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ESCLUSIVA TMW - Brekalo a caccia di gol e trofei: "Voglio vincere qualcosa con la Fiorentina"

di Dimitri Conti
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L'attaccante croato Josip Brekalo, un trascorso nel Torino e da febbraio scorso un giocatore della Fiorentina, si racconta a 360 gradi in una lunga intervista esclusiva con Tuttomercatoweb.com nella quale si sofferma sul suo passato, soprattutto quello più recente, ma soprattutto sul suo presente e futuro nella realtà della Fiorentina: "Per me giocare in una squadra storica come la Fiorentina è sempre stato un grande sogno. Quando il mio procuratore mi ha avvisato delle trattative ero onorato dall'opportunità di venire qua. Sono arrivato un po' tardi, alla fine del mercato, ma ci sono riuscito. La squadra giocava ogni tre giorni e sapevo di dover rimanere concentrato e che lavorando avrei trovato il mio posto".

C'erano altre squadre italiane, come il Napoli?
"Sì, c'erano altre squadre di Serie A ma volevo venire solo qua. Sono molto contento, la squadra ha fatto una grande stagione, la scorsa, con due finali. Peccato non averne vinta almeno una, però anche quest'anno abbiamo un'altra occasione. Siamo di nuovo in Europa e in Coppa Italia possiamo provare a ripeterci. Io voglio dare una mano a questa squadra".

Come va con Firenze in questo quasi primo anno?
"Benissimo, la squadra è perfetta. Ci sono giovani ma anche più esperti, è un bel mix. Questo gruppo è grande, non è una squadra da 12-13 giocatori ma ce ne sono almeno venti che possono giocare regolarmente. C'è una rosa lunga, dobbiamo giocare ogni tre giorni...".

Ancora va a caccia del primo gol. Come vive l'astinenza?
"Spero anche io di sbloccarmi con il primo gol e che ne possano arrivare altri. Ci sono andato vicino qualche volta, ho visto su Instagram che qualcuno mi chiamava "Brepalo", per me era davvero divertente e quindi ci ho fatto un post dopo l'amichevole con l'OFI, in cui ho preso un altro palo".

Ora lo cambiamo questo soprannome?
"Se faccio gol, scrivo "Brekagol" (ride, ndr)".

Quanta voglia di vincere avete? Che obiettivi si è dato per la stagione?
"Io voglio giocare di più e fare più assist e gol per aiutare la squadra. Un mio obiettivo già raggiunto è essere di nuovo convocato in Nazionale. Quest'anno di competizioni ne abbiamo quattro, ci sta di vincere qualcosa e spero di dare una mano".

Che richieste tattiche fa Italiano? Quanta differenza c'è con Juric?
"Juric è più uomo-contro-uomo su tutto il campo. In questo modulo (il 4-3-3 o il 4-2-3-1, ndr) ci sono cresciuto, ho sempre giocato sulle fasce come vuole Italiano e tanto con la palla tra i piedi. Conosco bene lo schema e mi ci sono trovato molto bene, con il tempo capisco sempre di più. Quest'anno abbiamo fatto qualche cambio, sono arrivati tanti nuovi e si riconosce bene il tipo di gioco della Fiorentina".

Lei nasce come esterno?
"Sì, alla Dinamo ho sempre fatto l'esterno sinistro. Posso dire che ho fatto quel ruolo per tutta la vita... A volte anche a destra, sì, c'è bisogno anche lì".

Cos'è successo nell'estate 2022, quando non è rimasto al Torino per tornare al Wolfsburg?
"Normale che chi riguarda indietro si chieda cosa sia successo, perché non sono rimasto al Torino e tornato al Wolfsburg... Non è semplice: in Germania è arrivato un allenatore croato, Kovac, e voleva che io tornassi lì. Avevo solo un anno di contratto e sentivo che era una grande occasione per me, potevo cercare una squadra in cui volessi andare a ricominciare. C'erano state possibilità nei mesi precedenti ma non era mai successo... Io ero al Torino in prestito con diritto di riscatto, avevo vissuto una grande stagione e sentivo potesse arrivare il momento di una squadra, come poi è stata, tipo la Fiorentina. Mister Kovac però mi voleva al Wolfsburg, poi non abbiamo cominciato bene e non sono riuscito a giocare molto finché non ho cambiato club a gennaio".

