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Muratore costa 8 milioni, Bastoni 31, Eguelfi 6 e Pellegrini 22: i saldi costosi del 30 giugno

di Andrea Losapio
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Simone Muratore ha 22 anni, ha esordito in Champions League contro il Bayer Leverkusen lo scorso 11 dicembre, il giorno prima che l'Atalanta chiudesse l'incredibile vittoria di Kharkiv con un passaggio del turno quasi incredibile. Simone Muratore, nomen omen per chi viene da Bergamo, non ha mai giocato una partita in Serie A, solamente in C con la Juventus under23. Quarantanove presenze, un buon ruolino. Niente di sconvolgente per chi, come i nerazzurri, ha una cinquantina di calciatori sotto contratto tra i professionisti, fra A, B e C, tutti quanti in prestito.

Come si giudica il passaggio di Muratore dalla Juventus all'Atalanta? Si potrebbe parlare di buon vicinato, ottimi rapporti fra chi ha comprato Dejan Kulusevski a 35 milioni di euro - più 9 di bonus - e chi vorrebbe magari rinforzare il proprio organico con un difensore di belle prospettive. O una corsia preferenziale per un calciatore in uscita: pensando a Mandragora, oppure a Perin se dovesse andare via Gollini, un prestito gratuito con diritto di riscatto sarebbe manna. Oppure ancora come i saldi costosissimi del 30 di giugno fra una formazione che non ha problemi di bilancio - l'Atalanta ne ha chiusi due da oltre 25 milioni di euro di attivo a stagione - e chi deve far quadrare i conti per rientrare nel fair play finanziario. Qual è l'opzione da escludere, se ce n'è una?

Si può dire che gli affari si fanno in silenzio, ma oramai non è nemmeno più quello. Perché negli anni l'Atalanta ha venduto Bastoni per 31 milioni di euro - fonte bilancio dell'Inter - ma ha comprato Eguelfi per 6 milioni, Bettella per 7 milioni, Carraro per 5. Inutile dire quante presenze hanno fatto finora con Gasperini: il primo gioca alla FeralpiSalò, il terzo vivacchia al Perugia, il secondo è considerato il più talentuoso e probabilmente l'unico che potrà entrare in pianta stabile all'Atalanta, ma nel frattempo saranno passati almeno tre anni, con soldi che potevano essere utilizzati in maniera diversa. Attenzione, l'Atalanta sta facendo cose straordinarie, in un calcio complicatissimo, ed è anche grazie alla gestione molto oculata dei Percassi che sta emergendo in Europa. E poi dei soldi della propria azienda ognuno fa quel che vuole, o no?

È giusto propendere per la prima ipotesi. Ma a questo punto è meglio evitare il fair play finanziario, mandarlo in soffitta completamente. Permettere a chiunque voglia di ripianare, come con i Berlusconi, i Moratti e gli Agnelli. Acquistare giocatori, non svolgere cosmesi finanziaria. Altre volte non è nemmen tale, perché sono investimenti: basti pensare a Inglese qualche anno fa, acquistato dal Napoli e che non ha mai visto il San Paolo nemmeno con il cannocchiale, se non da avversario. Sono risorse e non fan pagare le tasse. Come ogni bene strumentale, sia ben chiaro. Perché se compri un macchinario per la tua azienda non puoi acquistare calciatori? La realtà è che bisognerebbe smettere di parlare di soldi per gli acquisti di alcuni giocatori. Perché quando vendi Spinazzola a 29 milioni e ne spendi 22,5 per Luca Pellegrini - poi ceduto al Cagliari - non ha grande senso parlare di bilanci.

A questo punto, repetita iuvant, meglio eliminare totalmente un fair play finanziario che strozza quelle squadre senza alleanze. L'Atalanta in questo senso non ha bisogno, fa grandi plusvalenze e conosce bene la sua dimensione, con una politica ingaggi ben chiara. L'Inter con Suning ha fatto crescere di 100 milioni i regional sponsor, una cifra enorme, ma non ha ancora raggiunto un break even ed è in perdita. Per questo ricorre a Pinamonti, Radu, i tre già citati precedentemente, per essere sotto una certa cifra di disavanzo... Insomma, se il problema è solo il numero del passivo nel bilancio finale, per non incappare in problemi da parte della UEFA, meglio essere onesti fino in fondo. Perché Exor e Suning sono dei colossi che non hanno bisogno di Juventus e Inter per restare in piedi. Il Napoli sarà comunque in linea di galleggiamento perché De Laurentiis ha uno splendido esempio di autofinanziamento, così come Lazio e Atalanta. Alla fine i problemi li ha soprattutto il Milan, che per anni non ha venduto nessun calciatore e che va incontro all'ennesima rivoluzione. E la Roma, perennemente in rosso, costantemente costretta a vendere Alisson o Salah, ora in vendita perché Pallotta si è stufato.

Se il FFP nelle intenzioni di Michel Platini voleva aiutare il calcio a eliminare i club indebitati, è stato solo un allargare la forbice. Un aiutare chi ha più soldi a dominare ancora di più. Sarebbe ora di finirla. Anche con le valutazioni esagerate, come quella per Muratore. Oppure lo scambio Marques-Matheus Pereira fra Barcellona e Juventus. Che poi chiudono Arthur-Pjanic: 47 milioni di plusvalenza da una parte, circa 55 per la Juve. Il bilancio è a posto e i milioni scambiati "solamente" 8. Quelli di Muratore.

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