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Paratici e Nedved ci avevano visto giusto: Inzaghi è da top club

di Riccardo Caponetti
Fonte: Dall'inviato a Roma
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Dopo la vittoria dell’ultima Coppa Italia, a maggio scorso contro l’Atalanta, Inzaghi si era chiuso in se stesso in un silenzio surreale e preoccupante. Attraversava un momento di riflessione, doveva capire quale svolta avrebbe preso nell'immediato la sua carriera. Lotito e Tare lo aspettavano a braccia aperte, con il rinnovo pronto, ma il tecnico ha temporeggiato perché voleva valutare tutte le opzioni. Una di queste si chiamava Juventus. Non l’ha mai ammesso, ma c’è da credere che una delle tante chiamate ricevute sia arrivata col prefisso di Torino, perché il nome di Simone era uno dei più caldi per il post Allegri. Alcuni affermano, con certezza, che fosse il primo dopo quello di Maurizio Sarri, che negli ultimi quindici giorni ha battuto due volte. In quei frenetici giorni caldi di fine maggio si rincorrevano voci di presunti incontri tra l’allenatore piacentino e i due dirigenti-amici bianconeri, Nedved e Paratici. Già perché con entrambi aveva e ha tutt’ora un rapporto stretto: con il primo ha condiviso lo spogliatoio a Roma negli anni bellissimi a cavallo degli anni 2000 con le tante vittorie targate Cragnotti. Col secondo, invece, ha trascorso tutta l'adolescenza tra Borgonovo e San Nicolò, i loro due paesini natali distanti 12 chilometri.

"Inzaghi o Sarri? Valutazioni in corso, non abbiamo fretta. Non sarà semplice, sappiamo che questo ciclo non si ripeterà. Sarà ancora più difficile”, diceva Nedved, il vice presidente bianconero, durante l'evoluzione della vicenda, il cui epilogo ormai è noto: Sarri arriva a Torino e Inzaghi rinnova con la Lazio. Passa l’estate, comincia il campionato e arriva il Natale, che porta sotto l’albero biancoceleste la Supercoppa di Riyad e il 3° posto in campionato. Col senno di poi, possiamo con certezza affermare che Nedved e Paratici abbiano avuto un'intuizione giusta intravedendo in Simone Inzaghi il potenziale per allenare un top club europeo. Se prima c’erano dei dubbi, adesso non ce ne sono più: la Lazio gioca bene, diverte, affascina e soprattutto vince. Nel 2019 ha conquistato due trofei e in campionato ha messo di fila 8 successi consecutivi, arrivando potenzialmente a -3 dalla vetta della classifica se dovesse vincere il recupero con l’Hellas Verona. Il merito è di tutti, ma soprattutto dell’allenatore piacentino, capace di crescere e maturare sotto ogni aspetto: tecnico, tattico, mediatico e nella mentalità. Se prima dava l’impressione di essere destinato a diventare un grande allenatore, adesso lo si può già considerare come tale. Se fosse andato alla Juventus a giugno, probabilmente avrebbe avuto delle difficoltà a gestire l’eredità di Allegri, come le sta avendo Sarri. Per lui, per la sua carriera e anche per la Lazio è un bene che sia rimasto nella Capitale, ma è oggettivo e innegabile che il duo bianconero ci abbia visto in maniera corretta.. Proprio come Lotito anni fa, perché il destino - dal caso Bielsa in poi - sembra essere tutto dalla parte di Simone Inzaghi. Che non dovrà essere considerato più un giovane interessante in rampa di lancio, ma un allenatore affermato e di sicuro affidamento.

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Sabato 1 Giugno 2024
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