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Montero a SI: "Volevo fare il procuratore, ma non era per me. Alla Juve mi ha aiutato molto Lippi"

di Redazione TMW
Fonte: SPOERTITALIA.COM
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Intervistato per la rubrica Mister Si Nasce, Paolo Montero ha parlato così, iniziando dalla data della sua nascita: "Sono nato a Montevideo in realtà il 2 e non il 3 come risulta, ma mio padre tornava da una tournée con la squadra e mia madre decise di aspettarlo per registrare la mia nascita".

Sulla sua infanzia: "Ero un bambino tranquillo, come tutti in sudamerica giocavo per strada a calcio, basket e altro. Ora purtroppo è cambiato molto e i bambini giocano meno in strada perché è molto più pericoloso, noi siamo stati dei privilegiati in quel senso li".

Su suo padre calciatore e sulla sua famiglia: "Mio padre ha giocato tanti anni, ha fatto due Mondiali, ha vinto la Libertadores, ha vinto tutto in Sud America. Io ho sempre seguito tanto il calcio. Anche adesso a casa mia si segue tanto, in tv è solo calcio, solo per la bambina c'è un'altra tv così può vedere i cartoni".

Sull'arrivo in Italia: "Ho avuto Menotti come allenatore nel Penarol che mi ha fatto conoscere i dirigenti dell'Atalanta che vennero a vedermi in Uruguay, dopo abbiamo fatto una tournée a Cagliari dove giocammo con Cagliari, Atalanta e River Plate e li decisero di comprarmi, portandomi in Italia nel 1992. All'epoca non c'era ancora il passaporto comunitario era molto difficile farsi notare, ho avuto la fortuna di trovare Lippi che poi mi ha voluto anche alla Juve. Per arrivare c'è sempre bisogno di una mano".

Sull'esperienza all'Atalanta: "Legami molto con la famiglia Ilai e quella Besana sono stati eccezzionali con noi, io arrivai solo con mia mamma, poi sono arrivati mio papà e i miei fratelli. Mio papà gli insegno a fare la grigliata e tutti i weekend mangiavamo con loro".

Sull'impatto con la Juventus: "Quando sono arrivato a Torino mi ha sorpreso l'organizzazione che c'era nella squadra, io subito dormivo con Ciro Ferrara, loro arrivavano dalla vittoria della Champions. Il primo impatto è stato con una squadra di campioni ma umili, che ti insegnano come bisogna comportarsi a certi livelli per restarci per tanti anni".

Sui campioni con cui ha giocato: "In quel periodo lì ho giocato con tanti campioni ma ne ho anche affrontati tanti, all'epoca l'Italia era il top. Ogni domencia si affrontavano dei fuoriclasse, penso sia stato il periodo più bello del calcio italiano".

Sulle tante espulsioni: "Io ho sempre interpretato così il calcio, tanti rossi non li meritavo, altri però si. Io anche nella vita sono così, passionale, ho sempre cercato di dare il massimo in tutto quello che faccio".

Con le buone o con le cattive?: "Quello che ho detto prima, tante volte era necessario per fermare questi campioni, che ti saltavano quando volevano allora ognuno aveva la sua strategia, tante volte purtroppo bisognava ricorerre al fallo per fermarli. Non era semplice ogni domenica, menomale che con Ciro ci completavamo bene".

Sul Montero fuori dal campo: "Fuori si, sono tranquillo, tante volte andavamo a Milano, ci trovavamo con tutti, nei locali, nei ristoranti. L'essere avversari inzia al 1' e finisce al 90' dopo tutto finito. C'erano dei codici che non si devono perdere".

Sui trofei vinti con la Juve: "Nessun trofeo mi è rimasto nel cuore più di un altro, il rammarico più grande sono le finali di Champions perse, sono stato comunque un privilegiato e continuo a esserlo".

Sulla settimana pre e post Manchester nel 2003: "Prima la vivevo normale, ma dopo che ho saputo che il mister voleva farmi giocare terzino gli dissi di no. Birindelli secondo me aveva marcato alla grande Figo in semifinale e io gli dissi con sincerità che avrebbe dovuto far giocare lui, ma il mister ha insistito e io ho giocato, ma i primi 20 minuti su Shevchenko feci malissimo. Dopo la finale sono rimasto a Torino, dopo il rigore sbagliato e penso che sia stata una settimana, soprattutto i primi due-tre giorni della vergogna. Quando perdo io non vado neanche al supermercato, mi vergogno, sono stati 2-3 giorni bruttissimi".

Sul compagno con cui ha più legato: "Io e Mark Iuliano eravamo gli scapoli, giravamo sempre insieme, abbiamo fatto quasi tutta la carriera insieme, con lui ci mancava solo di dormire insieme. Passavo quasi tutto il giorno a casa sua".

Sul ruolo del difensore: "Oggi per giocare centrale se non pensi come un mediano non riesci, oggi il difensore deve anticipare, e deve giocare propositivo, in avanti, come si dice spaccare le linee, se non giochi così oggi fai fatica a grandi livelli".

Sulla decisione di fare l'allenatore: "Ho inziato a viaggiare per fare il procuratore, ma non mi è mai piaciuto, un giorno ho deciso di cambiare e mi sono iscritto in Uruguay al corso, ho iniziato lì poi dopo che mi sono trasferito in Italia mi sono iscritto al corso di Coverciano e adesso mi trovo qua. Ho lasciato il mio paese 17 anni fa e sono sempre venuto a Torino perché la città mi fa impazzire".

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