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Superlega, fair play finanziario, Mondiali: dell'ambigua diplomazia del calcio non c'è da fidarsi

di Ivan Cardia
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

La ventiseiesima assemblea generale dell'ECA, la prima dalla nascita della Superlega, è stata l'occasione di riprendere il filo di un discorso portato avanti a frecciate e stoccate da mesi. Ne sono passati quasi cinque, dal progetto che rischiava di spaccare il calcio, poi è naufragato nel giro di 48 ore e ha perso quasi tutti i padri fondatori, ora sopravvive sulle speranze e le battaglie di tre big in disarmo/ridimensionamento/rifacimento pressoché completo dal punto di vista economico (il mercato estivo di Barça e Juventus sta lì a testimoniarlo). Come andrà a finire, aspettando l'esito del rinvio pregiudiziale che è l'unica pronuncia in grado di chiudere, in un senso o nell'altro, la questione, lo staremo a vedere. Intanto, appunto, una nuova ridda di attacchi mediatici. La solita storia, sempre con un pizzico di pepe in più.

Il triangolo no. Quanto ai rapporti tra i potenti del pallone, intriga soprattutto la curiosa triangolazione fra Aleksander Ceferin, presidente della UEFA, Nasser Al Khelaifi, omologo al Paris Saint-Germain, e Gianni Infantino, numero uno della FIFA. I primi due, quando si tratta di Superlega e di strali ad Agnelli, predecessore di Al Khelaifi, vanno d'amore e d'accordo. Pazienza se l'operato del PSG, pur rispettoso formalmente del fair play finanziario (che per fortuna cambierà), ne mini alla base la ragione d'essere. A Parigi, del resto, è stata un'estate da marchesi del grillo: il miglior calciatore di oggi preso in due giorni, il miglior calciatore del domani trattenuto rifiutando offerte da duecento milioni nonostante possa accordarsi con chiunque, a zero, tra una manciata di settimane. Roba, appunto, da io so' io e voi. Beh, voi lo saprete chi siete. Nella strana coppia, però, s'infila appunto il terzo incomodo.

Il Qatar e i mondiali. Se da un lato Ceferin e Al-Khelaifi stringono i rapporti contro Agnelli e il (a oggi numericamente irrisorio) fronte della Superlega, dall'altro è ormai acclarato che l'avvocato sloveno debba fronteggiare lo stesso Infantino. Sul pomo della discordia la posizione della FIFA è stata a dir poco ambigua: pubblicamente, si è schierata con la UEFA. Molti sospettano, però, che nei segreti e buoni uffici con le big del mondo del pallone Infantino abbia strizzato non poco l'occhio al progetto. La sua nuova trovata sono i Mondiali ogni due anni, e pazienza se rischierebbero di ingolfare ulteriormente il calendario internazionale che pure propone di ritoccare al ribasso. Ceferin, non fosse altro che per doveri istituzionali, la osteggia: sarebbero la pietra tombale sulla visibilità e quindi sul ritorno economico degli Europei. Dato il quadro di cui sopra, ci si aspetterebbe che il Qatar, di cui il PSG è espressione nel Vecchio Continente, stia dalla parte dell'amica UEFA. E invece in questo caso la diplomazia ondeggia: del resto, la FIFA e l'emirato vanno d'amore e d'accordo, a dicembre si celebrerà il primo bislacco mondiale invernale a Doha. In più, la stessa proposta di disputare il campionato del mondo ogni due anni trova parecchie sponde proprio nel mondo arabo, che ha petrodollari da versare e voglia di calcio. In primis, l'Arabia Saudita, che a inizio anno ha avviato il disgelo con il Qatar promuovendone il reingresso nel Consiglio di cooperazione del Golfo. Oltre al calcio, come sempre, c'è di più.

Superlega e Mondiali ogni due anni sono la stessa cosa. Visti con gli occhi di un appassionato del "calcio del popolo", divenuto un termine più irridente che altro. Si farebbero per soldi: c'è poco amore per lo sport, nei mondiali giocati ogni due anni e magari sotto Natale perché d'estate in determinati Paesi si schiatta di caldo. Non proprio un'esagerazione, a proposito: Amnesty e altre ONG hanno più volte denunciato le tante morti sul lavoro in Qatar, sulle quali la stessa FIFA chiude per comodità entrambi gli occhi. Sono, Superlega e Mondiali iperinflazionati, lo stesso rovescio della stessa medaglia: andare sempre oltre, inseguire nuovi territori e nuovi introiti. Che poi, ci si intenda, è lo stesso obiettivo della UEFA con la Champions a trentasei squadre. La domanda di oggi è: cosa succederà dopo Qatar 2022, la vetrina a cui il PSG vuole arrivare nel migliore dei modi? I rapporti con la UEFA resteranno quelli attuali, o magari si salterà dall'altro lato della barricata, perché tanto a quel punto non ci sarebbe più grande convenienza in un buon vicinato dettato dall'opportunità di subentrare, anche a livello politico, al tradizionale gotha del calcio europeo? Un anno fa, chi avrebbe immaginato una rottura così profonda tra gli stessi Agnelli e Ceferin si sarebbe visto dare del visionario. C'è poco da fidarsi, quando la diplomazia del pallone si mette in moto.

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Martedì 7 Maggio 2024
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