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Cagliari, a Venezia l'epilogo di una stagione da dimenticare in fretta (anche in caso di salvezza)

di Francesco Aresu
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Una squadra senza anima. Questo è sembrato il Cagliari visto domenica sera all'Unipol Domus contro l'Inter: in una gara da giocare a mille all'ora, l'1-3 rimediato da Joao Pedro e compagni è stato lo specchio di un'annata disgraziata, con l'appendice di Venezia a lasciare ancora un flebile barlume di speranza. "Abbiamo dato tutto", hanno ripetuto quasi all'unisono nel postpartita sia Agostini, tecnico rossoblù che l'italobrasiliano. Un tutto che sembra non essere dannatamente sufficiente per mantenere la Serie A: la sfida contro l'Inter di Inzaghi era l'ultima spiaggia per avere nuovamente la possibilità di decidere il proprio destino nell'ultima giornata di campionato. Tuttavia, i dati prodotti dalla gara di domenica hanno dimostrato un'evidente mancanza di competitività non compensata da coraggio e volontà. Soli 12 falli commessi e nessun cartellino estratto da Doveri: numeri che testimoniano la crisi di una squadra che ha passato novanta minuti e più a rincorrere gli avversari senza costrutto. E la colpa di tutto questo non è certamente ascrivibile al povero Agostini, arrivato a tre giornate dalla fine per cercare il miracolo con il cuore di chi i colori rossoblù li ha vissuti e continua a difenderli, per quanto non all'interno del terreno di gioco.

Cercasi miracolo
Ora in casa Cagliari resiste soltanto l'ultima speranza: vittoria al Penzo contro il Venezia e il mancato successo della Salernitana in casa contro l'Udinese, la stessa squadra che ai rossoblù ha fatto vedere i sorci verdi nelle due sfide tra andata e ritorno. Affidarsi ai bianconeri è doveroso, ma a prescindere dal risultato dell'Arechi, al triplice fischio ci sarà poco da festeggiare. Anche in caso di preziosissima salvezza, il dato finale di punti tra 29 e 32 punti (potenziali, s'intende) sarebbe il peggiore per la società rossoblù nella Serie A a venti squadre, più basso anche dell'anno della retrocessione con Zeman, Zola e Festa in panchina. A Joao Pedro e soci il compito di provarle tutte per centrare il miracolo: troppo importante la massima serie per lo sport di un'intera isola, troppo importante anche in chiave societaria con tutti i vari discorsi aperti (a cominciare dal nuovo stadio). Poi, però, sarà il tempo dei bilanci. E, a prescindere dalla categoria, la stagione 2021-22 non sarà certamente ricordata come una di quelle da cui prendere esempio per il futuro.

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