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De Rossi, i calciatori argentini, il suo futuro, la crisi di Dybala: intervista di TMW a Burdisso

di Raimondo De Magistris
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Nicolas Burdisso sta trascorrendo le festività natalizie a casa, in Argentina. Ma il suo 2020 è stato vissuto per buona parte in Italia, in Toscana. Dopo aver appeso le scarpette al chiodo nel 2018, vestendo la maglia del Torino nella sua ultima stagione, l'ex difensore ha subito intrapreso la carriera da direttore sportivo. E pochi mesi dopo l'addio al calcio giocato, ha avuto l'occasione che altri dirigenti sognano per una vita intera: è diventato il direttore sportivo del Boca Juniors. "Un'esperienza che da sola vale per dieci", ha detto ai nostri microfoni Burdisso che ha guidato il Boca per tutto il 2019, fino al 28 dicembre.

Poi cosa ha fatto, Direttore?
"Ho diviso il 2020 in tre parti. Volevo ottenere il patentino per diventare direttore sportivo, era una cosa che mi mancava, e così sono tornato in Italia per fare il corso a Coverciano".

Corso piuttosto travagliato causa pandemia
"E' vero, però a settembre sono comunque riuscito a tornare in Italia per conseguire ufficialmente l'abilitazione a Coverciano".

E nella terza parte?
"Sempre nel mondo del calcio. In Argentina, ho fatto da consigliere a diversi imprenditori che hanno acquistato club. Non un ruolo da intermediario, non è quello che mi interessa perché io voglio fare il direttore sportivo. Li ho solo aiutati in alcune scelte, nelle decisioni e nei contatti".

Ha iniziato la sua carriera da direttore sportivo nel migliore dei modi, con un anno al Boca Juniors
"Quell'avventura mi ha dato tantissimo, mi ha dato tutte le fondamenta per fare questo mestiere. Per me poter ricoprire questo ruolo in una società come il Boca è stato pazzesco"

Sarà per sempre il direttore sportivo che ha portato De Rossi al Boca Juniors
"Una bella mossa, soprattutto a livello di entusiasmo e per quello che ha generato un campione come lui in Argentina. Ma oltre a Daniele, ho avuto la possibilità di portare altri calciatori importanti, come Salvio dal Benfica e Lisandro Lopez dal Genoa. E anche una buona nidiata di giovani che ancora oggi stanno facendo bene".

Almendra non l'ha portato lei. Ma quando c'era lei come ds fu vicino al trasferimento al Napoli.
"Ricevemmo un'offerta concreta dal Napoli, parlai con Giuntoli e il suo braccio destro Micheli venne addirittura in Argentina".

Perché quel trasferimento non si concretizzò?
"Perché una settimana prima di quella offerta vendemmo Belardi al Borussia Dortmund. Era già uscito un giocatore importante, a livello economico eravamo messi bene e non volevamo perdere un altro dei nostri migliori giocatori. Dicemmo di no".

Torniamo a De Rossi. Perché puntò su di lui?
"Il Boca Juniors era una squadra ben costruita ma in Argentina non c'è l'organizzazione di gioco che c'è in Italia. Servono giocatori formati, che possono portare quell'organizzazione. E Daniele era perfetto".

Coronò in quel modo anche il sogno di De Rossi di chiudere la carriera con la maglia del Boca
"Proprio così. Daniele è stato un grande giocatore e scommetto anche sulla sua carriera da allenatore. Sarà lui a decidere quando, come e dove. Deve solo aspettare, ma sono sicuro che le nostre strade si incroceranno di nuovo".

Si sarebbero potute incrociare già questa estate alla Roma?
"E' vero, fui contattato da Pallotta prima della cessione del club per diventare il nuovo direttore sportivo. Ho avuto diversi colloqui, ma poi alla fine nulla di concreto e io non andai oltre. Anche perché c'era ancora un direttore sportivo che conosco bene e rispetto, ovvero Petrachi".

Nel 2017/18 era al Torino, l'ultimo club per il quale ha giocato. Che effetto le fa vederlo all'ultimo posto?
"Mi dispiace tantissimo, così come mi dispiace vedere anche il Genoa in difficoltà. L'ho detto anche a Cairo e Preziosi perché sono due posti che ho nel cuore. Sono sicuro che in entrambe le piazze ci siano i presupposti per fare bene".

In Italia ha giocato all'Inter, alla Roma, al Genoa e al Torino. Dove le piacerebbe fare il ds?
"In tutti e quattro, sinceramente. Per raccogliere i frutti che non ho raccolto da giocatore..."

Ovvero?
"Mi piacerebbe andare all'Inter per vincere quella Champions che non ho vinto, alla Roma per vincere lo Scudetto, al Genoa per riportarlo in Europa League e al Torino per ridargli quella dignità, quello spirito Toro, che negli ultimi anni sembra aver smarrito. Da direttore sportivo, mi piacerebbe ottenere in questi club i risultati che non ha ottenuto da calciatore".

Si sente pronto?
"Assolutamente, Coverciano ha completato il mio percorso di formazione. Ho fatto il ds al Boca e poi ho 20 anni di carriera da calciatore che, credo, parlino per me. Voglio portare nel mio prossimo club la stessa professionalità e grinta che mi hanno contraddistinto da calciatore".

A proposito di grinta. Non manca a Nandez, che lei ha venduto al Cagliari
"Non avevo dubbi potesse fare così bene. Quello che mi sta sorprendendo, è la sua capacità di poter fare bene in tantissimi ruoli".

Lui sogna il suo futuro in una big. In quale lo vedrebbe meglio?
"Per l'Inter di Conte sarebbe perfetto, ha la stessa grinta del suo allenatore. Anche a Roma e Napoli potrebbe essere molto utile, ma per l'intensità che mette in campo in ogni partita, secondo me, andrebbe benissimo anche in Premier".

Altro ex Boca Juniors, Rodrigo Bentancur
"Mi sta sorprendendo ancora più di Nandez perché è riuscito a imporsi come titolare in un club importante come la Juventus. E' davvero un centrocampista completo".

Non sembra completa la Juve, con Dybala che è un po' il simbolo di questa crisi.
"Sono sorpreso. Conosco bene lui e la sua mentalità e pensavo potesse diventare in poco tempo il campione che tutti ci aspettavamo diventasse. Lui ha colpi che non sono comuni..."

Meglio cambiare squadra, a questo punto?
"No, io spero possa restare alla Juventus. Credo nella continuità del progetto tecnico e un campione del genere deve cambiare squadra solo se non ci sono più i margini per ricucire lo strappo. Credo e mi auguro non sia questo il caso".

E Lautaro?
"Io spero che resti in Italia, proprio come Dybala. Anche perché sono cresciuto col mito della Serie A e credo fortemente nella forza del campionato italiano. Anche per questo è la mia seconda casa".

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