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Non è più il José Mourinho delle manette al cielo. O forse non è soltanto ancora il momento

di Marco Conterio
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Prima i fatti. Perché le parole le porta via il vento e José Mourinho da Setubal, tra i più fini comunicatori del calcio moderno, ha deciso di far parlare solo il campo. Roma attendeva il leone nella sua tana, pronto a esser figura dominante e invece s'è trasformato rapidamente in abile e mansueto domatore. Però deciso, chiaro, conciso, ma non eclatante o polemico. Prendete il post gara di ieri, quando il Mourinho d'un tempo avrebbe sventolato al cielo fischietti, orologi, grida e pugni. Ha invece deciso di non parlare dell'arbitro, "perché sennò dite che ne parlo perché ho perso". Ha scelto di non usare scuse o di aggrapparsi a lecite motivazioni ma di sorridere e procedere, di non esser più l'uomo nel mirino ma sapendo sempre quando farsi scudo davanti ai suoi. Magari con la lingua tra i denti, a non tirar fuori pancia e umori, ma col petto tronfio e gonfio. "Chiedetelo alla Juventus cosa ci hanno detto, chi meritava".

Non è più quello del Triplete
Beninteso, qui ragioniamo di comunicazione. Però tempus fugit e Mou dovrà dimostrare di esserlo ancora anche a livello di risultati, il tutto chiaramente commisurato all'ambizione della piazza che amministri o devi riammodernare. Per adesso di questa avventura romana, si ricordano poche frasi cult e invece, al momento del suo avvento, tutti a taccuini spalancati ad aspettare 'zero tituli', o frasi storiche come la risposta a Pietro Lo Monaco ('di Tibet, di Baviera'). Non è il tempo, ma attenzione a dir che non lo sia più, dell'affascinante ed egocentrico provocatore. Tutto studiato e ragionato, nulla d'improvvisato, adesso il suo Risiko prevede un piccolo passo dopo l'altro, perché la Champions manca da tempo, perché la sua benzina, pure quella del suo ego, sono le grandi vittorie.

L'uomo perfetto per Roma
La risposta ultima la daranno i risultati e solo quelli diranno se così sarà. Però l'impressione è che la famiglia Friedkin e Pinto non avrebbero potuto fare una scelta migliore. Perché Mourinho, pur mansueto, pur acquietato, è sempre un centro di gravità permanente ed è visto come un condottiero dai suoi giocatori. La Roma è una squadra giovane e Mou il comunicatore ha scelto subito quali tasti toccare per entrare in sintonia con lo spogliatoio. "Uno, dieci, mille Pellegrini". E poi il rinnovo, il Capitano come simbolo, un pretoriano come Abraham in attacco, gli elogi a Mancini come leader difensivo, l'abbraccio a Veretout dopo il rigore sbagliato. Nulla al caso. Ma non è più quello delle manette al cielo. O forse, non è semplicemente ancora il momento.

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Giovedì 2 Maggio 2024
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