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Contratti, TV, algoritmo: tutte le spine del calcio. Che inizia e spera (sempre più) di finire

di Ivan Cardia
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Il calcio riparte, il calcio continua. Se il pallone finalmente si appresta a rotolare grazie all’operato del presidente Gravina, nel ritrovato clima sereno tra la FIGC, la Lega Serie A e il governo, non ugualmente può definirsi l’atmosfera che ancora fa da sfondo. La prima sfida è vinta, ma il percorso a ostacoli continua.

Qui contratti. Un vero e proprio rebus. Le componenti federali studiano un’intesa collettiva che consenta la loro proroga (che siano contratti con i rispettivi club o prestiti), in virtù dell’allargamento della stagione al 31 agosto. L’assocalciatori fa notare come contratto e tesseramento siano cose ben diverse: il secondo può anche allungarsi in virtù delle decisioni FIGC, ma il primo ha natura privata e può essere modificata solo per un accordo tra le parti. Che si raggiungerà perché conviene a tutti, e dal punto di vista pratico non è detto che il problema abbia dimensioni così ampie. Ma è un nodo da risolvere: allo stato, oltre 130 accordi, nella sola Serie A, scadono appena dieci giorni dopo la sua ripresa.

Qui TV. Da coniugare in una duplice direzione. Lo scontro con le Pay-tv, anzitutto: più si avvicina il fatidico 20 giugno, più assume i tratti della controversia risolvibile. Col ritorno del calcio, anche Sky, Dazn e IMG hanno tutto l’interesse a ricomporre la diatriba e potrebbero soddisfare le richieste della Lega Calcio. Poi la Diretta gol in chiaro, richiesta da Spadafora e in generale dal Governo. Tecnicamente, non è di semplicissima realizzazione, ma il mazzo di carte in mano all’esecutivo è variegato e la questione resta aperta.

Qui algoritmo. Gravina s’è stupito dell’altrui stupore. Difficile dargli torto: previsti un piano B e un piano C, era inevitabile che andasse trovato un meccanismo che desse equità e oggettività, i paletti posti dalla UEFA in caso di stop definitivo e conseguente cristallizzazione delle classifiche. Se ne discuterà l’8 giugno in Consiglio Federale (a meno che non venga rinviato, di poco, per le scosse telluriche che si registrano in Serie C). Stupore a parte, è anche da evidenziare come possa diventare una questione residuale: sono piani alternativi alla regolare conclusione del torneo. E, come vedremo, giorno dopo giorno il calcio italiano vede più concreta non solo la ripresa, ma anche la fine.

Qui tifosi. In Serie A ci sperano. Consentire l’ingresso di una piccola percentuale dei propri sostenitori a partire da metà luglio, probabilmente, stempererebbe anche le tensioni con la tifoseria organizzata che non gradisce un ritorno del calcio per le tv ma non per chi lo stadio lo vive. Senza considerare che, se si ragiona a livello aziendale, tutte le società (chi più chi meno, vero) hanno alla voce botteghino una parte importante del proprio bilancio. E poi c’è la questione rimborsi: i club preparano i voucher. Non proprio soldi che escono, ma quasi: dovesse entrarne qualcuno in piena estate, non darebbe fastidio.

Qui serie minori. Lasciamo da parte la riforma, o le riforme: tema complesso. E che dovrà comunque seguire le procedure federali, perché il DL Rilancio autorizza stravolgimenti per la stagione 2020/2021 (a proposito, dovrebbe iniziare a metà settembre, il 12 o il 14, col mercato al via da inizio mese fino ai primi di ottobre), ma non oltre. Attualità: nelle prossime ore riaprirà i battenti l’assemblea di Serie B. Balata punta la ripresa ma vuole coinvolgimento da parte dei suoi club e con le altre leghe. In C i presidenti chiedono una nuova assemblea e qualsiasi scenario, anche quello del terremoto, è alle porte. La D è già ferma ma studia un futuro da protagonista.

Qui quarantena. E speranza. Una premessa sul punto: non siamo epidemiologi né in generale medici. Ne registriamo le parole da qualche mese come tutto il mondo dell’informazione. Per molti, la quarantena in caso di nuova positività all’interno della squadra è un tema che il CTS potrà rivedere, considerato l’andamento positivo della curva dei contagi. Altri frenano, su questo tema come pure sul rientro dei tifosi. Il calcio spera, esplicitamente, che la posizione dei consulenti del Governo si ammorbidisca già prima della ripresa. E proprio la casistica aiuta a sperare: con i numeri che calano di giorno in giorno, è un po’ più facile per Gravina e per tutto il calcio italiano essere fiduciosi sul tema. Sarebbe la svolta: allo stato attuale, basta un solo calciatore positivo per mettere a rischio la conclusione del campionato. Senza i 14 giorni di isolamento per tutti, anche nell’ipotesi di contagio di un calciatore (che comunque si spera, anche a livello collettivo, sia un evento sempre meno probabile come per tutti: nelle ultime 24 ore, sette regioni più le province di Trento e Bolzano hanno registrato zero nuovi casi), la fine diventerebbe molto più vicina. Certo, distante 124 partite in 43 giorni. Ma comunque un po’ più facile da vedere. Tante spine, ma non è detto che il calcio non possa togliersele di dosso. Anzi.

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Giovedì 2 Maggio 2024
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