Con chi ha legato di più a Firenze?
"Con Milenkovic parliamo la stessa lingua, prima c'erano anche Terzic e Jovic. Eravamo noi quattro. Poi però c'è anche Mandragora, che conoscevo già dal Torino: sono tutte brave persone".

Vi aspettavate un Kayode così?
"Per noi della Fiorentina non è una grande sorpresa vedere che c'è qualche Primavera che sale su. Si vedeva subito che era un ragazzino di potenza e qualità, fisicamente è a un grande livello e può crescere ancora tanto essendo così giovane. Poi come persona è davvero bravo, lo prendiamo in giro ma davvero può diventare un grande giocatore".

Che giudizio ha della Serie A in confronto agli altri campionati?
"Per noi croati l'Italia è sempre stata vicina. Da piccolo, negli anni Duemila, vedevo tante partite. Ho sempre voluto venire in Serie A a giocare, secondo me italiani e croati hanno anche una mentalità simile. Io ho giocato pure in Bundesliga: lì c'è un po' più intensità, ogni squadra gioca con il gegenpressing, qui in Italia si cercano più giocatori di qualità con la palla e attenzione alla tattica".

A Stoccarda ha giocato con Pavard. Sorpreso dal vederlo così all'Inter?
"No, non mi sorprende, lo conosco molto bene. Lui è arrivato sei mesi prima di me, a gennaio. Lo Stoccarda era retrocesso per la prima volta dopo quasi cinquant'anni, per me era un'occasione di andare a giocare: mi voleva Hannes Wolf, allenatore che arrivava dalle giovanili del Dortmund e che ora sta traghettando la Germania. Era una squadra di qualità, si vedeva che Benji poteva fare grandi cose: in quel momento giocava difensore centrale o play di centrocampo, in nazionale U21 aveva già fatto molto bene pure da terzino destro. Poi, da giocatore dello Stoccarda, è arrivato nella prima squadra della Francia, non banale...".

La Nazionale per lei è gioie e dolori, come all'ultimo Mondiale perso. Però adesso se l'è ripresa: che rapporto ha con la Croazia?
"Per noi croati la nazionale è la cosa più importante che c'è nel calcio. Per come è nato il nostro paese, negli anni Novanta, abbiamo sempre avuto il sogno di mostrare a tutti chi siamo. Per quello abbiamo fatto grandi risultati, secondi e terzi al Mondiale con soli 4 milioni di abitanti... Non si può spiegare. Riuscire ad accettare di non essere andato al Mondiale in Qatar è stato molto difficile: dopo quello in Russia ho sempre giocato, 33 presenze, ma alla fine non ero convocato. Il grande obiettivo per me era riprendermela e sono felice".

Se diciamo Luka Modric?
"Il più grande giocatore della Croazia di tutti i tempi, senza dubbio. Impressionante, quando ci giochi senti che è tutto più facile, anche se non hai idea di cosa devi fare!".

Lei non ha vissuto la guerra di Jugoslavia ma la sua famiglia sì.
"Mio padre è andato in guerra che aveva ventuno anni, io ne ho adesso venticinque e non posso neanche immaginarmi di imbracciare un kalashnikov e andare a fare cose brutte. Ho tanti altri esempi di famiglie che hanno visto gente perdere la vita, i giovani di paesi come Croazia, Serbia e Bosnia non capiscono fino in fondo, non siamo pronti a pensare cosa hanno vissuto e fatto i nostri genitori. Ora dobbiamo guardare avanti con orgoglio, pensando che siamo in pace e non è normale che si viva in serenità, anche se a volte pensiamo lo sia".

Altri modelli di ispirazione per lei?
"Ivan Perisic per me è sempre stato un top della fascia. Ci ho giocato spesso assieme, provando a capire cosa potevo imparare da lui. Senza dubbio è lui il miglior esterno della nostra storia".

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