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Da Kakà a Paquetà: i grandi colpi di Leonardo al Milan

di Andrea Losapio

Venti punti in nove partite. Appena dopo Natale sembrava quasi impossibile che il Milan, inserendo un oggetto misterioso di nome Paquetà, potesse arrivare a certi livelli. Soprattutto pensando che l'ultima gara, quella contro l'Inter, ha privato i rossoneri del terzo posto, pur dopo una rincorsa quasi straordinaria. Non si può sostenere che è stato solo il brasiliano a cambiare il volto della squadra, perché Piatek ha sicuramente avuto un ruolo nella trasformazione dell'undici di Gattuso. Ora, dopo due mesi, è diventato il titolare della maglia numero dieci del Brasile, dando ragione alla scommessa di Leonardo: 35 milioni - più bonus e commissioni - sembravano un azzardo. Ora un po' meno.

Però c'è da dire che, nella sua lunga carriera da dirigente - intervallata dall'esperienza sulle panchine di Milan e Inter - Leonardo non ha sempre brillato come per Kakà. O per Paquetà, appunto. Durante gli anni sono arrivati anche Alexandre Pato, croce e delizia fino alla incredibile mancata cessione per lo scambio con Tevez, oppure Ronaldinho, per l'ultimo strascico di carriera. Thiago Silva, bloccato sei mesi prima ad anticipare l'Inter. Ma anche i Digao o i Felipe Mattioni, due nomi che rimangono nell'immaginario collettivo ma che più meteore non potrebbero essere (state). Il piatto è decisamente positivo, a ogni modo, al di là degli Emerson o dei Ronaldo, entrambi sul declinare della carriera.


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