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Sottil: "Spiace per com'è andata con la Salernitana, ero carico. Ora lo sono per rientrare"

di Andrea Losapio

Andrea Sottil era a un passo dalla Salernitana. Sembrava tutto fatto, l'approdo dell'ex tecnico dell'Udinese era propedeutico al tentativo di tornare subito in Serie A. Come accade qualche volta nel calcio, quello che è praticamente certo alla sera può non esserlo la mattina successiva. "Ho avuto dei contatti per un po' di tempo, in particolare con il direttore Petrachi che voglio ringraziare perché ha dimostrato grande stima nei miei confronti. Voleva portarmi lì e ne sono grato, è un direttore di alto livello e spero di lavorare con lui prima o poi perché è veramente bravo. Quando è arrivato a Salerno abbiamo incominciato a parlare di un po' di tutto, mi ha spiegato il progetto".

Quale era?
"Doveva esserci questa holding di americani che, poi, non hanno concluso l'acquisto della società. Quindi il panorama è cambiato. Io sono andato a incontrare il Presidente Iervolino: ha fatto le sue considerazioni e scelto diversamente, è padrone di fare quello che ritiene necessario per il suo club. Abbiamo deciso di comune accordo di non iniziare questo rapporto lavorativo. Fra gli altri ringrazio anche Maurizio Milan, è sempre stato a disposizione nei miei confronti. Auguro una pronta risalita in Serie A perché è una piazza che merita il massimo".

C'è del rammarico?
"Sì, sarebbe stato molto stimolante. Io avevo già accettato".

Facendo un passo indietro, Udine...
"Per me è stata una bellissima esperienza, soprattutto due anni fa, perché è stato il primo anno in Serie A, in una grande società dove ho anche giocato. Ho ritrovato il direttore, Pierpaolo Marino, che è stato molto vicino nel mio percorso. Poi la Famiglia Pozzo, la stessa di quando giocavo. Ho un bel ricordo dell'affetto della gente, è stato gratificante e stimolante. E poi abbiamo fatto una grande stagione, soprattutto nella parte iniziale. Poi non è finita come speravamo tutti, probabilmente per i tanti infortuni: abbiamo perso Gerard Deulofeu per mesi e ora non è ancora rientrato. Gli auguro possa farlo molto presto".

La seconda annata è andata maluccio.
"Nella scorsa stagione la squadra è cambiata tanto. Sono stati ceduti giocatori fondamentali come Udogie, Beto, Becao, Marengo, Arslan. Poi Pereyra è arrivato con ritardo, a campionato già in corso, di Deulofeu ho già parlato. Sono arrivati dei ragazzi giovani che dovevano avere il tempo per capire il nostro campionato, i miei concetti. C'erano problemi con la lingua, con l'alimentazione, di integrazione e di inserimento nel nostro campionato. Il percorso che stavamo facendo era in linea, secondo me: non avevamo mai vinto, è vero, ma negli scontri diretti non avevamo mai perso. Siamo stati battuti da Fiorentina, Juventus e Napoli. Stavo per recuperare Payero, Davis... È arrivato questo esonero, alla fine inaspettato. L'ho accettato ma non l'ho condiviso, i problemi della squadra sono andati avanti tutto il campionato, si va a salvare all'ultima contro il Frosinone rischiando una retrocessione clamorosa".

Quali erano i problemi reali?
"Perdi Deulofeu, vendi Beto il penultimo giorno di mercato, poi Udogie, Becao, Pereyra non lo hai avuto... Per carità, non dico sia stato fatto tutto alla perfezione. Prendevamo pochi gol, Juventus a parte. Davis è molto molto forte, però la società ha investito tanto su Brenner, acquisto prestigioso che ha giocato pochissimo per gli infortuni. La nuova coppia doveva essere Davis-Brenner, mai avuti".

Però aveva Lucca.
"Il suo percorso doveva essere all'ombra del titolare, per farlo crescere, difenderlo dal primo anno di Serie A. Lucca farà una grande carriera, ha dei grandi numeri. Per questo insieme di cose, secondo me, bisognava avere un po' di pazienza che peraltro era condivisa dalla proprietà, in particolare con Gino Pozzo. Se vedo l'andamento del campionato... Sono abituato a essere molto severo con me stesso e cerco di migliorarmi. Però ho continuato a vedere quelle lacune che avevo notato anche io. Feci una conferenza stampa dopo Frosinone, terza giornata, e dissi ai giornalisti che l'obiettivo dell'Udinese era salvarsi all'ultima partita. Così è stato".

