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ESCLUSIVA TMW - Iakovenko: "A Firenze volevo cambiare il sistema. Ora faccio il procuratore"

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Federico De Luca

Dopo aver appeso le scarpe al chiodo a soli 29 anni, Oleksandr Iakovenko è diventato un agente di calciatori in rampa di lancio. La sua agenzia, la 16 Football Agency, cura gli interessi di alcuni fra i più interessanti prospetti ucraini. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua nuova vita e la sua esperienza:

Oleksandr, come è nata l'idea di fare il procuratore?
"Ero arrivato a una fase della mia carriera nella quale o andavo a giocare in una squadra piccola, cosa che non mi andava visto il percorso che avevo fatto, o inizi a pensare a qualcosa di diverso. Io ho scelto la seconda opzione. Ho avuto la fortuna di ricevere la proposta di colui che ora è il mio socio d'affari, Ivan Pirozhenko (ex vicepresidente della Federcalcio ucraina, ndr), e ho cominciato a lavorare come agente. Abbiamo un rappresentante per l'Italia, Leonardo Limatola, che cura i rapporti con le società".

Quali sono i vostri target?
"Al primo anno rappresentavamo già sette giocatori della nazionale ucraina. Giocatori quindi di buon livello ma non giovanissimi. Abbiamo deciso di cambiare profili nel tempo, passando a ragazzi più giovani con i quali intraprendere un lungo percorso insieme. A differenza dei 30enni che cercano solo il guadagno, nei giovani troviamo la vera passione per il calcio. Ivan è colui che sta più dietro ai ragazzi, li chiama ogni giorno, diciamo che gli fa anche da mental coach. Io faccio più da intermediario con i club, grazie al fatto che ho giocato in 5 paesi diversi e ho conoscenze ramificate, oltre a poter parlare diverse lingue. È un lavoro che mi piace, siamo già al terzo anno di attività".

Un paio di nomi da suggerire?
"Abbiamo tanti talenti, ancora giovani. C'è Mykyta Burda, difensore della Dinamo Kiev, per il quale l'anno scorso abbiamo parlato con la Roma".

Oggi sul taccuino delle italiane c'è Vladyslav Supryaga. Lo vedremo in Serie A
"È certamente possibile, ma l'unico che può decidere è il presidente della Dinamo Kiev. E poi al tecnico Mircea Lucescu piace, vorrebbe tenerlo".

C'è il Bologna su di lui?
"Sì, ma in generale molte squadre italiane".

Facciamo un passo indietro e parliamo dello Iakovenko giocatore: come mai ti sei ritirato così presto?
"Hanno influito diversi fattori. Fondamentalmente ero stanco a livello mentale. Mi sono ritrovato in una situazione dove per vari motivi giocavo poco e niente e ogni volta era un ricominciare da zero. E non mi andava più".

Alla Fiorentina le cose non sono andate come sperato
"Una concomitanza di cose. Intendiamoci, buona parte delle colpe è mia. Devo dire che ho vissuto momenti difficili: stavo sempre in panchina, poi fuori squadra. Poi ho preso delle decisioni sbagliate che certamente se potessi tornare indietro non rifarei".

A cosa ti riferisci?
"A un certo punto ero fuori dal progetto della Fiorentina ed ero in vendita. C'erano dei club in Spagna che erano disposti a prendermi a titolo definitivo e io ho detto: 'No, resto e dimostro il mio valore a Firenze'. E alla fine non ho dimostrato nulla, perché se non fai parte del gruppo diventi un esubero, non c'è più spazio per te. Io volevo andare contro questo sistema, cambiare il sistema. Chissà che mi ero messo in testa".

Qualche apparizione il primo anno, poi il prestito al Malaga
"Io sono un esterno d'attacco, ruolo che non era concepito nel 3-5-2 di Montella. Così sono stato adattato come attaccante. Il punto è che se non segni la prima volta e nemmeno la seconda poi è difficile mantenere la fiducia del tecnico. Gli infortuni hanno poi fatto il resto perché uno con il mio fisico ha bisogno di tempo per recuperare bene e in un club importante come la Fiorentina tempo non ce n'è".

Per le tue caratteristiche sarebbe stato meglio il 4-3-3
"Sì, ma tanto dopo che sono tornato dal Malaga non rientravo più a prescindere in nessuno schema (ride, ndr)".

Tre anni in viola che hanno poi condizionato il prosieguo
"Quando ho chiuso sono andato alla Dinamo Kiev ma ero fuori forma. Non giocavo da 9 mesi, periodo in cui mi allenavo da solo. Prima di carburare ci ho messo tanto, ho iniziato a giocare bene nel finale di stagione ma ormai la società aveva deciso di non continuare con me. Da lì la mia decisione di andare via".

Rimpianti?
"Come detto, col senno di poi avrei fatto sicuramente scelte diverse. Ma ho fatto tesoro delle esperienze vissute e degli errori commessi, perché posso mettere a disposizione questa esperienza per i miei assistiti, al fine di dargli i giusti suggerimenti".

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