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Metti insieme un islandese e un italo-argentino... Retegui e Gudmundsson: perché l'Italia era nel loro destino. Entrambi figli d'arte, formano il tandem d'attacco più hipster della Serie A

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per TMW dal 2008, è stato vicedirettore per 10 anni. Inviato al seguito della Nazionale
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Reykjavík e Buenos Aires non sono mai state così vicine. Da qualche settimana per la Genova rossoblù Albert Gudmundsson e Mateo Retegui sono il cavallo di Troia con cui assaltare qualsiasi terreno di gioco. Senza paura, con la consapevolezza che quel tandem d'attacco composto da giocatori nati a oltre undicimila chilometri di distanza è proprio ciò che serviva per ridare risultati ed entusiasmo a una piazza che sta finalmente venendo fuori con una nuova identità dalla fine dell'era Preziosi e dall'incertezza di un passaggio di proprietà che ha pagato il momento di transizione con una cocente retrocessione.
Complementari, imprevedibili, affiatati. E chi più ne ha più ne metta. Gudmundsson e Retegui in otto partite hanno già portato in dote, otto punti, nove gol e la qualificazione ai sedicesimi di Coppa Italia. Figli di storie articolate, giocatori con caratteristiche diverse accomunati dalla fiducia in quel Gilardino che da ex attaccante ha capito come integrarli e valorizzarli.

Albert Gudmundsson nel 1948 fu il primo giocatore del Nord Europa ad approdare nel nostro campionato. Il 3 ottobre fu lui a sbloccare la partita che vide il Milan vincere 3-0 contro l'Atalanta, praticamente l'unica gioia in rossonero. Nella Milano rossonera durò una stagione, solo 14 partite, ma fu l'apripista di operazioni di calciomercato ancora oggi iconiche: Gunnar Nordahl sarebbe sbarcato in città nel gennaio successivo, Nils Liedholm e Gunnar Gren un anno dopo, mentre Gudmundsson faceva ritorno in Francia per proseguire una carriera da calciatore che una decina d'anni dopo avrebbe lasciato spazio a un'altra avventura, quella in politica, che gli permetterà negli anni '80 di diventare Ministro dell'Industria islandese.
Albert Gudmundsson, nato a Reykjavík nel 1923, era il bisnonno della seconda punta del Genoa. Anche lui attaccante, stesso ruolo in cui ha giocato il nonno, Ingi Björn Albertsson, tra i migliori marcatori all-time del campionato islandese. E poi il padre, Gudmundur Benediktsson, anche lui icona del calcio islandese passato alla storia nel 2016 per le sue colorite esultanze durante l'Europeo che vide Bjarnason e compagni grandi protagonisti. Se a tutto questo aggiungi una mamma che, a sua volta, ha fatto la calciatrice ad alti livelli capisci perché Albert Gudmundsson, anche lui nato a Reykjavík ma il 15 giugno 1997, abbia presto fatto del calcio la sua ragione di vita.
Oggi, a 26 anni, è la grande rivelazione di questo avvio di stagione in Serie A. Non la storia dell'enfant prodige, ma di chi va presto in Olanda per giocare nelle giovanili del PSV, ma a 21 anni decide di lasciare Eindhoven perché fatica a imporsi in prima squadra. Vola ad Alkmaar e all'AZ per tre anni e mezzo troverà decisamente più spazio e maggiori fortune.
Il Genoa lo acquista nel gennaio 2022, ultimo giorno di calciomercato, per poco più di un milione di euro nonostante un contratto in scadenza il successivo giugno. Ci crede, lo affida a Blessin che era arrivato qualche giorno prima e lo lancia subito titolare. Ma è quella la stagione della retrocessione in Serie B e Gudmundsson, gol alla Juventus a parte, vive mesi complicati.
Discorso diverso nell'annata successiva, discorso diverso con Gilardino in panchina. "Con lui sono libero", ha detto dopo la doppietta all'Udinese, la sua prima in Serie A. Grande protagonista della promozione, in estate è stato al centro delle attenzioni di diversi club italiani ma quando, ad esempio, è emerso il suo nome per sostituire Lozano, i tifosi del Napoli si mostrarono piuttosto contrariati a questa possibilità.

Quando Mateo Retegui lo scorso marzo viene a sorpresa convocato dall'ex commissario tecnico Roberto Mancini si trova, da un giorno all'altro, immerso in un mondo che non è il suo. L'Italia è un paese che non conosce, la Nazionale che accetta senza riserve una squadra che fino a quel momento aveva visto solo da Buenos Aires. Sbarca a Coverciano insieme al papà, Carlos Retegui, e al procuratore di fiducia Diego Maggiolo. Al Maradona per l'esordio con gol contro l'Inghilterra ci sarà tutta la sua famiglia, mentre a Malta per la gara successiva sono sempre loro due a seguire l'attaccante italo-argentino, nello stesso aereo in cui è presente anche il vice-direttore sportivo dell'Inter Dario Baccin.
Retegui in quei giorni è una mattina sì e l'altra pure il soggetto dei titoloni dei giornali sportivi. La sua storia diventa presto nota: il papà Carlos, soprannominato il Chapa, è stato campione di hockey sul prato e nel 2016 ha guidato da ct l'Argentina fino all'Oro Olimpico. L'hockey sul prato è sport praticato ad alti livelli anche dalla sorella e in precedenza dalla mamma, María de la Paz Grandoli, figlia di emigrante. E' tramite il nonno Angelo Dimarco, originario di Canicattì, che Mateo ottiene il passaporto italiano. Quel passaporto che ha dapprima permesso la convocazione di Mancini e poi - anche grazie ai gol contro Inghilterra e Malta - il suo approdo in Italia.
Nella corsa a Retegui ha avuto la meglio il Genoa. Ma prima del Genoa sono le due milanesi a trattare in maniera concreta il suo acquisto. Baccin di cui accennato poc'anzi vola a Malta con Carlos Retegui proprio per approfondire contatti e discorsi. Negli stessi giorni il Milan - tramite Paolo Maldini - si muove con insistenza. Come e più dell'Inter.
Succede poi che nei mesi successivi Retegui non troverà troppo spesso la via del gol: solo quattro da metà aprile a metà luglio con la maglia del San Lorenzo e nessuno nella successiva parentesi azzurra. I dubbi prendono presto il sopravvento sulle opportunità e tra quei dubbi delle big si inserisce il Genoa, club che a fine luglio mette a segno il colpo più importante della sua estate e ora si gode i frutti di una semina decisamente fortunata.

Gudmundsson e Retegui. Da un lato il miglior dribblomane di questa Serie A, dall'altro un attaccante anni '90 che ha in Vieri il suo modello di riferimento e nella ferocia agonistica il suo punto di forza. Tecnica sopraffina e fiuto del gol, giocate e zampate. C'è tutto nell'attacco di un Genoa che è tornato ad entusiasmare dopo stagioni complicate: c'è la certezza che partendo da questo attacco si possono rilanciare le ambizioni di una società che ha il dovere di guardare oltre la salvezza vista la storia che porta in dote. Anche se quest'anno, da neopromossa, la prospettiva è quella della conferma in questa categoria.

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