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'Rifondazione' e 'calcio più europeo'. E se le soluzioni di tutti fossero invece i veri problemi?

di Raimondo De Magistris
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Ci risiamo. Dopo aver avuto la certezza che nemmeno in questa stagione, per l'undicesimo anno consecutivo, nessuna squadra italiana vincerà la Champions League sono ripartite le analisi sulla crisi del calcio italiano senza soluzione di continuità. Perché è vero che negli anni '70 andò peggio, che siamo arrivati a 16 anni senza vincere la Coppa dalle grandi orecchie. Ma erano altri tempi, sono ricordi sfumati. E oggi la situazione è altrettanto preoccupante.

Perché ci siamo ridotti così? Perché quest'anno, addirittura, non siamo riusciti ad andare oltre gli ottavi di finale? Le analisi sono molteplici. Ma al netto di tutto, non possiamo non partire da un dato: mancano i campioni. I migliori giocatori, quelli nel pieno della loro maturità calcistica, quasi mai da dieci anni a questa parte scelgono l'Italia. Qualcuno lo fa, ma lo fanno in pochi. Oggi la Serie A è a volte trampolino di lancio, spesso il campionato giusto per finire la carriera. Quasi mai quello giusto per consacrarsi negli anni migliori.

Però non è solo questo. E da dieci anni a questa parte, dopo i nostri flop, la ricetta che ci viene propinata è sempre la stessa: "Serve una rifondazione". E la spiegazione del nostro flop anche: "Serve un calcio più europeo". L'ha sottolineato questa mattina anche Arrigo Sacchi, nel corso della sua analisi sulla 'Gazzetta dello Sport': "La strada è quella dell’innovazione. Il modo italiano di intendere questo sport è antico e figlio di un rifiuto culturale al cambiamento", ha scritto Sacchi. Che è un po' quello che ripete da anni, che è poi il pensiero dominante e anche il più seguito. Perché da anni continuiamo a ripeterci che non cambiamo abbastanza, che non siamo abbastanza europei. Che proviamo ad andare nella direzione del calcio 'Barcellona di Guardiola' ma che, in fondo, l'unico che realmente ci ha creduto fu Sarri quando allenava il Napoli. Poi più nessuno.

Ma è un racconto. Il nostro racconto, non la realtà. Gli ultimi dieci anni ci parlano soprattutto di top club che hanno provato a rifondare e ripartire con una continuità senza precedenti. L'Inter ha cambiato tre proprietà, il Milan pure. Entrambe, anche durante la stessa proprietà, hanno rifondato più volte e la coda della gestione Berlusconi è l'esempio più calzante. La Juventus fino a 4 anni era lì, a giocarsela con le big europee. Due volte ha raggiunto la finale, altre due è stata eliminata da Bayern e Real Madrid, Giocandosela alla pari. Poi Andrea Agnelli ha deciso che la Juventus andava rifondata, che serviva Cristiano Ronaldo e un gioco più europeo per il definitivo salto di qualità. Non è stato così. Dalle eliminazioni contro il Real si è presto passati alle eliminazioni agli ottavi contro Lione e Porto.

Continuità, quindi, più che rifondazione. Non ripartire ogni anno da zero ma credere nei progetti, fare ogni anno un passo in avanti. La strada giusta sempre essere quella opposta rispetto a quanto viene auspicato ogni anno. Quando a Primavera, immancabilmente, ci ripetiamo che non vinciamo perché non siamo troppo europei. E se lo dice Sacchi va anche bene, perché lui al Milan è stato protagonista di un calcio vincente e rivoluzionario. Ma Sacchi nella storia del nostro calcio è stata una splendida eccezione. Perché l'Italia è da sempre maestra di difesa e praticità, perché a rappresentare l'Italia e il suo modello sono stati più Trapattoni o Capello rispetto a Sacchi. Perché Lippi, nel 2006, ha vinto un Mondiale basandosi sulla sua eccezionale difesa, su Cannavaro e Buffon come migliori. L'Italia ha vinto un Mondiale esaltando al massimo le sue qualità, non copiando gli altri.

Eppure, a un certo punto, abbiamo deliberatamente deciso che quel calcio non ci piaceva più. Che dovevamo e dobbiamo inseguire un calcio più europeo, che vincere all'italiana vuol dire vincere male (come se ci fosse un modo di vincere bene...). Abbiamo rinnegato noi stessi, abbiamo smesso di innovarci seguendo la nostra strada ma abbiamo preferito copiare (male) gli altri.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. E se la soluzione non fosse quella che ci viene propinata ogni anno?

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Sabato 4 Maggio 2024
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