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TMW - Branchini: "Se rifiuti 180 milioni per Mbappé, di chi è la colpa? Se i club pagano..."

di Andrea Losapio
Fonte: Dall'inviato a Milano, Ivan Cardia
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Giovanni Branchini, agente e vicepresidente dell'Efaa, European Football Agent Association, ha parlato a margine della riunione dell'Asso Agenti di Milano. "Il mercato ha sempre vissuto di cicli, euforie, depressioni che fanno tendenza. La pandemia oltre a essere un reale problema economico, è stato il momento giusto per uscire allo scoperto e accettare le loro condizioni. C'è una crisi economica e questo avrà un'influenza, è una pandemia che ha rallentato i rapporti e le competizioni, può darsi che un piccolo effetto lo abbia provocato, ma il mercato alla fine obbedisce alle sue leggi che cambiano a seconda dei momenti storici del calcio. Non ci trovo niente di così clamoroso, perché se il PSG decide di non accettare 180 milioni per Mbappé e di averlo un anno più, affrontando il rischio che possa andarsene a parametro zero, non vedo a chi debba essere imputata una responsabilità se non alle loro decisioni. Vedo anche con altri club".

Mbappé però fa parte di una categoria di giocatori primissimo livello colpiti di meno. State pensando a qualche meccanismo, come categoria, per preservare quelli di fascia media?
"Noi potremmo anche pensare a delle misure, ma non possiamo fare i conti senza l'oste, dobbiamo per forza condividere le valutazioni, è una cosa che da sempre valutiamo. È una cosa anacronistica il poco dialogo fra le leghe, i club e le categorie che rappresentano gli agenti. Penso che insieme si potrebbe sicuramente cercare di trovare degli aiuti, delle intese, senza alcun dubbio migliorare. Per potere fare questo però ci vuole una condivisione, perché da sempre la sensazione è che il nostro operato venga utilizzato per giustificare tutto ciò che non funziona. Credo che anche i media, a questo punto, dovrebbero avere un po' più di autonomia nelle valutazioni e nei commenti. Non è possibile che il colpevole nei gialli sia sempre lo stesso, qualche volta ci dev'essere un colpo di scena, per vedere che le cose non sono esattamente come vengono descritte. Servirebbe anche da parte dei media un maggiore equilibrio".

La nuova moda è andare in scadenza e chiedere cifre inimmaginabili.
"Se le cifre vengono riconosciute è sbagliata la valutazione che lei sta facendo. Se i club pagano determinate cifre vuol dire che non è come si pensa. Non credo sia una moda e una tendenza, ci sono situazioni in cui i calciatori hanno il diritto e la voglia di cambiare a prescindere dall'aspetto economico. Non sempre un calciatore lo fa per una questione economica, magari anche solo per l'ambizione di poter scegliere dove giocare. Quando questo accade è una sconfitta per tutti, ma non è detto che dietro queste scelte ci sia sempre la responsabilità di qualcuno. Alle volte sono scelte che sono rispettate, in altri paesi queste cose sono capitate senza farlo diventare un caso, senza drammatizzare. È una possibilità contrattuale, in Inghilterra e in Germania giocano fino all'ultimo minuto, poi se ne vanno e nessuno dice nulla".

Però si può scegliere dove andare, così.
"Il potere di acquisto dei club è molto diminuito, questo non fa venire meno il diritto di chi vende di dare una valutazione al calciatore. Questa situazione può creare più difficoltà in un passaggio a un altro club che non a fine contratto. Probabilmente la crisi ha ridotto la capacità acquisitive di alcuni club e in alcuni casi il calciatore può avere più preoccupazione di non trovare un'altra sistemazione".

Alaba è andato al Real Madrid senza troppi problemi, è una questione culturale?
"Quando un giocatore sta in un club oltre dieci anni, non penso ci sia nulla di criminale volere cambiare. Il Bayern ha fatto di tutto per tenerlo facendo proposte eccezionali, il giocatore sosteneva essenzialmente che nel Bayern non poteva giocare nel ruolo in cui ha sempre sognato di giocare, cioè il centrocampista. Poi la realtà sportiva è che sia nell'Austria che nel Real Madrid ha dovuto giocare da difensore, come fa il Bayern. Alle volte le ciambelle non riescono con il buco, è un fatto culturale e mediatico. In Italia si accetta che un giocatore vada via: il Milan ha accettato con grande signorilità che Donnarumma se ne andasse, sono stati più i media a calcare la mano che non le società. Penso che ci sia una tendenza a creare scandalo anche quando non c'è".

I procuratori sono i cattivi della storia anche per colpa dei media?
"I media non aiutano quasi mai, sono quelli che dicono che conta come si gioca e non il risultato, ma poi cambiano voti e commenti a seconda del risultato. Vengono condizionati dagli editori a tenere delle linee, quindi hanno le loro belle responsabilità, come tutti. Dopo due partite buone dicono che un giocatore deve andare in Nazionale, che vale 40-50 milioni, fanno del male al giocatore. Ma soprattutto li ha chi li eroga i pagamenti. Se uno vuole non paga e il discorso finisce".

È stato critico nei confronti del decreto crescita.
"Sono stati promessi dei correttivi, sono molto sorpreso che l'associazione dei calciatori italiani non abbia fatto nulla per questa norma che è stata senz'altro male interpretata".

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