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ESCLUSIVA TMW - Copa America, Margiotta: "Occhio al mio Venezuela"

di Ivan Cardia
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© foto di Nicolò Zangirolami/Image Sport

“Brasile favorito? È sempre così, sono sempre favoriti”. Arriva la Copa América 2019, la 46^ edizione della rassegna sudamericana. Giocata in terra verdeoro. Per saperne di più sulla competizione abbiamo raggiunto Massimo Margiotta, oggi responsabile del settore giovanile dell’Hellas Verona, che da calciatore ha preso parte alla Copa nel 2004, con la maglia del Venezuela, trovando anche la via del gol: “Non intendo dire che sarà una vittoria scontata, però insieme all’Argentina sono sempre state considerate le nazionali considerate favorite in partenza. Adesso giocano in casa, manca il campione ma ne hanno così tanti che non credo sarà davvero un problema”.

Messi arriva da tre secondi posti e l’Argentina non vince la Copa dal ’93.
“Beh, se dovesse vincere quest’edizione, penso che meglio non potesse chiedere. L’Argentina che vince la Copa America in Brasile? Penso che sarebbe il massimo per lui, per tutta l’Argentina considerata la rivalità tra i due Paesi”.

Che competizione dobbiamo aspettarci? La Copa América spesso sorprende.
“È una competizione in cui i valori possono variare, tenete conto anche del fatto che nel continente ci sono diverse situazioni climatiche e geografiche. Penso a quando giochi in altura, o anche semplicemente in nazioni con un clima diverso da quello a cui sei abituato. Può esserci qualche disagio. E poi l’assenza di Neymar non è un caso: arrivando a fine stagione, spesso capita che manchino alcuni grandi giocatori. Però oggi io dico Brasile e poi Argentina, con squadre come la Colombia, l’Ecuador, l’Uruguay, che hanno tutte il potenziale per poterla vincere. Stiamo parlando di una squadra fortissima e che gioca in casa”.

Non ha nominato il suo Venezuela.
“È una possibile sorpresa di questa Copa America. Il mio ex compagno Dudamel ha la fortuna di poter gestire diversi giocatori che hanno un’esperienza internazionale importante: alcuni giocano in Europa e in squadre blasonate. Ha tutto per essere una sorpresa. Me lo auguro, da tifoso ovviamente”.

È l’unica nazionale sudamericana che non ha mai vinto il trofeo.
“Sì, è anche l’unica che non ha fatto un Mondiale. Però, e io magari sono di parte, c’è da dire che il movimento calcistico venezuelano è cresciuto tantissimo. Basta guardare quello che hanno fatto a livello giovanile: anche nella crisi stanno crescendo, hanno il potenziale per mettere in difficoltà diverse nazioni, non è più la cenerentola di una volta. Chi affronta il Venezuela lo affronta in modo diverso oggi”.

Nelle nostre previsioni la stella è Rincon, la possibile sorpresa Peñaranda. Che ne pensa?
“Singoli a parte, è un gruppo in cui ci sono giocatori che possono venire fuori in qualsiasi momento. Peñaranda è un giocatore importante, per esempio. Ma comunque tutti ormai hanno un’esperienza tale per cui possono fare bene. A me è sempre piaciuto Rondon, per esempio”.

La situazione politica del Venezuela è nota a tutti, come si arriva a una competizione con un Paese in crisi da tempo?
“Sicuramente la situazione è molto delicata. Io l’ho vissuta in parte, ma in modo indiretto la sto vivendo tuttora, perché lì ho sempre avuto i parenti, È normale che i venezuelani, soprattutto adesso, quando ci sono queste manifestazioni tirino fuori l’orgoglio per dare una gioia al Paese. Poi non dimentichiamo che il Venezuela vive anche e s soprattutto di sport come baseball e basket, però il calcio è uno sport che ti può far dimenticare questo momento particolare. Per questo i giocatori ci metteranno qualcosina in più, per tutto il percorso che spero sia lunga”.

Ultima domanda: chi sarà il giocatore simbolo di questa Copa?
“Forse vado sul banale. Dico Messi, se riuscirà a trasmettere all’Argentina quello che trasmette ai compagni nel Barcellona. È un giocatore che in nazionale spesso è stato criticato. Per questo, per quello che ha dato al calcio, spero che per lui possa esserci questa gratificazione”.

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