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La lezione di Barcellona, (antipasto prima della Juve) e il rammarico del Napoli: le prestazioni non valgono allo stesso modo

di Luca Marchetti
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© foto di Federico De Luca

Solo la Juve fa risultato pieno con una prestazione convincente in questa due giorni di Champions, ma la prestazione dell’Inter a Barcellona deve essere valutata al di là del risultato. Perché è vero che nel finale è calato il ritmo, e che nel secondo tempo i blaugrana hanno registrato le cose che non andavano nei primi 45 minuti e hanno sfoderato alcune giocate degne della loro fama. Il primo gol di Suarez è una prodezza, così come la giocata per il raddoppio e il definitivo sorpasso. Ma l’Inter ha giocato con consapevolezza e a tratti con autorità. Il primo tempo avrebbe meritato anche di essere in doppio vantaggio, ma come diciamo spesso la Champions i particolari fanno la differenza. I fuoriclasse fanno la differenza, ma la prestazione c’è stata, eccome. E’ vero che a Conte i complimenti (dopo una sconfitta così) non piacciono poi così tanto. Ed è vero che l’Inter avrebbe dovuto capitalizzare meglio, ma la partita di Barcellona è sicuramente un eccellente biglietto da visita sul lavoro che ha impostato Conte. Nel gioco e nella mentalità. Ed è un altro piccolo-grande step per la consapevolezza di essere sulla strada giusta, al di là dell’amarezza della serata. E alle porte c’è proprio Inter Juventus, la sfida fra le italiane, in questo momento più in forma. Nel giro di 4 giorni l’Inter ha i due grandi esami di maturità. E il primo non è andato bene solo per il risultato. Che è importante nel calcio, ci mancherebbe. Ma in questo momento, per avere la solidità di un progetto che sta nascendo, è altrettanto importante la prestazione.
La Juve ha dimostrato – allo stesso tempo – di aver cominciato ad acquisire la filosofia di Sarri. La prestazione autorevole contro il Bayer ha riconsegnato al campionato italiano una squadra sicura di sé e di grande qualità. Ecco perché l’attesa per Inter Juve ora è ancora più grande. Ed ecco perché – comunque vada – sarà un bello spettacolo.
Chi dovrà dare invece risposte più solide – in termini di risultati – in campionato è invece il Napoli: in questo caso la prestazione non basta. Perché il percorso iniziato da Ancelotti ha radici più profonde e ha già dimostrato di essere un progetto interessante. Il Napoli si è fermato sotto porta: tre legni, grandi occasioni da gol mancate, salvataggi sulla linea. Ma non è bastato a piegare il Genk.

L’ultimo gradino che dovrà scalare il Napoli è proprio quello di essere più cinici. Intanto (come è successo alla Juve in queste ultime due partite) la fase difensiva ha sicuramente registrato dei passi in avanti. Ma in attacco (e la rotazione non c’entra nulla) bisogna essere più incisivi. Altrimenti si rischiano di perdere punti troppo importanti, sia in campionato che in Champions. E – tornando al turnover – non può essere sicuramente la causa della mancata vittoria del Napoli, la volontà di Ancelotti di cambiare gli interpreti delle partite. Perché la partita il Napoli l’ha fatta. L’unico neo, da questo punto di vista, potrebbe essere soltanto la tribuna di Insigne, che immaginiamo non l’abbia presa benissimo, nonostante le rassicurazioni di Giuntoli nel prepartita. Ed è anche normale che sia così: i grandi giocatori le vorrebbero giocare tutte, si arrabbiano quando vanno in panchina o vengono sostituiti, figuriamoci se le scelte impongono la tribuna. Ma a Napoli alle rotazioni dovranno abituarsi: per primi i giocatori. Importante è però che non ci siano scorie…
Stasera toccherà a Lazio e Roma chiudere la tre giorni europea. La Lazio è “costretta” a vincere: più per sé stessa che per l’Europa. La Roma proverà a sperimentare come si gioca senza Dzeko (autentico totem in questo avvio di campionato) e senza Lorenzo Pellegrini che sarà assente per un paio di mesi. Non sarà scontato sostituirlo, in questo periodo, visto che il trequartista giallorosso è stato decisivo praticamente in tutte le partite della Roma, allo stesso modo del bosniaco.
La giornata di oggi ci ha regalato anche una splendida storia: quella di Gagliolo, convocato dalla nazionale svedese. Dai dilettanti a una nazionale, passando per due campionati di serie B vinti sul campo, con la capacità di mettersi sempre in discussione e a disposizione. Non è la prima volta che succede una cosa del genere: Margiotta ha giocato con il Venezuela, Max Vieri con l’Australia, Lapadula era stato cercato dal Perù, Acquafresca dalla Polonia, Pepito Rossi dagli Usa. Ma è comunque una rarità e soprattutto una grande soddisfazione per lui!
L’ultima considerazione su Giorgio Squinzi, scomparso poche ore fa dopo una lunga malattia. Dopo aver vinto tutto nel ciclismo, ha costruito un gioiello a Sassuolo. Prendendolo nel 2002, praticamente retrocesso nei dilettanti dalla C2 (dopo aver perso un playout, ma poi ripescato), portandolo dopo 10 anni in serie A e non interrompendo mai la sua salita. Ha continuato a far crescere questo piccolo paesino che ha imposto nel calcio dei grandi fino a farlo esordire in Europa League. Ha dato, nel corso degli anni, tre giocatori alla Nazionale Italiana, ha lanciato allenatori importanti come Di Francesco e Allegri. E’ stato uno dei primi ad avere uno stadio di proprietà, aveva appena inaugurato un centro sportivo all’avanguardia e non è mai retrocesso nei suoi 17 anni di “presidenza”. Ha dimostrato al mondo del calcio che con una grande organizzazione, con una visione chiara, con dei dirigenti capaci, sapendo scegliere gli uomini (di campo e non) si può fare impresa anche nel calcio.

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