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TMW RADIO - Pinardi: “Ilicic giocatore da top club”

di TMWRadio Redazione
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Alex Pinardi intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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L’ex centrocampista dell’Atalanta, Alex Pinardi, intervenuto a “Stadio Aperto” su TMW Radio parla della sua carriera dell'Atalanta, della sua carriera da calciatore e delle sue nuove avventure come allenatore con i ragazzi della Feralpisalò.

Come stai vivendo la tua nuova vita dopo il ritiro?

“La sto vivendo bene perché lo stacco non è stato traumatico visto che sto allenando i ragazzi della Feralpisalò. È diverso però mi sto approcciando spero al mio futuro lavoro. Sono collaboratore dell’under 17 e sono anche maestro di tecnica con l’under 15 e under 14. Stiamo facendo un bel percorso dall’inizio dell’anno e spero che questo lavoro porti i suoi frutti per la carriera dei ragazzi. Il lavoro nel settore giovanile è molto gratificante e devo ringraziare la Feralpisalò per la fiducia”.

Qual è il ricordo più bello dei tuoi anni all’Atalanta?

“Il più bel ricordo della mia esperienza all’Atalanta è stato conoscere il mister Valvassori che per me è stato come un padre. Quegli anni sono stati bellissimi e li ricordo con molto piacere, visto che in virtù dei risultati che non arrivavano per la prima squadra si è deciso di puntare su noi giovani che abbiamo poi fatto il salto in prima squadra con lo stesso mister”.

Come ha fatto la Dea ad arrivare a essere la splendida realtà che è adesso?

“L’Atalanta adesso è diventata una grande del nostro campionato, non solo per i risultati ma per il modo di giocare. Quando una società lavora bene dal settore giovanile alla prima squadra i risultati, prima o poi, arrivano. Il lavoro che ha fatto Mino Favini ha fatto scuola, era il “Messi” del settore giovanile. Aveva delle idee ben chiare su cosa fare e aveva delle regole ben precise. Nel settore giovanile c’erano dei ruoli che lui aveva ben definito, era molto autorevole senza essere autoritario”.

In una intervista recente hai detto che Ilicic vale Cristiano Ronaldo in questo momento, sei pronto a ribadire questa affermazione?

“Si certo, Ilicic è un giocatore che in questo momento è uno dei migliori del campionato. Sta facendo cose incredibili su tutti i campi della Serie A. Adesso ha trovato anche la continuità delle prestazioni grazie al lavoro di Gasperini che lo sta facendo diventare un giocatore da top club europeo. La produzione offensiva deriva dalla mentalità che l’allenatore ha dato alla squadra. È una squadra totale, la più bella del campionato insieme alla Lazio”.

Sempre per restare in tema Atalanta, cosa rappresenta per te Gianpaolo Bellini?

“È un fratello, è stato anche mio testimone di nozze. Ci sentiamo quotidianamente, si è meritato la stima e l’affetto di una bella piazza come quella dell’Atalanta”.

Tu sei stato giocatore sotto la gestione Zeman, che ricordo hai dei famosi allenamenti del boemo?

“Lui aveva creato un po' il personaggio, era molto ironico, ma è stato un maestro. Sul campo il lavoro era molto duro però portava i suoi frutti. Siamo rimasti in contatto tanto che mi aveva cercato quando andò ad allenare la Stella Rossa giocandosi i preliminari di Champions League. L’unico difetto di Zeman era il vizio del fumo”.

Tu eri in panchina il giorno della corsa di Mazzone, che ricordi hai di quella scena storica del calcio italiano?

“Si è stato qualcosa di indimenticabile. C’è da dire che lo aveva detto che sarebbe andato sotto la curva in caso di pareggio e così è stato. Dopo la corsa da grande persona ha chiesto scusa e questo ci tengo a sottolinearlo. È stato un evento storico, i tifosi si sono arrabbiati molto, ma ci può stare”.

Pensi che avresti potuto fare di più nella tua carriera da calciatore?

“Dopo gli anni di Lecce avevo avuto delle richieste importanti, poi sono andato a Modena perché stavo diventando papà per la seconda volta dopo aver avuto un primo figlio con dei problemi cardiaci importanti, che per fortuna ha superato. Non potevo lasciare da sola mia moglie andando a giocare distante da casa, non sarebbe stato giusto. Il problema di mio figlio non era una banalità e quindi la situazione era difficile, l’ho condiviso solo con una cerchia ristretta di persone e lo sapevano i miei allenatori perché avevo bisogno anche, a volte, di prendermi dei giorni per stare dietro alla mia situazione familiare. Quando poi il problema è stato superato sono andato a Cagliari a 30 anni. Sono contento della scelta che ho fatto perché la mia famiglia viene prima di tutto”.

Che differenze vedi tra il calcio di adesso e quello di qualche anno fa?

“Il calcio è cambiato un po' nei valori più che altro. Prima per entrare nel giro delle grandi squadre dovevi fare diverse annate ad alto livello, ora vedo stage della nazionale con giocatori di Serie B. Queste convocazioni possono essere solo delle false illusioni perché magari viene convocato un ragazzo dopo qualche partita e calciatori con tante presenze in Serie A magari restano a casa”.

Tra i calciatori che hai avuto modo di incontrare in carriera, chi ti ha più impressionato?

“Vucinic e Doni erano due calciatori che facevano quello che volevano con la palla. Doni è stato mio compagno di squadra anche nel 2002 quando Trapattoni lo convocò per i Mondiali e in quegli anni ha fatto delle stagioni straordinarie. Vucinic invece l’ho conosciuto quando aveva 20 anni e veniva da una rottura del crociato facendo poi 19 gol al rientro, come poi ha dimostrato in carriera è stato capace di fare dei gol di una qualità unica”.

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