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Vincere senza proprietà e con accordi sempre disattesi. Il tappo Conte che rischia di saltare

di Andrea Losapio
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

L'Inter per mesi ha vissuto due campionati. Il primo è quello sul campo, con tantissime soddisfazioni, vittorie e sensazioni da grande squadra. L'altro è fuori, tra le scartoffie e la sede di Viale della Liberazione a Milano. Il quartiere generale di Suning, dove entrano procuratori e dirigenti, sia da quella principale che da quella posteriore. Zhang sfrecciava con una 500 Abarth ogni giorno, intorno o poco dopo l'ora di pranzo, per poi uscirne verso le sette di sera. Almeno in estate, anche durante la pandemia.

Questo non è successo da gennaio in poi. Tutti i procuratori che varcavano la soglia della sede dell'Inter entravano da Papa e ne uscivano da cardinali. È successo a tutti di avere un colloquio lavorativo dove hai il coltello dalla parte del manico, puoi chiedere qualsiasi cosa ma ne esci con un pugno di mosche. Ed è capitato a tutti. Tutti trovavano l'accordo: Beto Yaque con Zarate per Lautaro, Tullio Tinti per Bastoni, Raiola per de Vrij. Poi però mancava la firma perché chi era assente non poteva firmare. Tutto congelato, come in un immenso carillon. Fermo, rotto, la musica non partiva più. Nel frattempo le questioni societarie fermentavano nel baratro.

L'Inter era a un passo dall'essere venduta, Suning ha detto di no. Nella situazione non si può escludere l'affare Superlega: perché prendere 800 milioni di euro se la Superlega ne mette 3,5 sul piatto una tantum - da spartirsi nei fondatori - più altri 200 e rotti nel primo anno? Rifinanziare il debito è meglio che perdere una società che ha accesso a spese e soldi. Per questo Suning ha deciso di non cedere. E ora che la Superlega non c'è più, ma c'è la speranza di riportare le persone allo stadio, qual è la strategia?

Posticipare le richieste. Abbassare gli stipendi. Chiedere contributi di solidarietà. A tutti, non solo ai calciatori. Una situazione paradossale che sicuramente fa parte della pandemia e per molti non sarà un problema (soprattutto chi percepisce stipendi alti e non è più indispensabile), ma per altri è visto come fumo negli occhi. Bastoni, Lautaro, forse anche Barella. Il Borussia Dortmund ha chiesto e ottenuto il 10% della decurtazione degli stipendi, ma la proprietà è forte, il legame è con i tifosi, c'è una sottile linea rossa che lega tutti. All'Inter questo non c'è anche per l'assenza totale della proprietà per mesi, rimasta nel limbo cinese e lontana da tutto, dagli interessi.

Il capolavoro è di Conte che, al contrario di quanto succedeva prima, non ha fatto saltare il tappo. La bravura è anche di Marotta, Ausilio e Antonello che nei mesi sono riusciti a compattare un fronte che rischia di saltare. Ora però i nodi vengono al pettine e sarà un mercato in cui servirà un ridimensionamento, con il tappo che rischia di saltare. Non alla Thohir, questo magari è eccessivo, ma con cessioni importanti. Il big sacrificato può non essere una necessità né un dovere, ma può essere l'aiuto per galleggiare ad alto livello. Perché di questo si tratta, galleggiare. E rimarrà da capire cosa farà Suning nei prossimi mesi.

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Sabato 27 Aprile 2024
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