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ESCLUSIVA TMW - Buchel: "Mai capito perché fossi fuori rosa a Empoli"

di Andrea Losapio
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

"Non ho mai capito il perché mi fossi trovato fuori rosa". Marcel Buchel, centrocampista ex Juventus, a Empoli non ha avuto grossa fortuna, rimanendo fermo per un anno dopo l'esperienza in A, al Verona. Ora è svincolato, per sua scelta. "Ai primi di luglio ho rescisso con l'Empoli, nonostante avessi un altro anno di contratto, non volevo rischiare di stare ancora fermo".

Però è senza squadra.
"Ho deciso di attendere delle cose, sono arrivate offerte da un po' ovunque, però le situazioni si prolungavano molto. Poi ho conosciuto il mio nuovo agente Alessandro Luci (proprietario di Football Factory, ndr) e abbiamo deciso di rimanere in Italia, per ora. Stiamo valutando".

Vuole la A?
"Sono convinto di poterla fare, ma è più un anno di transizione. È importante ripartire in un contesto buono, dobbiamo valutare quale club possa puntare su di me, qualcuno si deve rinforzare. Ci sono state chiamate, ma non mi stimolavano certe situazioni".

Quindi una B con playoff?
"Vorrei degli obiettivi, poi la cadetteria è strana, una squadra parte e non pensa subito a salire...".

Ma non poteva rimanere a Empoli?
"Sicuramente potevo dare una mano. Però ho fatto anche delle scelte sbagliate: quando il club era in B ho ritenuto che, per me, fosse meglio andare all'Hellas Verona, in A. Alle volte è meglio rimanere dove sei sotto contratto, in Italia se sbagli poi rischi. Quando sono tornato mi hanno messo fuori rosa".

Come mai?
"Non so spiegarlo bene. Non c'è mai stata una spiegazione da parte loro, volevano mandarmi via a condizioni inaccettabili. Avevo fatto 23 partite con il Verona, poi tutto è diventato difficile. Ora è il passato".

Rifaresti certe scelte?
"Non alcuni errori. Tutto sommato quello che ho fatto me lo sono costruito da solo. Sono soddisfatto, ma con le mie qualità, con una gestione migliore, avrei potuto fare di più. Nel calcio è un attimo, ci vuole molto per salire e puoi scendere subito. Sono in un'età in cui posso ancora dare".

Però siete tanti svincolati: Bertolacci, Montolivo...
"Magari si accontentano di meno. Alla fine siamo un prodotto, si guarda quello che hai fatto. Ma ieri è già passato, se non vedono un guadagno non vieni considerato. Ci sono mille dinamiche: si fa prima a metterlo da parte".

Lei gioca in Nazionale e affronterà l'Italia di Mancini."
"Nel mio paese c'è una regola interna: chi è svincolato non viene convocato. Spero che contro gli azzurri facciano un'eccezione. A me servirebbe giocare".

Come sta in questo momento?
"Mi sto allenando con un personal trainer, più con una squadra di fiducia, di dilettanti. Giusto per avere un po' di allenamento. Poi sono seguito dallo staff della Nazionale, si mettono a disposizione, siamo piccoli ma abbiamo strutture importanti".

Com'è vissuto il calcio?
"Interessa poco, la mentalità è di provincia, pure se è una Nazione. C'è lavoro a livelli mondiali, ci sono relazioni con banche e industria. Tutti lavorano, lo sport è secondario, pur con strutture d'avanguardia. Poi il livello è molto più basso: può essere un trampolino quando sei molto giovane".

E come ha visto l'Italia?
"Credo che il momento di difficoltà fosse normalissimo, c'è stato un cambio di generazione, hanno smesso calciatori importanti. Il gruppo però è affamato, tanti si aspettano l'Italia fra le più forti del mondo, fra qualche anno lo sarà".

Con il Grecia c'è stato un pari storico.
"L'ho seguita da casa, purtroppo, ma i miei colleghi sono molto bravi. Ci hanno sottovalutato, abbiamo tenuto botta. Abbiamo fatto un tiro in porta, con Salanovic, gioca da professionista in Svizzera. Per noi è un punto fondamentale, con un pizzico di fortuna potevamo strappare qualche pari in più".

Beh, siete in pochi...
"Soffriamo, difficile non avere mai la palla. Però stiamo crescendo anche noi, nel nostro piccolo. Non saremo mai una nazione importante, ma terremo fede alla professionalità: rappresentiamo la serietà del paese".

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