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Osimhen, Kim e Kvaratskhelia sono il segnale definitivo: cosa aspetta il calcio italiano a cambiare la norma sugli extracomunitari? Quanto talento e che campioni stiamo perdendo inutilmente tra Africa e Sudamerica

di Marco Conterio
Inviato di Tuttomercatoweb, è in RAI con 90° Minuto, Calcio Totale e Notte Azzurra. Ha lavorato con Radio RAI, Il Messaggero e Radio Sportiva
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Nel novembre del 2021, due osservatori del piccolo Stabaek, club norvegese, erano in Nigeria per visionare un torneo organizzato da un agente. Lì hanno scoperto Gift Emmanuel Orban che due giorni fa ha siglato la tripletta più veloce della storia dell'Europa League. Un training camp, il ritorno al Bison FC, poi di nuovo la Norvegia e da questo gennaio gioca al Gent: per soli 3,3 milioni di euro, i belgi lo hanno preso dal club norvegese di seconda divisione (che Orban ha agiutato con ben 19 gol in 24 gare a tornare in prima divisione) e il ragazzo cresciuto in Togo ha segnato già 12 reti in 9 partite giocate. Partiamo da qui, da uno dei più clamorosi esempi di questi giorni per raccontare una svolta necessaria nel nostro calcio che rischia ancora una volta di farsi abbagliare dai risultati del momento. E' vero che bisogna godere e gioire dell'exploit delle squadre italiane in Europa ma è proprio adesso che non bisogna sedersi. E' proprio ora, dopo queste vittorie arrivate anche grazie a un sorteggio benevolo dall'urna di Nyon, che non bisogna ripetere gli errori dell'ultimo ventennio quando sui risultati di un momento si pensava di poter costruire il futuro. No. Sono la base per ripartire, per cambiare, per mettere in scena riforme necessarie. Come quella sul limite ai calciatori extracomunitari che imbriglia lo scouting, la ricerca del talento e che è una norma oramai antica in un mondo le cui frontiere devono continuare ad aprirsi.

Come funziona adesso
Questo capitolo lo dedichiamo alla spiegazione del regolamento. Intanto specifichiamo che l'assurdità è che i club di B, che già investono poco sullo scouting, risultano ancor meno invogliati visto che non hanno possibilità di tesserare calciatori extracomunitari. Una stortura, poiché se vogliamo (dobbiamo) valorizzare il talento italiano, non lo si fa con la quantità ma andando a esaltare la qualità e altrettanto aumentando il livello medio nelle rose. In Serie A, invece, il regolamento dice che 'le squadre con più di due giocatori extracomunitari tesserati a titolo definitivo alla fine dell’annata sportiva 2021/2022 possono prenderne nell’arco della stagione 2022/2023 un massimo di altri due provenienti dall’estero. Questo a patto che uno abbia presenziato, in campo o in panchina, ad almeno 5 partite nella sua nazionale di categoria o almeno a 2 match nella sua nazionale di categoria nell’ultimo anno; senza vincoli di presenze in nazionale ma con l’obbligo di essere tesserato al posto di un altro extracomunitario in uscita ceduto all’estero, svincolato o che abbia acquisito passaporto comunitario. Le squadre con due giocatori extracomunitari alla fine della scorsa stagione possono prenderne altri due a condizioni simili alle precedenti, con l’unica variazione che per l’extracomunitario acquistabile “senza sostituzione” non è richiesta alcuna condizione legata alle presenze in nazionale. Le squadre con 0 o 1 giocatori extracomunitari alla fine della scorsa stagione possono acquistare senza alcuna condizione tanti extracomunitari quanti ne servono per arrivare al numero massimo di tre".

Quanto talento perdiamo
Così siamo costretti a cercare calciatori con doppio passaporto, scandagliando i mercati alternativi e andando a perdere tantissimo talento. C'era un tempo in cui i brasiliani e gli argentini sceglievano l'Italia come prima destinazione: adesso è l'Inghilterra, e in seconda battuta la Spagna ma anche perché fatichiamo ad andare a prendere i giocatori di 'seconda fascia' in quei campionati (impossibile arrivare ai top, troppo alta la differenza di proposte con le big di Premier League e Liga) viste le limitazioni sugli extracomunitari. La Francia, che anche per il suo storico e per le sue regole interne ha molte più possibilità di andare a prendere talenti in Africa, per esempio, ne ha fatto una sua grande risorsa e forza motrice e lo stesso vale anche per il Belgio. Prendete ad esempio l'ultima Coppa d'Africa Under 20: solo in tre dei migliori giocano già in Europa e due lo fanno tra Metz, ovvero lo straordinario attaccante Pape Diallo, e allo Zulte Waregem, il meraviglioso mediano Pape Diop. Il Metz, grazie a Generation Foot, un programma calcistico e sociale in territorio africano, ha la prelazione su due talenti all'anno di una delle migliori cantere e lì ha scoperto per esempio Sadio Mané. Accortosi di questo, Ralf Rangnick per la Red Bull andò direttamente alla fonte: in Zambia e Mali, due nazioni fuori dai radar, ha preso un'infinità di giocatori poi diventati capitali tecnici ed economici, da Amadou Haidara a Patson Daka. Un'altra nazione, l'Austria, con una legge sicuramente non capestro come la nostra in tema di extracomunitari.

I talenti del Napoli: un nigeriano, un georgiano e un sudcoreano
Anche perché basta guardare il Napoli per capirlo. Per capire che in questo momento aprire le frontiere, cambiare la legge sugli extracomunitari, andrebbe ad accrescere tutto il movimento. Victor Osimhen è nigeriano, extracomunitario. Kvicha Kvaratskhelia è georgiano, extracomunitario. Kim Min-Jae è sudcoreano, extracomunitario. Quanti, degli scout capaci come quelli azzurri, per esempio, col team guidato da Maurizio Micheli, ne avrebbero potuti prendere, allargando un po' le maglie di un mercato che è causa del suo male? E' questa la stortura del nostro movimento, di una norma che deve finire presto sui tavoli dei Consigli Federali. Perché le società lo pensano all'unisono ma è una battaglia che fatica a esser portata inspiegabilmente avanti. Perché questi giocatori, e l'esempio del Napoli è realmente sotto gli occhi di tutti, non fa altro che accrescere il nostro movimento e in un'ottica prospettica, a lungo termine, non può che portare benefici a tutti. Anche a quei ragazzi italiani che per adesso dovrebbero giocare ma che invece, a conti fatti, non lo fanno comunque. Perché in fondo i club potrebbero schierare undici olandesi e avere in panchina altrettanti francesi. Ma vallo a spiegare a chi chiude le porte agli extracomunitari.

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