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Vincere senza Gomez e Ilicic (dall'inizio). L'Atalanta la favola più longeva del calcio italiano

di Andrea Losapio
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A Bergamo la situazione è abbastanza semplice. Da una parte c'è chi parteggia per Gian Piero Gasperini, tecnico che negli ultimi cinque anni ha posto la città sulla cartina geografica europea, tanto da meritarsi gli elogi da parte di tutto il calcio mondiale. E la stampa, dal Guardian a ESPN, si è accorta di un'area a ridosso delle alpi, vicina a Milano, più conosciuta per l'Aeroporto di Orio al Serio/Milano che non per il pallone. È diventata celebre pure per la pandemia, ma questa è un'altra cosa. Dall'altra chi si ricorda dei fasti del Papu Gomez, leader in campo e spettacoloso fuori (in particolare con i social). Non sono due posizioni inconciliabili. Ma se muore un capitano se ne fa un altro, su Gasp c'è qualche interrogativo in più.

A inizio marzo dell'anno scorso, dopo il ritorno con il Valencia, c'era un Re. Seduto su una Nuvola, bravo a vincere le partite da solo quando la Luna era quella giusta. Ilicic aveva trovato finalmente la quadratura del cerchio, diventando un fenomeno che poteva giocare ovunque. La quaterna a Valencia era solo l'inizio di un travaglio personale che lo ha portato a perdersi, a inizio agosto, mentre i propri compagni erano a Lisbona contro il Paris Saint Germain. L'altro fenomeno era proprio Gomez, il più forte giocatore visto a Bergamo dall'inizio dei tempi, trascinatore. Quello che toglieva pressione: quando il pallone scottava finiva a lui e l'orologio rallentava.

Gasperini ha compiuto l'ennesimo capolavoro da quando è ai piedi della Maresana. Fuori Gomez, anche perché è finito al Siviglia. Non c'è Ilicic, eppure sarebbe l'unico fuoriclasse conclamato. Evviva l'equilibrio, con Pessina che agisce da incursore. Fuori Pasalic, che diede il primo punto all'Atalanta in Champions con il colpo di testa contro il Manchester City. E Sutalo che il lunedì sera non è convocato, ma finisce tra l'undici titolare (se non è pretattica cos'è?) solo perché ha "risolto" i problemi al piede. Gasperini ha vinto su tutta la linea la battaglia.

La Coppa Italia però è la guerra. Alzata nel 1963 dalla tripletta di Domenghini contro il Torino, a San Siro. Probabile che il prossimo 19 maggio ci sia il rematch, ancora contro una torinese - stavolta la Juventus - probabilmente ancora a Milano. E sicuramente l'Atalanta avrà il ruolo della sfavorita, magari non Cenerentola, ma con l'idea di alzare il trofeo dopo quasi sessant'anni. Il campione di serata è Matteo Pessina: l'anno scorso era al Verona, nel 2017 non è stato pagato. Bensì scelto come contropartita per Andrea Conti, dal Milan. Si può dire che sia fortuna, ma dopo il quinto anno evidentemente bisognerebbe rendere giustizia alla favola più longeva del calcio italiano, paragonabile al Parma di Tanzi. Ma con il bilancio in attivo.

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