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Juve, Pogba: "Vogliamo sempre vincere, questo non cambierà mai. Devo essere un leader"

di Lorenzo Di Benedetto
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Il centrocampista della Juventus, Paul Pogba, ha rilasciato una lunga intervista a GQ Italia nella quale ha parlato per prima cosa della scelta di tornare alla Vecchia Signora: "A me piace pensare e dire che è il mio cuore che ha fatto la scelta. Era anche forse il momento giusto per tornare qua. Gli ultimi tre anni a Manchester, condizionati anche dagli infortuni, non sono andati come volevo, non è un mistero. Ho pensato che se a questo aggiungevamo il fatto che anche la Juve arriva da due anni in cui non ha vinto lo scudetto, era una bella sfida per entrambi. E forse era il momento giusto per ritrovarci e provare a riprenderci il posto che ci spetta, a me e alla Juve. E soprattutto per tornare a vincere".

Perché proprio la Juve anche se le offerte non mancavano?
"Io voglio giocare sempre, e voglio dare il massimo. E dentro di me so che questa maglia è speciale, tira fuori il mio meglio. Abbiamo costruito una bella storia con questa squadra, che non ho mai dimenticato anche quando sono andato via dalla Juve. Tornare qua per me è sempre un motivo di spinta, di stimolo a fare bene. Non ho mai avuto dubbi che questo fosse il mio posto".

Cosa è cambiato dalla prima volta?
"La prima volta qui ero più giovane e non avevo l’esperienza che ho adesso. Sono cresciuto nella vita personale, ho due bambini, una moglie, e anche come calciatore. Ho vinto il Mondiale con la Francia, l’Europa League con lo United, ho giocato con grandi giocatori e una grande squadra. Ho imparato tanto lì, era totalmente diverso dalla mia esperienza precedente. Dovevo prendermi più responsabilità che invece avevo meno qui alla Juve quando ero giovane e avevo giocatori esperti vicino a me. Adesso mi guardo e penso che sono diventato come questi giocatori, come Pirlo, come Buffon, come Chiellini. E ora tocca a me fare alla Juve quello che hanno fatto loro".

La Premier resta comunque il campionato più affascinante.
"È vero, ma per me il campionato italiano è sempre stato uno fra i più difficili, giocare a calcio qui non è mai stato facile. Vincere in Italia è sempre una sfida proibitiva, lo è per tutti, e lo è ancora di più per la Juve da cui ci si aspetta sempre il massimo. In Premier League in questo momento ci sono potenzialità economiche senza pari, c’è più facilità da parte dei club di comprare i giocatori che si vogliono rispetto all’Italia. Penso che sia questa la vera differenza. Ma se devo restare al calcio giocato, quello italiano è sempre stato per me uno dei migliori nel mondo, e lo resta nonostante tutto".

È uguale giocare in Premier o in Serie A per lei?
"Dico che non c’è molta differenza fra giocare nel Manchester United e nella Juventus; quando sei in un grande club, sei in un grande club. E la Juve lo è sempre stato, il più grande d’Italia. Ora la ritrovo cresciuta dal punto di vista delle strutture – il nuovo centro d’allenamento, bellissimo; la Juventus Women, simbolo di un calcio finalmente davvero per tutti, che mi entusiasma – ma sempre con la stessa famiglia al comando, garanzia di continuità, e con la stessa mentalità: vogliamo sempre vincere e siamo sempre la Juve, questo non cambierà mai. Ora tocca davvero a noi".

È tornato alla Juve anche per Allegri?
"Ho sempre avuto un rapporto molto forte con il mister. Bello, onesto. Lui mi conosce e mi ha sempre spinto quando eravamo qua insieme. Anche quand’ero a Manchester siamo rimasti in contatto e abbiamo parlato molto".

Poi c'è il rapporto con i tifosi.
"Quando sono andato via sono stati molto riconoscenti per gli anni insieme. Ero giovane e davvero mi hanno sempre spinto allo stadio, erano sempre dietro di me, ho sempre sentito l’amore di questi tifosi, questa è la verità. Non ne ho mai sentito uno così grande, neanche al Manchester".

Oltre alla Juventus poi c'è la Nazionale.
"La cosa speciale della Francia è che ogni anno ci sono giocatori che già a diciassette o diciotto anni possono giocare in prima squadra. C’è un talento enorme, che poi viene formato con un’attenzione che fa crescere i giovani valorizzandoli al meglio; credo sia per questo che la Francia degli ultimi anni è sempre una squadra potenzialmente fortissima. Ogni anno arrivano giovani che sono all’altezza di inserirsi nella formazione campione del mondo. Guardando la lista dei giocatori convocati per rappresentare la Francia nelle varie partite, ti viene da pensare che si potrebbero tirare fuori due o tre squadre di primo livello. È una bella cosa, però è anche dura perché la scelta del mister diventa più difficile. C’è competizione ma nonostante questo si è formato un bellissimo gruppo, con una grande mentalità. In questo è fondamentale il ruolo dell’allenatore. Avere sempre la sua fiducia, fare bene e aiutare la mia nazionale ancora per molti anni è il mio vero obiettivo".

Prima del Mondiale però c'è un infortunio da smaltire.
"Mi piace affrontare le sfide del calcio e della vita, belle o meno che siano, con positività e sempre col sorriso. L’amore per il calcio e la voglia di tornare a giocare sono la molla che mi spinge ogni giorno a lavorare duro per tornare presto".

Come fa a concentrarsi sul calcio senza pensare al mondo esterno con le tante voci sul suo conto?
"Avendo iniziato a giocare ad alti livelli molto giovane, sono abituato a gestire le voci. Fa parte del gioco: come atleti conviviamo con elogi e critiche settimanalmente, sapendo che dobbiamo mantenere un equilibrio e la concentrazione sul nostro lavoro".

Tanti tifosi le hanno fatto sentire la loro vicinanza in questo momento?
"È vero e infatti li ringrazio tutti per i messaggi e il supporto che mi hanno mostrato sui social e di persona. Davvero incredibile. A loro prometto che lavorerò duro per tornare in campo il prima possibile, e per aiutare la squadra a raggiungere le vittorie che merita".

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