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Forte con le piccole, debole con le big: la Champions illude, l'Inter di Inzaghi non è una grande

di Ivan Cardia
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C'è chi è seduto sulla riva e aspetta. Di professione fa l'allenatore della Juventus, ha letto mezza Italia considerarlo spacciato e oggi, a chi gli domanda se punti su Milan o Napoli, risponde sogghignando che non capisce perché dovrebbe mettere fiches su squadre che non siano la sua. Massimiliano Allegri ci crede, e tutto sommato fa bene. La sua creatura è ben lungi dall'essere perfetta, ma ha anche a disposizione una rosa che nessun'altra può vantare. Nel derby d'Italia ha sfoderato la prima vera prestazione "da Juve" e, come nel miglior stile di Max, l'ha incartata all'avversario a modo suo. Se il primo tempo fosse finito 2-0 per l'Inter, nessuno avrebbe avuto da ridire. Passata la tempesta, è arrivata la vittoria bianconera. Un fotogramma di quello che rischia di essere il film della stagione, considerando che il livornese aspetta ancora Di Maria, Chiesa, Pogba, il miglior Vlahovic.

Inzaghi a lezione da Max. Non di gare, non di tattica. Forse nel comunicare, sì. Ma pure d'animo e di spirito. Perché anche Simone Inzaghi da tanti (troppi) punti di vista ha subito lezioncine da chiunque, e in Champions League ha potuto gonfiare il petto. Ha ricordato a tutti - da dimostrare non c'era nulla - di non essere proprio l'ultimo fesso del villaggio, tra poche ore si gusterà un sorteggio per gli ottavi di finale. Allegri non può dire altrettanto, e nel bilancio di una stagione è una cosa pesantissima, un aspetto da non sottovalutare, un merito che il tecnico dell'Inter può giustamente appiccarsi al petto. Però.

L'Inter non è una grande squadra. Non se per tale si considera una che possa vincere il tricolore. A oggi, a dirla tutta, lo scontro diretto con l'Atalanta di domenica suona persino come un'ultima chiamata per la zona Champions. Grande con le piccole, piccolissima con le grandi: cinque sconfitte in altrettanti scontri diretti. Quasi tutti in trasferta, per carità. Però il tennis lo insegna: è coi break che si vincono gli Slam, mica quando hai il turno di battuta. A Torino, l'Inter è finita schiacciata da errori e ingenuità: tutta roba sua, ha tirato nuovamente a galla quell'aspetto umorale tipico dell'unica squadra in questo campionato incapace di pareggiare. Non può essere certo un caso, l'assenza di una X che a volte fa felici e a volte delude, ma nel complesso è anche indice di equilibrio. Allo Stadium, non vale neanche la scusa delle assenze: messe sulla bilancia, sono più pesanti quelle della Juve. Che gioca maluccio, ma ha qualcosa che all'Inter di oggi sembra mancare: capire che a volte la vittoria non è importante, è l'unica cosa che conta e senza quella non si va da nessuna parte.

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