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TMW RADIO - Calcagno (AIC): "Stipendi, spero sia l'ultimo rinvio. Sono solo il 56% dei costi"

di Dimitri Conti
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Archivio Stadio Aperto 2020-2021
TMW Radio
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Umberto Calcagno, presidente Aic, intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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Umberto Calcagno, presidente dell'AIC, ha parlato a TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini. L'intervista inizia dal rinvio del pagamento degli stipendi: "Questione molto dibattuta in questi giorni e mi auguro sia l'ultima volta che se ne parli. Il nostro sistema deve guardare avanti, già in questo campionato la fase d'emergenza era terminata, si tratta di convivere con la pandemia e il nostro sistema è uno di quelli che l'ha fatto meglio. Stiamo pensando alle norme dei prossimi campionati che saranno la vera base delle riforme".

Come sta il calcio italiano?
"Meglio di tanti altri comparti economici e sportivi. Lo vediamo anche dal fatto che più della metà delle società professionistiche continuano a pagare regolarmente gli stipendi. Certo, non possiamo non renderci conto della situazione strutturale ma i dati che arrivano dicono che il monte ingaggi è aumentato sia per la Serie A che per la B che per la C. E parliamo di settembre. Mi pare un segnale importante".

In che direzione si va sullo stop alle spese folli?
"L'interlocuzione è molto costruttiva. Il punto di partenza è quanto c'è già nella Lega Pro, dove i budget sono prestabiliti a 1 milione di euro. Chi sfora deve garantire una certa parte di questo extra-budget con fidejussioni bancarie. Stiamo studiando qualcosa anche per la Serie B, dove però il controllo è interno. Fotografando la situazione cercheremo di mettere una norma che non blocchi chi vuole investire ma semplicemente che dice che chi voglia farlo debba fornire certe garanzie".

Come crede si risolverà la situazione attuale sugli stipendi?
"Credo non si possano negoziare situazioni uguali per tutti. Partiamo però da un altro presupposto: gli stipendi oggi rappresentano poco più del 50% dei costi cui devono andare incontro le nostre società. Gli stipendi sembrano il problema dei problemi ma toccano il 56%. Bisogna capire come incidere sull'altra metà invece di far ricadere sempre tutto sui calciatori".

Le perdite di questo anno e mezzo saranno recuperabili?
"Ora si va verso le riaperture: mi immagino che nell'approntare i budget per l'anno prossimo, almeno all'inizio non si possa pensare di avere il 100%. Non sappiamo con certezza quali limiti di capienza avremo al 22 agosto, ci vorrà contezza nell'affidarsi su risorse che oggi non possono essere considerate".

Che ne pensa della querelle Superlega?
"Mi auguro che ciò che avverrà nei prossimi mesi sia condiviso. La mancanza di condivisione è la cosa che mi ha colpito, il fatto che i calciatori non siano stati minimamente considerati. Invece i top player spesso possono essere i soggetti migliori per dare idee su come far crescere le competizioni internazionali. Siamo molto preoccupati per i calendari: tra Europei, inizio immediato della nuova stagione e Mondiale invernale rischiamo di arrivare a quattro stagioni successive tutte di fila, per qualcuno. Si rischia che molti non abbiano le giuste tempistiche per il riposo. Mi piacerebbe innanzitutto un calendario differente, sempre nel rispetto delle varie competizioni. Dovrebbe essere una preoccupazione di sistema, non solo nostra".

Qualcuno si è lamentato della nuova Coppa Italia.
"C'è però una buona notizia: il Consiglio Federale ha portato ad un accordo di sistema e molto presto anche la Lega Pro avrà un incontro con la Serie A per un coinvolgimento delle sue squadre. Un passo avanti è stato fatto, è un segnale molto positivo da parte della Serie A. Anche a me piacerebbe un format stile FA, lo presentammo anche quando c'era Tommasi. Non è un caso, al di là della storia, che sia la competizione più venduta all'estero dopo la Champions e che comunque per vincerla le più blasonate dovrebbero giocare solo sei partite. Sarebbe bello".

Che ne pensa del mercato aperto durante il campionato?
"Noi abbiamo una posizione ufficiale, cioè l'idea di accorciare l'ultima parte del mercato per non farlo sovrapporre alle competizioni: il ragionamento, però, va fatto quantomeno a livello europeo o rischi solo che si creino dei danni. Io poi ci credo poco, c'è la professionalità, stento a credere che i calciatori siano condizionati dalle trattative. Anche perché poi spesso fanno tutto all'ultimo...".

Nel 2022 cambieranno i prestiti. Mossa giusta?
"I prestiti hanno oggettivamente una funzione, quella di far crescere chi magari non avrebbe una maturazione così veloce. Averne troppi nelle categorie inferiori però non aiuta né i nostri settori giovanili né la patrimonializzazione delle società più piccole. Ben vengano le restrizioni, preservando i loro aspetti positivi".

Che feedback le arrivano dalla Serie C?
"La nostra responsabilità è la regolarità dei campionati, ma ci sono decreti ministeriali che oggi prevedono sterilizzazione di perdite del 2020 e rivalutazione del patrimonio dei calciatori, ci impediscono di essere così rigorosi quanto avremmo voluto. Le norme per l'iscrizione non possono non tenere conto delle leggi dello Stato, ecco perché c'è un po' di timore su quanto andremo ad affrontare. Con i budget a 1 milione secondo me si avrà una stabilizzazione, contando sempre quelle 4-5 squadre che fisiologicamente non riescono ad iscriversi, cosa che però non esclude un ricambio".

La progettualità di FIGC con Mancini mancava?
"Di fatto è un ritorno al passato. Mancini ha creato un gruppo di giovani che gioca un grande calcio e per comportamenti ci ha riavvicinati tutti all'azzurro. Merito all'organizzazione federale col Club Italia ma anche al ct e al suo staff, ha creato un ambiente che aiuta i risultati".

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