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Lazio, l’unione del popolo laziale e il solito muro eretto da Lotito

di Lorenzo Beccarisi

“Parliamone, sono pronto ad ascoltarvi”. Sarebbero bastate poche parole per mandare un segnale forte, fortissimo. Un’apertura a quel grido di amore recitato venerdì sera da oltre 7 mila laziali (la Questura dice 5000, l’occhio di chi c’era parla di 10 mila, stiamo a metà) prima sotto la Curva Nord dello Stadio Flaminio e poi a Ponte Milvio. Un messaggio forte indirizzato solo a Claudio Lotito, nessun altro protagonista è stato tirato in ballo. Nè il direttore sportivo Fabiani, nè tantomeno il neo arrivato Marco Baroni. La richiesta è chiara, espressa con toni più o meno accesi ma piuttosto netta. Rimettere la Lazio al centro della discussione, non più la presidenza. “Alla Lazio contano due cose: Claudio Lotito e Claudio Lotito”. Questo aveva detto Lotito qualche giorno prima della manifestazione. Il popolo laziale vuole solo tornare a parlare della Lazio, senza dover manifestare contro la presidenza. Sarebbe bastata una mano tesa verso quel popolo unito come poche volte negli ultimi anni. E invece…

La ricerca dello scontro

E invece il presidente Lotito ha deciso come sempre fa di alzare un muro granitico davanti alla gente laziale. “Non mi interessa, tanto sono sempre i soliti a contestarmi” ha detto ieri Lotito al Messaggero. Non erano esattamente i soliti, perché un grido di protesta simile non si sentiva da Lazio-Sassuolo del febbraio del 2014. Sono passati dieci anni ed è grottesco pensare a quante similitudini ci sono oggi rispetto a dieci anni fa. La contestazione arrivò circa un anno dopo l’apice del primo decennio di gestione Lotito, la coppa vinta nel derby il 26 maggio del 2013. Il 26 maggio del 2023 la Lazio festeggiava all’Olimpico il secondo posto in classifica, miglior piazzamento nell’era Lotito. E proprio come dieci anni prima, la società non ha avuto la forza di costruire da un’annata straordinaria e ha fatto tre passi indietro, ritrovandosi nel bel mezzo di una contestazione da record. “Il tempo passa e tu non passi mai” cantano i Negramaro. Non passa mai questo senso di discontinuità nei progetti in casa Lazio. Non passa mai questa voglia di andare allo scontro e l’incapacità di ammettere i propri errori. Quello che non passa mai però è anche l’amore. L’amore di un popolo verso i propri colori che ieri è esploso sotto la Curva di quello stadio in cui tanti sognano di tornarci. “L’amor che move il sole e l’altre stelle” e che venerdì ha mosso la città dal Flaminio a Ponte Milvio. “Omnia vincit amor”, l’amore vince su tutto, è questo l’augurio che i tifosi laziali si portano dietro dopo la grande manifestazione di amore di venerdì sera.


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