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Riquelme contro Macri. La lotta per la guida del Boca Juniors, una storia molto argentina. Calcistica ma non solo

di Carlo Pizzigoni
Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
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Il tribunale di Buenos Aires ha sospeso le elezioni del Boca Juniors che si sarebbero dovute tenere domenica 3 dicembre alla Bombonera. Con decisione del Tribunale civile è stata ordinata "la sospensione fino a quando non sarà definita giudizialmente la situazione di irregolarità nel suo caso". L'ultimo atto della lotta per il comando della squadra, insieme al River Plate, più famosa d’Argentina avviene tra l’idolo indiscusso Juan Roman Riquelme (il suo nome è addirittura più in alto di quello di Diego Maradona, per la maggior parte del popolo “bostero”), attualmente plenipotenziario della squadra, e il presidente più vincente della storia del club, Mauricio Macri, racconta molto di cosa rappresenta il calcio in quel Paese.

La sospensione delle elezioni voluto dal giudice Alejandra Débora Abrevaya nasce per una richiesta dell’opposizione che ha denunciato irregolarità nelle liste elettorali. In particolare, hanno avvertito che 13.000 persone sono passate da “socio aderenti” a “soci attivi”, nel 2021, cioè nell’ultimo anno disponibile per essere accedere alle urne, visto che sono necessari almeno due anni nel ruolo di “attivo”. Questa “categoria” dà diritto non solo all’esercizio del voto durante le elezioni (tutti i club del Paese sono associazioni di soci, né più né meno della vostra cooperativa sotto casa: nascono proprio da questo spirito all’inizio del Novecento), ma anche all’iscrizione per avere accesso ai preziosissimi biglietti della Bombonera, oltre ad altri benefit.

L’opposizione di Mauricio Macri, anche se formalmente l’ex presidente della Repubblica (perché Macri, origini calabresi palesi, è stato a capo della nazione, alcuni anni fa), sarà “solo” vicepresidente, mentre alla carica maggiore corre Andres Ibarra, che peraltro è stato direttore generale negli anni in cui Macri era presidente del Boca vincente. Insomma, avete capito chi comanda, o comanderebbe in caso di successo.

La sospensione delle elezioni di oggi è solo l’ultimo screzio tra i due contendenti, che si sono detti di tutto in questi giorni. L’ultimo missile è stato di Riquelme che ha confidato alla stampa un dettaglio riguardo all’ultimo sponsor della squadra, una linea aerea di un paese mediorientale che ha organizzato l’ultimo mondiale (ci siete?). Secondo l’ultimo diez, Macri avrebbe consigliato al club di tesserare il centravanti di questa nazione, in cambio del rinnovo del vincolo. Riquelme ha poi aggiunti: “ Io non nemmeno chi sia il 9 del Qatar, e ho preferito prendere Cavani, mi sembrava un po’ più da Boca…” Il tutto all’interno di un concetto chiaro: l’ex presidente ha sempre usato il club per scopi anche extra calcistici, e lo vuole continuare a condizionare…

Nel ring, sono entrati anche i “secondi”, e non sono esattamente figure di poco conto. Avete presente quel candidato presidenziali (parliamo ora di Paese e non più di calcio) che andava in giro con la motosega promettendo di segare tutto l’assistenzialismo dei governi peronisti, compreso quello in carica? Ecco, Javier Milei, lui, ha poi vinto le elezioni, peraltro nel ballottaggio ci è andato il candidato governativo. Che però, oltre a promettere magnifiche sorti per il Paese, era stato anche ministro dell’Economia di un Paese che è al terzo posto tra i posti col più elevato livello di inflazione al mondo, dietro ai soli Libano e Venezuela.

Milei, poco prima dell’ultima votazione, ha ricevuto l’appoggio di Macri. Un appoggio evidentemente non disinteressato. Il primo favore ricevuto in cambio è stato una sorta di appoggio, via twitter o come si chiama ora, in cui il neo presidente argentino si augurava che sulla panchina del Boca arrivasse il suo idolo Martin Palermo.

Ecco, torniamo al calcio, anche se rimaniamo in modalità House of Cards. All’epoca del Boca che si intascava Libertadores e qualche Coppa Intercontinentale c’era due galli nel pollaio: Riquelme e Palermo. Due partiti decisamente divisi nello spogliatoio, e pure fuori. Tanto che faticavano a parlarsi. Dopo il ritiro i due galli hanno continuato a ignorarsi. La chiamata di Macri (anzi, Ibarra: vabbè, è chiaro) di avvalersi, qualora vincessero le elezioni di Palermo come nuovo allenatore, ecco, dice molto. Lo stesso Martin “Fuiste vos” Palermo, attuale tecnico del Platense, che ancora si sta giocando la seconda parte del torneo argentino (siamo ai quarti di finale), la Copa de la Liga, lo ha già dichiarato in conferenza stampa: “Sarò il tecnico del Boca, se le cose andranno in un certo modo”. Cioè vincerà il ticket Ibarra-Macri, che ha anche cooptato Guillermo Barros Schelotto, già idolo boquense ed ex allenatore degli azul y oro, come nuovo Direttore Sportivo.

Una caccia al consenso clamoroso, con sfondoni di populismo che conosciamo anche noi bene, anche perché l’Argentina è probabilmente il Paese più italiano del mondo. Ahiloro, verrebbe da aggiungere.

Un comunicato dell’attuale maggioranza, sul sito ufficiale del Boca, sostiene che la volontà popolare rimane quella di votare domenica, come era stabilito. Molti cronisti e osservatori propendono più per uno slittamento di qualche settimana. Nel frattempo il club, finalista di Copa Libertadores, a seguito di una povera campagna nazionale si è qualificato solo per la prossima Sudamericana. “Ecco dove ci ha portato Riquelme!”, dicono gli uni. “ Ma abbiamo lanciato tanti giovani e siamo pronti a ripartire”, ribattono dall’altra parte.

Non c’è un Paese così polarizzato come l’Argentina. E’un eterno Boca-River. Oggi è addirittura un Boca-Boca. Al prossimo episodio, la serie continua…

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