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Inter, De Carlo: "Vantaggio importante ma a Madrid ci sarà da combattere"

di Redazione TMW
Fonte: Lapo De Carlo Per LINTERISTA.IT
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E’ felicemente complesso parlare dell’Inter e, in generale, di qualunque squadra quando è in un momento felice.
Si tende ad esaltare tutto, a cercare freneticamente aggettivi e neologismi poco frequentati per descrivere la grandezza.e non si ha tanta voglia di pensare a eventuali criticità.
E’ il caso di questa stagione che per ora ci sta regalando momenti più vicini all’epoca “mouriniana” che a qualunque altro periodo storico.
C’è da godersi il lungo attimo che Inzaghi sta percorrendo, senza guardare per terra, affrontando i problemi con più esperienza, ma c’è anche da temere che la bolla possa scoppiare per un passo sbagliato, una disattenzione, il fato.

Nella sfida con l’Atletico sono state fallite diverse occasioni da rete, da quelle di Lautaro, specie nel primo tempo a quella di Thuram e soprattutto di Arnautovic che in ben tre situazioni non ha avuto la lucidità e la calma per chiudere azioni a cui aveva anche splendidamente contribuito.
Il gol a poco più di dieci minuti dal termine ha suggellato una grande prestazione.
Il finale ci ricorda che meritare una vittoria non significa ottenerla di conseguenza.
Samuel Lino, il più pericoloso degli spagnoli e soprattutto Morata nel finale, hanno infatti sfiorato il gol della beffa.

Questa storia di essere considerati così forti da poter vincere contro chiunque regala autostima, al contempo fa perdere di vista che se la forza è effettiva non è tanto smisurata come viene venduta.
La rosa a disposizione è senz’altro più profonda ma ci sono tre paradossi rispetto alla scorsa stagione. Se Onana era indisponibile c’era Handanovic. Quest’anno dietro a Sommer c’è Audero (che non gioca mai). Se mancava Brozovic ci pensava Calhanoglu. In quel ruolo oggi c’è il pur bravo Asllani che ha però meno esperienza e classe rispetto agli altri due. Infine l’attacco è da inizio stagione il punto dolente, nonostante Arnautovic ci abbia regalato il lieto fine.

In tanti anni formazioni come Bayern, Barcellona, Real, Liverpool, PSG e Manchester City, pur avendo investito cifre iperboliche e realizzato rose colossali, hanno toppato una sola partita in Champions e compromesso una parte di stagione, nonostante i loro avversari fossero più deboli.
Per questo il vantaggio dell’Inter contro l’Atletico resta sottile.
Gli spagnoli in casa hanno un rendimento favoloso e hanno battuto anche il Real Madrid 3-1 (recentemente hanno pareggiato al Bernabeu all’ultimo minuto, giusto per ribadire la forza dell’avversario). Simeone ha cercato di aggredire in ogni zona del campo, cercando delle mini battaglie e costringendo Inzaghi a cercare soluzioni a partita in corso. L’Atletico nella ripresa si è limitato a difendere e stupisce ancora di più se si pensa che quest’anno il gioco è diventato più offensivo. Quello visto a San Siro è parso più tradizionale, costretto a subire da una dorza diromente come quella di una squadra che paradossalmente non ha visto nemmeno i migliori Calhanoglu e Mkhitaryan.

Oggi la squadra ha una fame che non vedevo da tanto tempo, una grande coesione, ma in due anni mezzo non ha ancora vinto nulla di davvero importante ed è bene ricordarselo.
Il lato davvero inedito è il pragmatismo abbinato alla qualità.
Inzaghi ha creato sistema di gioco che non ha alcun precedente, nonostante molti rifiutino il concetto che l’attuale formazione giochi il miglior calcio dell’intera storia nerazzurra.
Castagner giocava un calcio molto divertente ma incostante. Trapattoni nell’anno dei record è quello che ha toccato questa dimensione più da vicino, Mancini ha reso l’Inter una squadra seducente ma non sempre efficace. Mourinho era soprattutto pragmatico, con momenti di spettacolarità, Conte era militaresco.
Inzaghi sta mostrando un calcio che brilla come gli smartphone dei tifosi, quando vengono accesi spontaneamente, in segno di gioia.
Faccio il tifo perché vinca e rimanga a lungo. Quello che sta costruendo è ancora più prezioso del semplice risultato.

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