bene dove ha trovato giovani da lanciare. E la sua mano deve essere totale. Con i giocatori meno affermati è più facile lavorare, trasferire determinati concetti. Mentre con quelli più esperti e di fama forse è più complicato portarli dalla propria parte”.

Sulla Roma e su Fonseca: “Mi piace, almeno per quello che vedo da fuori. Ma sui giudizi verso i tecnici non vado oltre perché li dovrei vedere lavorare nel quotidiano. Posso dire, però, che si vede una direzione nella sua squadra. Chi mi ha colpito? Andando per ruoli tra i difensori dico Kumbulla, un centrale molto interessante cresciuto qui a Verona. Per quanto riguarda i centrocampisti, Barella ha qualcosa in più di altri. Tra attaccanti, mezze punte, mi piacciono tanto Papu Gomez e Lukaku. Ma loro sono meno giovani…”.

Gli viene poi chiesto se la Roma lo abbia mai cercato in passato: “Il mio nome girò quando Zeman fu esonerato nel 2013. Mi sarebbe piaciuto allenare Totti e De Rossi. Dopo Rivera, come giocatore, ho amato Totti. Aveva una visione di gioco oltre i 180 gradi. Roba da Maradona. Francesco era eccezionale, lo stesso vale per De Rossi, centrocampista forte e intelligente”.

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