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Sassuolo femminile, Piovani: "Le mie ragazze sono eccezionali. Ora il professionismo"

di La Giovane Italia
La Giovane Italia vi porta alla scoperta dei nuovi talenti del calcio italiano, raccontandovi ogni giorno, alle 8:45, le storie dei giovani di casa nostra e dei club che scommettono su di loro
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Alla guida del Sassuolo femminile, issatosi al terzo posto in Serie A, le ragazze neroverdi possono contare su di un allenatore dai lunghi trascorsi calcistici: Gianpiero Piovani. Il tecnico di Orzinuovi, dopo una lunga carriera da calciatore (soprattutto a Piacenza) da qualche anno si è messo in gioco nel calcio femminile, prima da allenatore del Brescia e ora del Sassuolo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, visto che le emiliane stanno giocando una stagione da squadra di primissima fascia.

Mister, quanto sei soddisfatto della stagione fino a questo momento?
“Stiamo facendo di più di quello che ci eravamo prefissati di fare, ottenendo un anno prima i risultati che avevamo programmato per la prossima stagione. Sono contento perché ho delle ragazze ricettive, che accettano le critiche e che vogliono sapere dove devono migliorare. Non si nascondono davanti alle difficoltà, ma anzi escono allo scoperto quando commettono un errore e hanno voglia di migliorare”.

Sei sorpreso da questi risultati?
“All’inizio lo ero, ma a lungo andare, lavorando con questo gruppo, ho capito che non devo stupirmi più: le ragazze si applicano tantissimo e sono veramente brave, non potrei chiedere di più”.

Sei stato uno tra i primi a credere nello sviluppo del calcio femminile. Come sei arrivato a Sassuolo?
“Ero andato a vedere un paio di volte il Brescia Femminile, che giocava al sabato. Lì mi vennero presentati il direttore sportivo Christian Peri e il presidente Cesari. Avevano in mente di chiacchierare con me e convincermi a passare al femminile. Ci ho pensato per un po’, perché all’epoca ero nel settore giovanile della FeralpiSalò, ma alla fine mi hanno convinto a fare il salto”.

Quali sono stati i punti salienti del tuo passaggio dal calcio maschile a quello femminile?
“La differenza più importante è nella gestione fuori dal campo. Le ragazze hanno tempi ed esigenze diverse, hanno un fattore psicologico importante che va curato. L’allenamento non finisce in quelle due ore al giorno, ma bisogna anche prolungarlo oltre, bisogna capire che ci sono dei passi in più da fare. Forse al momento l’allenatore è un ruolo più importante e delicato al femminile che al maschile, ma me ne sono reso conto solo toccando con mano. A livello di campo comunque, non c’è praticamente nessuna differenza: i gesti atletici e tecnici sono gli stessi. Le ragazze hanno un po’ meno forza fisica, ma a parte questo non cambia più di tanto il modo in cui si approccia il campo”.

Quali sono secondo te i prossimi passaggi da compiere per il calcio femminile italiano?
“Con l’arrivo delle giocatrici straniere nel nostro campionato, l’asticella si è alzata molto: le nostre calciatrici ne hanno beneficiato perché non possono permettersi di restare indietro. Inoltre, l’ingresso di società professionistiche con un settore maschile di livello sta portando una professionalità importante nel settore. Bisogna arrivare al professionismo, perché le ragazze si allenano tantissimo, anche più degli uomini. Secondo me però, se continuerà ad esserci supporto a livello nazionale, con l’entrata in gioco di sempre più realtà professionistiche, arriverà una svolta. Già adesso ci sono allenatori importanti a livello di Under 23 e Under 19 (uno su tutti, Enrico Sbardella): vuol dire che la direzione imboccata è quella giusta”.

A Sassuolo, in tal senso, state lavorando molto bene, facendo crescere le giovani con un modello virtuoso.
“La società Sassuolo Calcio da questo punto di vista è molto attenta, in rosa abbiamo dieci-undici giocatrici sono veramente giovani. È un percorso che come società abbiamo sposato in pieno, e un ambiente come Sassuolo facilita l’ingresso dei giovani”.

Rivedi qualche similitudine tra il Sassuolo di oggi e il “tuo” Piacenza degli anni ’90?
“All’epoca il Piacenza era una società molto ‘nostrana’, che vide la Serie A per la prima volta nel 1992. Andando avanti col tempo sono arrivate le organizzazioni societarie e a livello di strutture fondamentali per fare un passo in avanti. Ora invece in ogni squadra ci sono molte persone che lavorano senza doversi sdoppiare in più ruoli, è aumentata la professionalità. Tuttavia, rivedo qualcosa nella semplicità di approccio che cerchiamo di dare alle nostre ragazze. La semplicità è secondo me fondamentale per giocare oggi a calcio: il gioco è sempre quello, la cosa che è cambiata è solo la velocità, perché gli atleti sono più preparati. Ma la semplicità resta un elemento fondamentale”.

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