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Rustico: "Calcio, vita dorata ma militare. Nell'agricoltura ho trovato la libertà"

di Gaetano Mocciaro
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Calciatore, assessore, contadino. Tre mestieri totalmente differenti, ma con un comune denominatore: Fabio Rustico. L'ex difensore dell'Atalanta, caso più unico che raro, ha lasciato la Serie A nel pieno della carriera portando la sua vita a una doppia svolta, prima nella politica e oggi nell'agricoltura. Oggi ha 44 anni e vive in Sicilia. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci raccolta le sue scelte di vita:

Fabio Rustico, ieri calciatore oggi agricoltore. In mezzo la politica. Cominciamo dal presente
"Vivo tra Mazara del Vallo e Pantelleria e ogni 20 giorni torno a Bergamo, dai miei figli. Cerco di fare l'agricoltore ma senza velleità di fare grandi vini o grandi oli. Certo, faccio un olio che sto vendendo negli ultimi anni ma non mi interessa entrare nel circolo del business, delle fiere. Me ne sto volentieri fuori ed eventualmente se devo farlo lo farò a modo mio. Amo le coltivazioni biologiche, vini naturali. Nel mio piccolo mi piace occuparmi di questo".

Cosa ti ha portato a fare l'agricoltore?
"La mia è una scelta dettata da spasmodica ricerca di libertà. La mia idea è creare una fattoria dove piano piano possa ricreare un piccolo microcosmo a mia immagine e somiglianza".

Sei solo in questa nuova occupazione?
"In base al periodo dell'anno ci sono più o meno persone che collaborano, fra vigneti che sono voraci di ore di lavoro e uliveti. E poi c'è tanta burocrazia e parte del tempo è fatta di corse tra uffici e ispettorati. Una vita scandita dal germogliare e dal raccolto. Ogni anno è sempre uguale e sempre diverso. Ad esempio quest'anno la siccità ci sta preoccupando".

Qual è la tua giornata tipo?
"Sveglia alle 5 se è d'inverno. D'estate alle 4.30 e alle 5.15 sono in campagna a organizzare il lavoro. Poi dipende dalla giornata: puoi stare sempre in campagna o al trattore, oppure in giro per uffici a sbrigare pratiche. Ho diciamo delle certezze che sono quelle del rientrare a casa per pranzo. Quando è estate si ricomincia a lavorare nel tardo pomeriggio e a giugno luglio ad esempio ariamo e trattiamo in vigna di notte".

Un lavoro che comporta enormi sacrifici
"La campagna ha bisogno di due cose principali: passione e pazienza che devono essere in dosi massicce. Ci sono problemi come in qualsiasi attività, però sei libero all'aria aperta, ti gestisci le giornate come vuoi. Certo, a volte sembra di essere schiavo perché non c'è sabato o domenica. Ma il più delle volte apprezzi questa libertà. Cerco di riappropriarmi di alcuni valori come l'aria aperta, il mangiare fresco. E soprattutto questo è un lavoro dove non hai gerarchie all'infuori della terra e delle piante. Quando sei in questi posti e vedi le campagne infinite hai un senso primordiale di libertà che è impagabile. E per me è il lavoro più bello al mondo".

Nello specifico in che modo arrivano le entrate?
"Ho preso tanta terra, abbiamo 100 ettari e abbiamo grano, uliveti, vigneti. Vendiamo l'uva tramite cantine o privati. Vendiamo il grano tramite pastificio e vendiamo l'olio. A ciò vanno sommati i contributi europei che sono calcolati in base a quanti ettari hai e a quale tipo di cultura hai. Un domani si può pensare di fare agriturismo. Ma vorrei farlo a modo mio, molto rurale. Diciamo che se avessi avuto come obiettivo dei redditi alti non avrei fatto questo mestiere. La mia è una scelta di vita precisa, magari austera ma ponderata. Una forma di lusso alternativo, se vogliamo. E devo anche aggiungere che la campagna e l'agricoltura sono stimolanti dal punto intellettuale, perché ti porta a studiare la terra e ciò che è necessario per quel che riguarda il risparmio energetico e idrico".

Sorprendente pensando a ciò che hai lasciato: la Serie A e guadagni importanti
"Il calcio è una vita militare. Dorata, sì. Ma militare. A qualcuno magari piace ma io non cambierei mai la vita attuale in campagna per tornare a giocare a calcio, anche se i guadagni sono chiaramente diversi. Sembra un'eresia, ma il calcio è il lavoro più stressante. E non per quello che fai, ma per quello che gira attorno".

Tra il calcio e l'agricoltura c'è stata anche l'esperienza in politica
"Se non ci fosse stata essa avrei continuato probabilmente a giocare. Anche lì, per molti la mia scelta è stata una follia vista la differenza economica. Mi era stato proposto di partecipare alle elezioni al fianco del candidato sindaco, che aveva intuito che la cosa potesse interessarmi. Ho accettato e sono diventato assessore allo sport del Comune di Bergamo. L'ho fatto per un periodo in cui ero anche calciatore, poi finito il contratto con l'Atalanta ho fatto una scelta, abbandonando il calcio per dedicarmi alla politica. È stato estremamente stimolante, impegnativo e capisci meglio certe cose: la difficoltà delle procedure, affrontare scelte a fronte di scarse risorse finanziarie, la gestione dei dibattiti pubblici".

Ci sono similitudini col calcio?
"Il calcio, come la politica, è un mondo popolare e non ha nulla di diverso dalla vita normale se non per il fatto che è vissuto in modo più intenso, concentrato ed esasperato. Il calciatore a 20 anni è chiamato ad affrontare cose con una esposizione mediatica, una pressione, che altri non hanno".

Perché hai scelto di stabilirti in Sicilia?
"I miei genitori sono di Mazara del Vallo e io sono legatissimo a questa terra. Amo il sud e qui ci sono atmosfere che mi portano a rimanescenze primordiali che mi fanno stare bene. Sono in una città con grandi influenze arabe ed è motivo di fascino. E poi la vita qui, dove piccoli gesti quotidiani assumono altra valenza. Nel Nord d'Europa c'è il miglior welfare in assoluto ma al tempo stesso il maggior numero di casi di depressione e alcolismo. Qui stai all'aperto e trovi nella luce, nel vento e nell'intensità cromatica dei paesaggi la felicità".

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