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TMW RADIO - Morgia: "Mi sono dimesso da Lamezia perché sono contro l'idea di Superlega"

di Dimitri Conti
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Archivio Stadio Aperto 2020-2021
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Massimo Morgia ai microfoni di Francesco Benvenuti
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L'allenatore Massimo Morgia ha parlato a TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini. Si comincia dalla Superlega: "La Superlega non piace neanche a me, però ho visto interventi di giocatori, allenatori, politici... Tutti per proteggere il calcio che appartiene alla gente e i suoi valori. Mi pare giusto, ma fino a un certo punto. La pandemia ha portato problemi ovunque, ma quelli più grossi sono per chi conta meno, tutto il mondo dei dilettanti. Negli ultimi 13 mesi non si sono allenati né giocati, tranne che in Serie D: abbiamo lasciato un sacco di ragazzi a casa e tante famiglie senza nemmeno quei minimi rimborsi. Eppure su questi temi nessuno prende posizione o dice qualcosa... Non mi piace una morale con sfaccettature diverse".

Più urgente una soluzione federale o un intervento del Governo?
"Andrebbe fatta una riforma completa, con regolamenti ben precisi. Si è scoperchiato ciò che sapevano tutti: come fanno certi club a tesserare tra i dilettanti giocatori che fino a poco prima erano professionisti? Poi, il numero incredibile di stranieri: Serie D e Eccellenza sono i campionati che hanno più stranieri di tutti".

C'è il rischio che, quando ci sarà da ripartire, molte realtà dilettantistiche non tirino su i battenti?
"La cosa più brutta è per i ragazzini. Se già a 13-14 anni facciamo professionisti e dilettanti, allora di sociale lo sport non ha più assolutamente nulla".

Può esistere un compromesso tra ruolo sociale e interessi di business?
"Per me sì. Preferirei veramente una Superlega con le grandi squadre professionistiche, che tanto sono da anni che si relazionano solamente tra loro, specie su scambi di giocatori, allenatori e dirigenti. Ormai la Juve comunica più con quei club che lì che con quelli della Serie B italiana, per dire. Una volta invece si guardava molto al mercato interno... A quel punto li fai giocare tra loro, e ti rifai un campionato interno, puntando davvero sui settori giovanili come si faceva negli Anni Novanta".

Le ha dato fastidio sentire tanta gente parlare del calcio del popolo, lei che l'ha conosciuto davvero?
"Si è messa in bocca parole da popolo della gente che fino a ieri ha parlato esclusivamente del grande calcio e dei grandi ingaggi. Cosa c'è di sociale in tutto questo? Nessuno però si è accorto che in Italia è stato fatto un campionato, quello d'Eccellenza, senza retrocessioni ma per stabilire solo la promozione. In Calabria, per dire, partecipano 7-8 squadre, solo le più titolate. Già queste sono Superleghe... Io infatti mi sono dimesso (dal Vigor Lamezia, ndr)".

La Serie C italiana è un malato terminale?
"Secondo me sì. Vivo a Lucca, e ho visto molte partite della Lucchese: a parte essere calato notevolmente il livello tecnico, dico che la Serie C va riportata a quella che era quando ci giocavo io. Nemmeno quando allenavo, ma quando giocavo. Le squadre di C avevano storia e settori giovanili, portando su i calciatori dalle serie inferiori. Oggi invece è il contrario, vengono pagati per scendere".

Che ne pensa dell'esperimento seconde squadre?
"Per me le squadre B dovrebbero fare un campionato tra loro, e non con le altre squadre di Serie C. In questa maniera si vanno a mischiare le due cose, io invece vorrei un campionato com'era una volta, la lotta di campanile".

Impossibile arrivare in alto senza compromessi col business?
"Di impossibile non c'è niente, certo, più la torta si fa grossa più compromessi ci sono".

Quanto ha fatto male la ricerca del risultato nei settori giovanili?
"Tantissimo, non si va più alla ricerca del particolare ma solo del globale. Ormai poi le grandi squadre vanno all'estero a cercare nuovi giocatori, il tempo per lavorare sui giovani ormai non c'è più".

C'è qualcuno che ammira in Serie A?
"Direi Gasperini, che ha fatto la sua gavetta. In questo momento esprime un calcio molto europeo, è lui l'esempio migliore. Tra i giovani mi piace molto De Zerbi del Sassuolo: al di là del risultato porta avanti un modo d'intendere e vedere, e ha valorizzato pure diversi giovani. Il problema è quando si deve andare a riprendere Ibrahimovic a quarant'anni o a portare Ronaldo solo a trentacinque. All'estero invece vengono fatti giocare costantemente ragazzi di diciotto-vent'anni".

Perché è sempre stato amato?
"Sarà che sono nato a Roma, in un quartiere popolare, senza staccarmi dalle mie radici".

Lucchese, Livorno e Pistoiese rischiano di retrocedere in Serie D.
"Se ci penso... Piazze incredibili, bellissime. Ricordo i Lucchese-Livorno che ho giocato io, c'erano 10mila persone a Lucca e 20mila a Livorno. Scendessero tutte e tre sarebbe davvero una grande delusione".

Il Palermo invece?
"Sono la quinta città d'Italia, e vederli laggiù mi fa veramente male".

Qual è il senso di questo gioco?
"Per me lo stesso che ha sempre avuto, lo stesso di quando sono venuto via da Roma a 18 anni. Certe vittorie di squadre piccole succedono solo nel calcio".

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