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Retroscena: le 24 ore del Milan che hanno disfatto la Juventus, e la partita non c'entra. Zidane o Allegri la carta di Agnelli; Paratici e Nedved litigano. Inter: nessuna rivolta, ma situazione delicata

di Tancredi Palmeri
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Adesso che la SuperLega si coniuga al passato prossimo, a poco a poco escono le rivelazioni sui retroscena. Ma se sulla genesi e sulla prima settimana ne abbiamo sentite di tutti i tipi, e ormai sappiamo tutto, e sull'atto finale che invece c'è la rivelazione più surreale.
Perché, letteralmente, la SuperLega è stata definitivamente terminata grazie al Milan, che però non ne voleva la fine, tutt'altro.
Ovvero: venerdi scorso viene diffuso il comunicato Uefa che ratifica come 9 club abbiamo firmato un documento congiunto di rinuncia, e sappiamo che il contratto vincolante fosse automaticamente sciolto nel caso in cui almeno 9 club fondatori avessero abbandonato.
Ma il punto focale è stato il Milan. E il Milan era assolutamente intenzionato a continuare dritto con la SuperLega, determinato come la Juventus e Andrea Agnelli.
Detto che per Milan si intende ovviamente Elliott, la volontà era quella di perseguire nel proposito, anche a costo di rompere l'equilibrio del calcio mondiale, anzi alla proprietà Milan erano molto interessati a ridisegnare un nuovo ordine dove avrebbero potuto tranquillamente gestire introiti e diritti senza differire la governance a un ente terzo (oltre all'interesse per i circa 200 milioni di euro di premio d'entrata). E nemmeno preoccupava più di tanto l'eventuale esclusione dal campionato nazionale, forti della convinzione che alla Serie A non sarebbe mai convenuto escludere una delle tre forze del campionato.
Ancora 24 ore prima del comunicato la proprietà Milan si manifestava assolutamente convinta di voler proseguire, e che ci fosse solo da guadagnare dall'insistere.
E allora che cosa è cambiato così repentinamente, al punto da far recedere dall'intento?
E' stata l'alternativa a convincere Elliott.
L'Uefa ha comunicato che chi non avrebbe fatto parte del documento, sicuramente sarebbe incorso in una multa estremamente salata, oltre alla possibilità di esclusione dalla Champions.
La prima opzione soprattutto ha costretto il Milan a ripensarci: non solo per i soldi, ma anche per il conseguente contenzioso, considerando i precedenti con la Uefa.
Se 24 ore sono bastate per fare cambiare completamente idea su una cosa simile, si può capire con che livello di superficialità era stata concepita alla base la SuperLega.
E al giovedi sera Andrea Agnelli è stato completamente disfatto: forte delle rassicurazioni di Elliott, sapeva che il contratto sarebbe rimasto in essere perché almeno 4 non avrebbero firmato il documento, con l'eventuale forza in sede di risarcimenti che questo avrebbe comportato – anche fosse solo come spauracchio da agitare per ottenere di più.
La retromarcia ha completamente tolto l'ultima zolletta di terra politica sotto i piedi di Agnelli, che è precipitato ancora prima che i golazo di Brahim Diaz e Rebic lo spedissero nella ionosfera dell'Europa League.

Ad Agnelli rimangono le carte ancora da giocarsi per rimanere in groppa alla zebra.
John Elkann per ora manifesta vicinanza, niente è deciso, ma ovviamente avere la qualificazione Champions darebbe maggior potere contrattuale al vertice Exor.
Andrea Agnelli ci vuole arrivare potendo giocare la carta Zinedine Zidane.
Come informavo nell'editoriale già del 10 marzo , se Zidane avesse lasciato allora la Juventus sarebbe andata a tutta su Zizou.
Il futuro potrebbe garantirglielo il sodale Florentino Perez, che seppur deluso dall'amico Andrea, però è sempre più convinto a non confermare Zizou. Il contratto del grande ex sarebbe molto oneroso, 16 milioni lordi, ma in fondo poco superiore ai 13 lordi necessari per Allegri, su cui l'intesa di massima c'è già, ma che è stato messo in stand-by dopo l'uscita del Real Madrid dalla Champions.
Zidane sarebbe orientato ad accettare, ed è la carta che Agnelli vuole avere pronta da giocarsi il 27 maggio. Rimarrebbe la posizione di Paratici da discutere, su quello deciderà la proprietà: ma che il vento sia cambiato, e che possa portare almeno a un ridimensionamento per lui in società – se non qualcosa di peggio – lo dimostra anche la situazione comica a cui hanno assistito i giornalisti che in nottata lasciavano lo Juventus Stadium dopo la partita con il Milan: Paratici e Nedved a discutere a voce alta nel parcheggio e con parole molto poco urbane, senza preoccuparsi degli occhi indiscreti, non così difficili francamente da prevedere indiscreti. Paratici che spinge per la sostituzione con Tudor, mentre Nedved appoggia la continuità con Pirlo. E la mattina, Agnelli che sposa la mozione Nedved.
Altro indizio sulla strada del ridimensionamento.

Quello che sta accadendo all'Inter giocoforza parla di ridimensionamento.
Poi bisogna vedere in che gradazione e con che proporzioni.
Certo, non poter fare mercato vero e proprio dopo aver vinto lo scudetto è un ridimensionamento in sé.
Ma a questo punto tutto il mondo Inter ha capito che la vera vittoria sarebbe poter continuare così come sono gli effettivi.
Specifichiamo però che non c'è nessuna rivolta, non ci sono ferri corti, e l'atmosfera da tregenda che da molte parti viene raccontata non corrisponde minimamente alla realtà dei fatti.
Ciò non toglie che la situazione non sia estremamente delicata: perché il taglio degli stipendi è prima di tutto fuori luogo, e poi irricevibile. Il problema sarà se, una volta respinto il taglio per vertere sulla dilazione come già concordato, a quel punto la proprietà non decida motu proprio di vendere un big. E quello è uno scenario ancora possibile.
E forse solo il carisma catartico di Antonio Conte può essere in grado di scongiurarlo.

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Giovedì 2 Maggio 2024
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