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La Roma vince, Mou la plasma. Una coppa per rinascere

di Luca Marchetti
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© foto di Federico De Luca

Ci rivoleva, forse, José Mourinho, per far tornare in Italia una coppa Europea.
Di sicuro ci rivoleva lui per far tornare a vincere la Roma, per dargli quella mentalità che serviva per arrivare fino in fondo a una competizione e per sollevare un trofeo.
Il valore di una vittoria non dipende dalla competizione. E’ ovvio e scontato dire che la Conference League non è la Champions, non è la coppa del Mondo, non è un campionato. Ma è una vittoria e vincere non è né scontato né facile. Anzi è difficilissimo, soprattutto a Roma.
In Europa l’unica affermazione era nella coppa delle Fiere nel 1961. Negli ultimi 20 (dallo scudetto insomma) due coppe Italia con Spalletti. Negli ultimi 10 anni nulla, solo delusioni (le finali di coppa Italia perse, una contro la Lazio…).
E’ servito un condottiero, un capopopolo come Mourinho per ridare questo tipo di gioia alla Roma e al popolo romanista.
Non si poteva pensare di iniziare in maniera migliore un ciclo con Mourinho. Ha fatto spendere sul mercato alla famiglia Friedkin, ma ha subito portato a casa qualcosa, soprattutto con un cambio deciso di passo e con una sintonia straordinaria con l’ambiente.

Mourinho è questo. E’ un aggregatore, è un vincente, è un predestinato. Ha vinto la quinta finale europea su cinque giocate. E le ha vinte con squadre in cui lui ha dato tutto, in cui si è sentito parte del progetto fin dentro le viscere. Anche quando ha giocato contro. Anzi forse si è esaltato. Lui si esalta. Lui esalta. Porto, Inter, United e Roma. Tre coppe diverse, quattro storie diverse, cinque vittorie. Quella mano, orgogliosa che gira mimando il cinque durante i festeggiamenti racconta il Mou sicuro di sé, quello strafottente, la roccia. Quel pianto coperto dalla mano, quasi pudico, la necessità di riordinare le idee racconto di un Mourinho catartico, che si mette in sintonia con il suo popolo. E un innamorato come ha detto lui.

E’ una Roma giovane e con futuro. E’ una Roma che ora può pensare come ha detto il suo capitano Lorenzo Pellegrini già al futuro senza cullarsi su questo successo. Perché deve essere un punto di partenza. Deve essere da qui che seguendo l’esempio del capitano i giocatori capiscano che è un progetto che deve partire, non deve fermarsi qui. Proprio quelle parole testimoniano quanto Mourinho sia entrato nella testa dei giocatori e abbia cambiato anche i pensieri, dove ha trovato terreno fertile. Le sue scelte sono figlie anche di questo. Anche quelle tecniche. Anche quelle fatte dopo Bodo che hanno spaccato lo spogliatoio e che hanno creato una svolta (in qualunque senso) nella stagione giallorossa.
Ora bisogna mettersi in testa di continuarlo questo progetto. Giovani e qualità, mentalità, cuore, unità. La Roma riparte da dei punti fissi senza dubbio: da Pellegrini che è stato l’architrave di questa squadra, il giovane saggio che sa sempre ritrovare equilibrio, Abraham che ha trovato una sua dimensione importantissima con i suoi gol e la sua presenza in area, Smalling che ha piantato le tende nell’area di rigore e rispolverato i suoi colpi da campione. Su questo asse si sono innestati e si innesteranno gli altri: Zaniolo che stasera ha firmato questa coppa e che tante altre ne vorrà firmare garantendo più continuità, Spinazzola che si meritava questa gioia dopo la sofferenza durata quasi un anno, Mancini che si conferma sempre più leader (si togliesse qualche giallo sarebbe perfetto). A fare i nomi si rischia sempre di tenere fuori qualcuno e fare torti non voluti: quindi cancellate e tornate indietro. La Roma è diventata una squadra. Dove ci sono i giovani che Mourinho non ha mai avuto paura di lanciare, anche durante una finale.
E poi la gioia di aver vinto come “sistema Italia” una coppa Europea. Mancava dal 2010 (guarda un po’ ancora Mourinho!). La Roma ha nobilitato l’Europa. Per anni abbiamo snobbato l’Europa League (pentendocene): con la conference siamo subito partiti bene

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Giovedì 2 Maggio 2024
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