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Allegri e la sua Juve virtuale, come sempre nel calcio vincono gli assenti. Eppure due titolari su tre a centrocampo non erano nei piani ad agosto

di Andrea Losapio
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© foto di Lorenzo Di Benedetto

Nel corso della chiacchierata più intervista di sempre, Massimiliano Allegri ha detto che la sua, finora, è una Juventus virtuale. Perché è stata pensata e concepita con un centrocampo a tre con Pogba, Paredes e Rabiot. Al netto di ammettere che certamente è una buona mediana, almeno sulla carta perché le figurine poi non vincono i campionati, bisogna anche essere onesti intellettualmente nel dire che a inizio agosto Rabiot era quasi un nuovo giocatore del Manchester United, al netto delle bizze della mamma Veronique fra stipendio faraonico e commissione altrettanto. E che Leandro Paredes è arrivato dal Paris Saint Germain nelle ultime ore di mercato, dopo quattro partite giocate, e che facilmente poteva anche non essere liberato. Basti pensare a quello che è successo per Keylor Navas fra Napoli e Olympiakos, non tutte le ciambelle riescono con il buco. Quella di Paredes sì, ma è singolare improntare un centrocampo su dei calciatori che, di fatto, non ci sono stati. O che non dovevano esserci, come Rabiot.

È chiaro che la Juventus con Di Maria, Pogba, Rabiot, Szczesny, Chiesa sia più forte dell'attuale. Ma in campo si va sempre in undici e le figure rischiano di esserci comunque. Come con la Salernitana, due a zero fino a dieci minuti dalla fine in una sfida che sembrava oramai incanalata. Poi la foga può fare brutti (o bei) scherzi, riportando la Juve in linea di galleggiamento prima e poi vincere la partita, come fatto con il regolare colpo di testa di Milik. Già era una situazione - molto - al limite senza Candreva, lì è stato un errore gravissimo come quello di Acerbi in Spezia-Lazio. Il problema è che nel calcio vince sempre chi non c'è. Come Ronaldo nella finale del 1998 tra Brasile e Francia, oppure Nedved in Milan-Juventus del 2003. Eppure il Portogallo nel 2016 ha vinto anche senza Cristiano il suo Europeo.

La qualità dei giocatori fa sempre la differenza, è vero. Ma se il Milan dell'anno scorso è diventato Campione d'Italia senza un attaccante da doppia cifra, se l'Atalanta per anni è arrivata in Champions, se il Leicester ha vinto il campionato con Ranieri, evidentemente qualche cosa va anche aggiunto. C'è un'alchimia che in questa Juventus non c'è e per ora non si vede. Allegri è sempre partito male per poi correggere il tiro, l'ha fatto l'anno scorso ed è evidente che probabilmente lo farà anche quest'anno, che poi riesca a vincere questo è un altro bel paio di maniche.

Si vedrà. Quel che è certo che appare uno scollamento abbastanza evidente fra la società - forse le anime della società, probabile si viva di correnti fra Allegri e Arrivabene, anche solo per quanto successo con Pogba - e l'allenatore, figlia anche di alcune incomprensioni e di alcune dichiarazioni come quella, oramai famigerata, dell'amministratore delegato a Torino. Una battuta che, ovviamente, doveva essere tale. Ma poi la Juventus perde con il Benfica e succede quel che succede. La verità è che, per rispondere a una domanda di Allegri di ieri in conferenza stampa, se la Juve avesse vinto mercoledì scorso, si sarebbe detto quel che tutti pensano: cioè che la Juve gioca male e vince di corto muso. Ad Allegri è sempre bastato quello. Ora che non c'è più, che cosa si inventerà?

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Sabato 27 Aprile 2024
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