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Juve, servono cinque campioni altrimenti senza giocatori non riparti. Jorginho o Paredes. Ecco come Allegri ha buttato via la Coppa Italia

di Enzo Bucchioni
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© foto di Federico De Luca

E’ finito un ciclo, ora se ne sono accorti tutti. Meglio tardi che mai, direbbe il banale, perché come scritto più volte su questo editoriale, in realtà il ciclo era già lfinito due anni fa, l’hanno tenuto in piedi con la bombola ad ossigeno, e in questo periodo senza idee e fatto solo di tentativi, è stato sprecato tempo e denaro.
Cos’è oggi la Juventus?
Ognuno di voi dia una risposta in tutta serenità.
E’ una squadra solida? No.
Ha un gioco e una base di lavoro sulla quale appoggiarsi per ripartire? No.
Ha un allenatore moderno, pieno di energie da mettere al centro del progetto futuro, in grado di far crescere tutto e tutti? No.
Ci sono campioni capaci di prendersi la squadra sulle spalle e far crescere gli altri? No.
Oggi, e mi dispiace per quello che rappresenta per i suoi quindici milioni di tifosi e il brand mondiale, la Juve è una squadra con tre giocatori sopra la media (Vlahovic, Chiesa, Deligt), alcuni dai quali ci si aspetta di più (Locatelli, Rabiot e McKennie) e poi c’è la vecchia guardia (Cuadrado, Bonucci, Danilo) ai titoli di coda. Non c’è altro, solo contorno poco saporito.

