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L'ex arbitro Gavillucci: "Inter-Udinese, non era rigore. Sudditanza psicologica? Più mediatica"

di Ivan Cardia

"Per me non era calcio di rigore". Intervistato sulle frequenze di Radio Rai Uno, l'ex arbitro Claudio Gavillucci analizza così il penalty concesso all'Inter per il primo gol del 4-0 sull'Udinese. Un rigore che ha fatto discutere anche per la decisione di Di Bello di rivedere al monitor il tocco di Perez su Lautaro, nonché per il dubbio sul fatto che l'attaccante argentino potesse disporre del pallone: "Non lo era in campo e tantomeno era passibile di una chiamata al Var. Probabilmente, e questo perché siamo uomini, potrebbe aver inciso quello che era successo a Bologna con lo stesso Di Bello pochi mesi fa (il riferimento è a quanto accaduto col rigore negato ai rossoblù contro la Juventus dopo l'intervento di Iling su Ndoye, ndr). L’uniformità di giudizio è l'El Dorado degli arbitri, è la cosa più difficile da raggiungere sia all'interno di una stessa partita che all'interno di un campionato.

Sudditanza psicologica? Io parlerei più che altro di sudditanza mediatica, perché quando ero ai massimi livelli dell'arbitraggio italiano ho percepito che a fronte di una contestazione mediatica delle squadre che, a prescindere dai colori, hanno una potenza mediatica maggiore c'era poi un'attenzione nella designazione… l'attenzione di mandare o non mandare un determinato arbitro.

L’emblema è il caso di Orsato che dopo l’episodio di Inter–Juventus non ha più arbitrato l’Inter per anni. Quindi non mandare un arbitro che avesse sbagliato con quella squadra che aveva fatto casino sui giornali e sui media”.


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