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ESCLUSIVA TMW - Guzman, l'addio al calcio per abbracciare la fede: "Sono pastore in Paraguay"

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Luigi Gasia/TuttoNocerina.com

Tomás Guzmán è una vecchia conoscenza del calcio italiano: dal 2000, quando arrivò giovanissimo alla Juventus, fino al 2012 quando ha cercato di aiutare il Gubbio a mantenere la storica Serie B conquistata qualche mese prima, ha girato in lungo e in largo la nostra penisola: Ternana, Messina, Crotone, Siena, Spezia e Piacenza le sue tappe. Prima di far ritorno in Paraguay, dove attualmente vive. Il calcio oggi è alle spalle e ha intrapreso un percorso religioso che porta avanti da qualche anno. È lui stesso a raccontarci la sua storia, in una lunga intervista a Tuttomercatoweb:

Tomás Guzmán, di cosa ti occupi oggi?
"Sono rientrato in Paraguay otto anni fa. Ho fatto altri tre anni di calcio, prima nell'Olimpia dove siamo arrivati in finale di Copa Libertadores perdendo la finale contro l'Altético Mineiro di Ronaldinho. Poi ho giocato per il 12 de Octubre e lo Sportivo San Lorenzo. Avendo mio fratello qui, abbiamo avviato insieme delle attività anche se è lui ad occuparsene maggiormente. Abbiamo una concessionaria auto e l'altra attività riguarda la vendita di alimentari. Questo mi permette di dedicarmi a pieno a ciò che riguarda la vita di fede, la vita di chiesa. Abbiamo iniziato a fare alcune riunioni con alcuni fratelli, seguendo la parola di Dio. Sono cinque anni che mi dedico a tempo pieno a guidare assieme ad altri fratelli le chiese locali. Predichiamo la parola di Dio".

Quando hai sentito la vocazione?
"Sono nato in una famiglia dove fin da piccolo i miei genitori mi hanno inculcato la parola del Signore, l'amore per la Chiesa. Ero quindi già propenso ad avvicinarmi alla fede: all'età di 9 anni sono stato colpito da uno spettacolo teatrale di missionari americani arrivati in Paraguay, si chiamava: 'Le porte del cielo e le fiamme dell'inferno'. Ricordo che a un certo punto queste persone ci avevano chiesto di deciderci per la salvezza e in quel momento aprii gli occhi, perché se non avessi deciso per il Signore avrei aperto le porte dell'inferno. Del resto il tempo del Signore è vicino, i segnali della parola di Dio si stanno compiendo. Dobbiamo proclamare la salvezza di Gesù".

Che cosa intendi con queste parole?
"Intendo che il Signore sta per ritornare. Lui ha detto che sarebbe ritornato a padre per tornare sulla Terra per ristabilire il suo regno e giudicare. Per la resa dei conti. Chi decide di aprire il suo cuore, accettando Gesù come signore salvatore ha la possibilità dalla salvezza".

In definitiva, possiamo dire che Tomás Guzmán oggi è un pastore evangelico
"Biblicamente si usa la parola pastore perché c'erano queste figure che hanno l'incarico di curare i fratelli, guidare la comunità. E io sono uno di questi a Fernando de la Mora. Curiamo le famiglie, abbiamo iniziato con una quindicina di persone, ora sono un centinaio. Sono uno dei pastori della Chiesa".

Come aiutate queste persone?
"Le coinvolgiamo nelle riunioni di chiesa. Ricordiamo il Signore, lo lodiamo. Durante la settimana abbiamo delle riunioni dove preghiamo, evangelizziamo nella città, promuoviamo il vangelo. Prima aiutiamo queste persone in modo spirituale, quindi a curare l'anima coinvolgendo gli aspetti pratici".

Hai fatto parte di un mondo, come quello del calcio dei giorni d'oggi, che sembra mal conciliarsi con la fede
"Sono due mondi opposti, ho visto compagni che si sono venduti le partite, per l'amore per il denaro. Ho messo a dura prova la mia fede nel mondo del calcio ma ho aiutato dei ragazzi che avevano un vuoto dentro, nonostante i soldi. Il discorso comunque è più ampio".

In che senso?
"Non è solo il mondo del calcio ad essere così, ma è proprio la società ad essere tale. Un cristiano vero si troverà scomodo in qualsiasi contesto in questo mondo. Se vi sono dei credenti che si trovano a loro agio in questo mondo, evidentemente non sono consacrati".

A proposito di consacrati, sei famoso per aver aiutato Nicola Legrottaglie a intraprendere un percorso di fede
"Quando ho trovato Nicola a Siena lui era un giocatore conosciuto ma vuoto, triste, amareggiato. Non salutava nessuno e non era ben visto. Aveva conosciuto la parola di Dio ma non aveva preso sul serio questa scelta. Il Signore ha fatto modo che noi potessimo conoscerci e lui ha deciso di cambiare. E lo ha fatto, letteralmente".

Ci sono altri casi di giocatori che si sono avvicinati alla fede grazie a te?
"Sono risucito a parlare con tantissimi giocatori e tutt'ora continuo a farlo".

Fai parte degli Atleti di Cristo. Ci racconti meglio questo movimento?
"È un gruppo di persone che hanno una cosa in comune, ossia che l'amore per Cristo. È di diverse discipline e il desiderio di questi credenti è quello di poter unire le loro forze per far conoscere la luce di Cristo. Ci si trova spesso per evangelizzazioni, si fanno degli studi affinché questi atleti aprano le case per condividere il vangelo. Lo sport è un mezzo per poter servire Dio. Voglio chiarire che alcuni che dicono di essere cristiani in verità non lo sono: non è che se alzi le mani al cielo sei cristiano. Il Signore è stato molto chiaro: entra nel regno dei cieli chi fa la volontà di Dio".

Il calcio per te ha ancora spazio?
"Ho avuto le possibilità perché con le conoscenze che ho potevo fare l'allenatore, lavorare con i bambini. Proposte ne ho avute ma il richiamo il Signore è stato così forte che ho sentito di smettere. E sono felice di poter avere più tempo da dedicargli".

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Martedì 30 Aprile 2024
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