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Personaggi del mondo del tifo: Serafino

di Redazione TMW
Fonte: Massimo Prosperi
nato a Milano il 23 maggio 1946 e morto a Palermo il 16 aprile 1980
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Il Brasile ha l'assurdo "Cotonete" con la sua chioma cespugliosa, la Spagna il fastidioso "Manolo El Bombo" con l'insopportabile tamburo. E anche l'Italia, per qualche tempo, aveva avuto il suo tifoso "ufficiale".
Giuseppe Serafini, per tutti "Serafino" (Milano, 1946 - Palermo, 1980), ci ha però lasciati un giorno di aprile di 32 anni fa, vittima di una malattia piuttosto rara, la cosiddetta Sindrome di Pickwick, che oltre essere la causa della sua mole (arrivò a pesare oltre 200 chili), provocava come ulteriore conseguenza una sorta di apnea spontanea molto pericolosa.

Serafino dunque è ingrassato per la malattia e non al contrario. Purtroppo, come raccontano suoi amici, aveva il terrore dei medici e per questo non si è mai voluto curare. Hanno provato più volte a convincerlo, ma senza risultati, quando qualcuno gli parlava dell'argomento cure, cominciava a cantare " fin che la barca va"

Tenore mancato (ma la voce non gli faceva difetto), per almeno una decina d'anni, fra il '70 e l'80, si guadagnò da vivere con l'insolita professione di "tifoso di bandiera". Dove c'era la nazionale c'era lui, pronto a incarnare nell'immaginario collettivo la figura dell'italiano.
A dire la verità, non è che l'italiano medio potesse sentirsi troppo rappresentato da questo signore enorme (sempre più enorme, di anno in anno), noto per il suo appetito monumentale, per la sua caciara, per i cornetti e i cappelloni che era solito sfoggiare e per le frequenti inquadrature che le telecamere di mamma Rai gli dedicavano, perchè in fondo faceva tanto folklore.
Ecco, questo era il punto: Serafino faceva folklore. Era il tifoso chiassoso, ma in fondo educato, che nel mondo incarnava, bene o male, l'immagine dell'italiano: era una icona di comodo, una garanzia di "italianità sulla fiducia" come gli "spaghetti bolognese" che si trovano in tutti i ristoranti del mondo, eccetto che a casa nostra. Non era l'italiano medio, ma in fondo a tutti (tranne forse che a noi) faceva comodo pensare che lo fosse. Newsweek gli dedico un'intera pagina, e nell'album Panini del 1974-75 la sua facciona campeggiava in caricatura in una appendice umoristica a vignette sul regolamento del gioco del calcio, disegnata da Prosdocimi e da completare con l'ausilio di figurine. Oltre al calcio era solito seguire anche il tennis (erano gli anni in cui la Nazionale era protagonista in Coppa Davis), e poche settimane prima della sua fine venne letteralmente ingaggiato da Renzo Barbera, presidente emerito del Palermo, per risollevare l'umore della tifoseria rosanero.

Proprio a Palermo, l'11 aprile del 1980, lo coglie il malore che gli sarà fatale: trasportato in ospedale, i medici gli impongono - si legge su "La Stampa", "una dieta rigorosissima". Ma forse non lo sorvegliano abbastanza, visto che all'interno dello stesso articolo, si legge che "...per consolarlo gli infermieri dell'Ospedale Civico di Palermo, si sono autotassati e tutti i giorni gli preparano una spremuta superabbondante con cinque chili di arance". Fedele al personaggio, fino all'ultimo. Serafino ci lascia qualche giorno dopo.

Col rammarico, pare espresso nelle ultime parole, di non poter vedere i Campionati Europei che si sarebbero disputati in Italia nel mese di giugno.
Diciamo la verità: perdere un tifoso così ha lasciato davvero (e non solo per la mole) un grande vuoto, ma forse, al pensiero di immaginarlo oggi, invitato di tanto in tanto a partecipare a uno dei mille bestiari televisivi che fanno contorno al campionato (è lì che sarebbe finito, questo è quasi certo), o magari "guest star" in qualche isola dei famosi, il rimpianto si stempera almeno un po'.
Non era l'italiano medio, ma era uno 'vero', e non avrebbe meritato di diventare il simbolo di un mondo del calcio che dal 1980 in poi si è alquanto incialtronito.

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Lunedì 17 Giugno 2024
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