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Club contrari, contratti a rischio, ricorsi a prescindere, giocatori da isolare e altre rogne: far ripartire il calcio è legittimo, pensare a un piano B è essenziale. E sul mercato…

di Fabrizio Biasin
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© foto di Alessio Alaimo

Ben ritrovati dalla quarantena. Questa settimana nel mio condominio sono successe un sacco di cose elettrizzanti. Non è vero, è successo quasi nulla. La più elettrizzante è capitata domenica perché una signora del secondo piano ha fatto la peperonata e ci siamo ritrovati in due alla finestra ad annusare l’aria. Mi fa: “Hai fatto tu la peperonata?”. E io: “No, credo quella del piano di sotto”. “Ah, ok, buona la peperonata”. “Già, buona”. Mentre rientravo ho distintamente sentito la compagna del mio vicino che diceva “con chi stavi parlando?”. “Con Biasin, quello pelato”. Se stai leggendo, sappi che ho sentito. E comunque pure tu non sei Cocciante, fattene una ragione.
L’altra cosa da segnalare qui dal mio condominio è che l’amministratore ha mandato una lettera a tutti per annullare l’annuale assemblea. Ho pensato: “Per una volta che c’eravamo tutti”. Ok, il livello è questo, chiedo scusa. Il dato di fatto è che le feste alla finestra e sui balconi a cantare “azzurroooo, il pomeriggio è troppo azzurroooo” sono durate come Lazaro all’Inter.
Ma parliamo di calcio. È tutto pronto, si riparte. Oh, ci hanno detto così. Ci si prova, almeno, e la cosa è buona e giusta. Cioè, davvero, un tentativo va fatto perché ci sono milioni e milioni di motivi (in euro) per tentare, solo bisognerebbe riuscire a far rientrare la logica nel discorso. E al momento, la logica, è da un'altra parte. Soprattutto leggendo e rileggendo il famoso “protocollo per ripartire”.
Ci hanno detto che se un giocatore dovesse risultare positivo verrebbe messo in isolamento e i suoi compagni monitorati come si deve.

Sì, ok, loro l’hanno detta meglio, ma il senso è quello. Ma è una cosa davvero fattibile? Almeno otto club su venti (notizia di ieri sera) non sono d'accordo.
Ci hanno fatto intendere che ogni club dovrà fare analisi a raffica e adeguare le sue strutture alla “modalità quarantena”, con tanto di spese non indifferenti e obbligo di tamponare questo e quello come se non ci fosse un domani. Quanti club saranno in grado di stare al passo? Pochi, è un dato di fatto.
Non ci hanno detto cosa accadrebbe se il giocatore X dovesse malauguratamente farsi male – che ne so – alla caviglia. Lo mandi alla clinica Salcazzo a curarsi? Eh no, non puoi. Lo lasci in uno sgabuzzino in attesa di tempi migliori? Boh.
Non ci hanno detto cosa sarà dei contratti dei giocatori con scadenza 30 giugno. O meglio, qualcuno assicura “verranno prolungati”, ma pare non sia così semplice. In quel caso dovremmo fare i conti con rose “modificate”. Ma mettiamo pure che si riescano a prolungare tutti i contratti: se anche così fosse, tu calciatore X che giochi per la squadra Y e hai già un accordo per giocare con la squadra Z, sarai così professionale da metterti a disposizione o penserai ai fattacci tuoi? Confidiamo nell’ipotesi A.
Lasciamo perdere le altre questioni: dalle “porte chiuse” (tocca abituarsi, almeno fino all’anno nuovo), alla stagione 2020-21 che rischia di partire in ritardo, dal var (sì o no?), alla scelta sui luoghi dove far giocare le 20 squadre (solo al sud? Dappertutto? Anche in Lombardia e Piemonte dove la situazione è ancora “a rischio”? Boh). Ok, lasciamo perdere tutto e poniamoci una domanda: siamo così convinti che si stia pensando realmente alla ripartenza o, forse, a Palazzo stanno temporeggiando in attesa che sia il governo a dire “stop”? E il governo avrà il coraggio di farlo? Il dubbio è lecito.
Altra cosa. Dicono: se non si termina la stagione fioccheranno i ricorsi. È vero ma - sentite qua - vi confidiamo un segreto: se i club non potranno giocare nel loro stadio o comunque con “pari condizioni” i ricorsi fioccheranno a prescindere. In entrambi i casi - "si prosegue o non si prosegue" - ci vorrebbe un convinto intervento dall’alto ma, diciamolo, nel calcio l’idea che ci sia qualcuno in grado di imporre decisioni incontestabili pare francamente illusoria. Nel caso, il presidente X salterebbe fuori al grido di “farò ricorso contro chi mi dice che non posso fare ricorso!”. E buonanotte ai suonatori.
Ecco, insomma, il calcio deve ripartire il prima possibile, davvero, ma è importante anche che si ragioni su un piano B di qualche genere, altrimenti ci ritroveremo a dire “eh, ci abbiamo provato” ma saremo curiosamente punto e accapo... E con due mesi di ritardo.
Ah, il mercato. Sulle faccende mercatare non c’è nulla da dire, o magari sì, ma viene difficile ragionare su questioni tipo “questo prende quello e quello prende quell’altro” perché neppure sappiamo quando sarà organizzato, il mercato.
Mettiamola così, se è vero quel che si legge e cioè che svariati club stanno chiudendo trattative “a distanza” per questo e quel giocatore, allora abbiamo finalmente scoperto a cosa servono le decine di pranzi e cene estive tra direttori sportivi e agenti dei calciatori: a mangiare.

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