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Tre finali di Champions, otto Scudetti, undici Coppe: nessuno come Marotta in Serie A negli ultimi 14 anni. È il dirigente che più sposta gli equilibri e per questo l'Inter tra tante incertezze s'è completamente affidata a lui

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per TMW dal 2008, è stato vicedirettore per 10 anni. Inviato al seguito della Nazionale
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L'Inter che domenica sera ha vinto a Napoli ha dato una spallata netta, importante, al nostro campionato. Quella nerazzurra sul campo dei campioni d'Italia uscenti, al netto degli errori di Massa, è stata una vittoria conquistata con l'autorevolezza di chi, dopo tre anni, sa di volere e dovere riportare lo Scudetto nella Milano nerazzurra.
La strada è ancora lunga, il vantaggio sulla Juventus è minimo, ma i valori fin qui mostrati da questo campionato parlano di nerazzurri con più certezze e più armi. Con un gioco più collaudato, molti più gol nell'arsenale. Sarebbe un tricolore importantissimo, quello della seconda stella, e Giuseppe Marotta dopo esser entrato nella storia della Juve con sette Scudetti consecutivi non vuole lasciarsi scappare il 20esimo della storia nerazzurra. Il secondo da quando è arrivato.

Marotta approda all'Inter durante la stagione 2018/19, qualche settimana dopo il divorzio dalla Juventus. Non lo dirà mai, ma quella separazione arriva perché non è d'accordo con l'operazione Cristiano Ronaldo, con la nuova vision di Andrea Agnelli che non a caso da quel momento in poi s'infila in un vicolo cieco da cui non uscirà più. Arriva in una Juventus che fattura 153 milioni di euro l'anno, la lascia con un fatturato superiore ai 500 milioni. Soprattutto, la saluta con 7 Scudetti, 4 Coppe Italia e 3 Supercoppe italiane in più.
Approda all'Inter con Luciano Spalletti allenatore. Lo sostiene, ma non è il suo allenatore e infatti a fine stagione gli dà il benservito per ripartire dal 'suo' Antonio Conte. Nell'estate 2019, solo nell'estate 2019, ha la possibilità di spendere e spende.

Con Conte, Marotta riporta l'Inter al successo in Italia spodestando una Juve smarrita dopo nove anni di dominio. Lo fa nella Primavera del 2021, quando l'Inter alza il Tricolore e sembra subito destinata a chiudere un ciclo. Perché il tecnico leccese vince e poi va via, infastidito dalla cessione di Hakimi per 70 milioni di euro e dalle voci di un addio di Lukaku. Partenza che puntualmente si concretizzerà, il 12 agosto, per 115 milioni di euro. Avviene dopo l'arrivo di Simone Inzaghi, allenatore che in quel momento è voluto e sostenuto dal direttore generale e pochi altri.
Per Marotta si ripropone uno scenario molto simile a quello del 2014. Passare da Conte a Inzaghi sembra un pesante downgrade, quasi un segno di resa. Un tecnico di comodo per tempi di magra. Si rivelerà il perfetto filo-societario per consentire alla società di sviluppare il nuovo piano industriale: più modesto e con molte più incognite. Con cessioni più onerose degli acquisti, ma anche con la consapevolezza che l'Inter non può abbassare il suo livello di competitività. Come fare? Sbagliando il meno possibile. Vendendo a tanto, acquistando a poco. Se possibile, ingaggiando a parametro zero. Soprattutto tenendo il gruppo unito.

Nell'estate dei 170 milioni di euro incassati dalla cessioni di Hakimi e Lukaku gli acquisti più onerosi furono quelli di Correa e Dumfries. Arrivarono a zero Dzeko e Calhanoglu. Venne riscattato Darmian per due milioni, venne riportato a Milano Dimarco. La prima stagione con Inzaghi allenatore finì con un mal digerito secondo posto in campionato, ma anche con due Coppe. In Champions, dieci anni dopo l'ultima volta, l'Inter tornò a superare la fase a gironi.
Finisce la stagione e inizia una nuova estate di acquisti in prestito o a parametro zero. Torna Lukaku per un anno per otto milioni, arrivano da svincolati Henrikh Mkhitaryan e André Onana, portiere camerunese venduto un anno dopo al Manchester United per quasi 60 milioni di euro. E' una stagione che vede l'Inter praticamente mai competitiva per lo Scudetto, ma in grado di portare ad Appiano altre due Coppe. Soprattutto, è la stagione che vede i nerazzurri tornare in finale di Champions per la prima volta dopo il Triplete: finirà male, al termine di una partita più equilibrata del previsto. La terza sconfitta in altrettante finali. Ma c'è da guardare anche l'altra faccia della medaglia: negli ultimi 13 anni, Marotta è stato l'unico dirigente in grado con le sue scelte di trascinare una squadra italiana fino alla gara europea più importante.

Arriviamo all'ultima estate. Detto della cessione capolavoro di Onana e della saggia scelta in tema di sostituti, c'è da sottolineare l'errata gestione di Skriniar che ha costretto il club a spendere quasi 30 milioni di euro per Pavard, ma anche da cerchiare in rosso quello che ad oggi è da considerare il miglior acquisto definito la scorsa estate da un club di Serie A: lo svincolato Marcus Thuram, la risposta di Marotta all'inatteso dietrofront di un Lukaku sedotto e poi abbandonato dalla Juventus.
Il risultato? Tra cessioni super-pagate e intuizioni a parametro zero, ha costruito dopo tre estati di magra l'Inter più competitiva, consapevole e collaudata della sua gestione. E' nettamente la favorita per la vittoria della Serie A, ha conquistato gli ottavi di Champions con largo anticipo e punta a tornare in fondo.

Il conto della serva è presto fatto. Tra Juventus e Inter, dopo la migliore stagione della Sampdoria dai tempi di Vialli e Mancini, Marotta ha conquistato otto Scudetti e undici Coppe in 13 anni. Vive da anni sulla cresta dell'onda grazie a scelte felici e buoni rapporti.
Ha già annunciato che l'Inter sarà il suo ultimo club, che dopo l'Inter vuole tuffarsi con un ruolo attivo nella politica dello sport. Ma l'Inter che vive mesi di totale incertezza societaria è riuscita a trattenerlo ancora. A blindarlo con un nuovo contratto fino al 2027. Sa che nessuno (Suning o chi eventualmente gli succederà) rinuncerebbe a quello che da troppi anni è il miglior dirigente della nostra Serie A. In attesa di capire se il club resterà cinese o finirà in nuove mani, non c'è nessuno meglio di Marotta in grado di condurre l'Inter verso porti sicuri. Nella direzione della seconda stella.

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