Lei ha vissuto un'Udinese diversa, che era in cima alle classifiche. Cos'è cambiato?
"Non c'è uno zoccolo italiano, fondamentale. Perché se tu vai a vedere in tutte le squadre vincenti c'erano 5-6-7 italiani, esperti, che conoscevano il campionato. Potevano fare da chioccia agli stranieri. Bravissimi eh, l'Udinese prende sempre ragazzi molto forti, ma poi bisogna tutelarli e farli crescere perché incontrano giustamente tante difficoltà. Detto questo devo sempre ringraziare la famiglia Pozzo, sia chiaro. Mi ha dato la possibilità di allenare in Serie A nell'Udinese, è stato molto formativo, ne esco arricchito da questa esperienza".

Ci dovrebbe essere più pazienza?
"Fare l'allenatore è difficile, la parola progetto viene menzionata ma poi rispettata poco. Bisogna mettere in condizione di far lavorare le persone, poi si vedono i risultati. Come a Bologna, come all'Atalanta. Alle volte non si ha pazienza e magari ci sono momenti di grande esaltazione, ma anche critiche eccessive. Credo serva difendere un allenatore. Può anche sbagliare ed eventualmente è giusto sostituirlo. Tu fai un dodicesimo posto, cambia totalmente la squadra e vieni esonerato a fine ottobre. Sono soddisfatto di vedere migliorare Beto, Lovric, Bijol, Ebosele".

E Samardzic.
"È esploso con me. Gli ho fatto fare la mezz'ala a piede contrario. La società non deve guardare solo l'aspetto dei risultati, se i giocatori performano c'è un lavoro di staff fatto bene. Lo stupore dell'esonero è un po' quello".

Pafundi è andato in Svizzera per giocare...
"È un grande talento, è indiscutibile, un bravissimo ragazzo, vuole giocare ad alto livello. Ha mezzi, ha colpi, ha carattere. Torniamo al discorso di avere un po' di pazienza, non è che manca il coraggio di farlo giocare, ma poi serve la pazienza. È molto giovane, va gestito nella maniera giusta, come l'ho gestito anche io. Ha fatto piccoli spezzoni quando era opportuno, non era di semplice collocazione tattica del 3-5-2, che è una sorta di dogma per l'Udinese. Da seconda punta farebbe un po' di fatica, dovrebbe giocare in un 3-4-1-2, o 4-3-1-2, è un trequartista nato. L'Udinese saprò come gestirlo e farlo diventare un giocatore importante".

Nelle giovanili c'è Palma, 2008, che sembra destinato a grandi cose.
"È molto strutturato, dimostra già di avere delle qualità superiori alla media nonostante sia molto giovane, è un nazionale, è nella società giusta. L'Udinese è l'icona del valorizzare i giovani, ha tutta la strada davanti. Però sempre stando attenti a non bruciarli".

Qualcuno in più andrebbe lanciato, però.
"Sì, anche perché, mi permetto, non è che abbiamo fatto una gran figura nell'ultimo Europeo. Io ho una grandissima stima di Spalletti, è un ottimo tecnico. È arrivata l'ora di rivedere il sistema, di dare spazio ai giovani, di farli giocare con più continuità. Ma servirebbe un po' più di italianità nelle nostre squadre. Capisco che bisogna fare conto con i bilanci, ma il giovane se fa qualche errore bisogna accettarlo. Tutti vogliono i risultati, ma la coperta può anche essere corta".

E lei che farà?
"Sono a casa, mi sto aggiornando, andrò in giro anche all'estero e aspetto un'altra occasione per ripartire, sono molto carico, convinto delle mie possibilità. Sono sicuro che qualcuno mi chiamerà: è chiaro che i giochi ora siano finiti, dovrò aspettare un subentro. Mi auguro di trovare una situazione dove possa ricominciare e sposare un progetto per rilanciarmi, per fare bene".


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