Dybala se ne va. Morata difficilmente sarà riscattato. Gente come Arthur o questo Alex Sandro forse è meglio non averli.
Non serve un genio calcistico per capire cosa resta di un decennio straordinario, con un capitolo speciale sui libri di storia: oggi ben poco.
Tanto più con in panchina un allenatore che le squadre non le costruisce, ma le gestisce.
Nessuno dimentica che Allegri è stato bravissimo a portare avanti per cinque anni la Juventus, ma quella squadra l’aveva costruita un certo Antonio Conte e Allegri è stato grande solo nel gestirla.
Come si riparte oggi da questa base bianconera che ha la solidità del polistirolo?
Servirebbero tanti soldi e tanti campioni, ma la situazione diventa ancora più preoccupante se diamo retta all’uomo dei conti, Arrivabene, che ha detto chiaramente sere fa: “Sul mercato non faremo fuochi d’artificio”.
E’ strategia?
Un modo per mascherare le intenzioni?
O la cruda realtà visto che la Juve ha in sospeso da pagare circa centosessanta milioni fra Chiesa (quaranta milioni da versare subito alla Fiorentina) e le rate di Vlahovic (settantacinque milioni) e Locatelli (cinquanta milioni)?
Se ci mettiamo a tavolino con una normale mente e pensiamo calcio, non possiamo non arrivare a una considerazione imprescindibile: per ripartire alla Juve servono subito almeno, e sottolineo almeno, cinque campioni o giocatori importanti. Sopra la media.
Come faranno a comprarli non lo so, ma è evidente che serviranno un difensore centrale che prenda il posto di Chiellini, un attaccante che sostituisca Dybala, due se va via anche Morata. E poi quel regista che oggi non c’è e un esterno basso di difesa che dia il cambio a Cuadrado o un titolare della fascia sinistra. E poi non lo vogliamo prendere un bel centrocampista che faccia dimenticare le amnesie di McKennie e Rabiot? Fate voi.
Comprare campioni è una condanna che la Juve si è inflitta nel momento in cui ha riportato a casa un allenatore-gestore preferendolo a un allenatore giochista.
Allegri non può gestire giocatori da costruire perché non è il suo modo di fare calcio e perché farebbero la fine di Kulusevski o potrebbero subire l’involuzione di Vlahovic, Locatelli, ma anche di Chiesa che, ricordiamolo, prima dell’infortunio era discusso.
Se non interessa il gioco, se l’organizzazione non è una priorità, la Juve deve dare ad Allegri solo dei campioni. Naturalmente se vuole ripartire in fretta.
Viceversa, con Allegri e pochi innesti, la Juve non tornerà competitiva a breve né per lo scudetto né per la Champions, desiderio di sempre.
E allora ben vengano i nomi accostati alla Juve nelle ultime settimane. Solo da quelli si deve ripartire tipo Milinkovic Savic che per me sarebbe molto più funzionale di un cavallo di ritorno stanco come Pogba e non so quanto motivato. Servono settanta milioni.
Ben venga anche uno fra Jorginho o Paredes perché Allegri senza regista basso va in difficoltà. E davanti la potenza di Zaniolo sarebbe tanta manna, come il titolo di coda di un Di Maria sempreverde o la rapidità di Raspadori per il quale però servono 35 milioni.
In difesa è sfumato Rudiger andato al Real, ma non si può prescindere da uno così. Oppure da un Emerson Palmieri di ritorno per la fascia sinistra.
Nomi tosti, capite bene che per questi cinque-sei giocatori che all’organico oggettivamente mancano, servono altri duecento milioni o quasi.
A questo punto non so se dar retta a Arrivabene, come detto, o se è meglio ricordare le parole del padrone John Elkann che mesi fa disse che i soldi per la Juve ci sono sempre e la vicinanza pure.
Il mercato chiarirà i dubbi, in estate sapremo se la Juve è quella del rilancio immediato o del vivacchiare con il vecchio calcio di Allegri.
E qui mi domando come fior di dirigenti bianconeri, ma anche consiglieri ed ex giocatori nell’entourage juventino, facciano finta di non capire e si rifiutino di leggere quello che è spesso accaduto in campo quest’anno e, soprattutto, quello che s’è visto l’altra sera a Roma nella finale di coppa Italia. La mente è ancora calda.
In finale s’è visto tutto quello che può dare Allegri, dalla personalità, la voglia, la capacità di fare gruppo, ma anche gli enormi limiti di un modo vecchio di fare calcio e di certe idee che non funzionano più.
La Juve aveva rimesso in piedi la partita, l’aveva in mano e l’ha buttata via nel momento in cui Allegri ha deciso di blindare il risultato con la difesa a cinque, abbassando il baricentro. Facile dirlo ora, commenterà qualcuno, ma visto che le registrazioni ci sono, io mi sono permesso di dirlo in diretta commentando la partita per Radio Sportiva, quando era ancora in alto la tabella luminosa delle sostituzioni. E’ stato un autogol tattico. Difesa e contropiede non funziona più se non hai la BBC dei bei tempi, i centrocampisti e gli attaccanti della Juve che fu e che Allegri gestì benissimo.
Oggi è un’altra storia e in questa storia l’allenatore livornese fa fatica, il nervosismo dell’altra sera, mai visto prima, è un enorme segnale di frustrazione e di impotenza.
La Juve s’è portata l’Inter in casa, prima nella sua metà campo e poi in area e i nerazzurri che sono più forti, hanno qualità e giocatori rapidi, vicino alla porta hanno fatto male. Al di là dei rigori, se date la colpa ai rigori non centrate il problema.
E, attenzione, non critico l’idea di difendersi, la difesa è sacrosanta, ma non va bene l’atteggiamento passivo che predica Allegri.
Oggi la difesa vera è quella delle squadre organizzate, ma la Juve non lo è.
Si difende con il pressing alto e andando a chiudere le linee di passaggio, ma lo sanno fare le squadre che giocano tutte assieme e da squadra si muovono, unendo le individualità al gioco.
Il corto muso non funziona più e Allegri è nudo, non può più attaccarsi neppure agli almanacchi perché quest’anno sui libri non ci sarà traccia della Juventus. Sparita. Zero titoli. Mai in corsa per lo scudetto.
E quando hai il monte ingaggi di gran lunga più alto di tutto il campionato di serie A e un organico come quello della Juve che è comunque più forte del Milan e almeno alla pari con Inter e Napoli, certe stagioni dovrebbero far riflettere.    

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