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Mantovani ricorda Eriksson: "Era un anti-personaggio, un'anomalia nel calcio"

Esclusiva TMW
di Lorenzo Beccarisi
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“Sono stato il presidente che lo ha avuto più a lungo”. Lo dice con orgoglio Enrico Mantovani ricordando Sven Goran Eriksson, allenatore che dal 1992 al 1997 si è seduto sulla panchina della Sampdoria. “È rimasto fin quando le sirene della Lazio non lo hanno portato via da Genova”. E a Genova poi Eriksson c’è tornato il 5 maggio, quando al Ferraris ha salutato il popolo doriano nel prepartita di Sampdoria-Reggiana. Intervistato dalla redazione di tuttomercatoweb.com Enrico Mantovani ha ricordato così Sven Goran Eriksson. Queste le sue parole:

Che ricordo ha di mister Eriksson?
“Il ricordo è del primo giorno che l’ho incontrato, il mister venne alla Sampdoria con papà che lo prese e si incontrarono a Ginevra. Fu già un incontro veramente speciale perché mi sono subito reso conto di avere davanti un personaggio particolare. La prima cosa che mi viene in mente è questa, ho incontrato una persona serena per quanto fosse una situazione per lui difficile perché era difficile essere tranquilli e rilassati davanti a mio padre per il suo carisma. Sven però ne aveva altrettanto di carisma, per me quello è stato un inizio. Poi purtroppo per la scomparsa di papà sono diventato suo presidente. Non credo ci sia una società dove Sven abbia passato più tempo della Samp, perciò ho l’orgoglio di poter dire di esser stato il presidente che lo ha avuto più a lungo”.

Cosa l’ha colpita in particolar modo di Sven Goran Eriksson?
“Sicuramente il suo modo di essere. In un mondo pieno di personaggi, in tutte le categorie dagli allenatori ai calciatori fino ai presidenti, che spesso pensano di essere più importanti di quanto lo siano realmente, Eriksson era un’anomalia. Era un anti-personaggio, non ha mai fatto discorsi che non gli competevano, non ha mai avuto atteggiamenti di presupponenza o di conoscenza del mondo e della filosofia della vita. Lui è sempre stato sé stesso, e nei momenti di grandi difficoltà non c’è mai stato il dramma, cosa che nel mondo del calcio regolarmente succede. Invece che con serenità e con lucidità, le cose vengono affrontate con l’autodifesa o l’accusa, si parla di disastro totale. Eriksson era l’esatto contrario, nei momenti di grande difficoltà che comunque abbiamo avuto lui è sempre stato quello che ho desiderato da un tecnico. Per questo è rimasto a lungo alla Sampdoria, fino a quando le sirene di una Lazio che voleva vincere e che con lui ha vinto non lo hanno portato via da Genova”.

Che emozioni ha vissuto quando a maggio Eriksson è tornato al Ferraris?
“Quel momento lì c’era un’emozione che va oltre a quello che può essere l’affetto e il rispetto perché parliamo di una persona che è venuta a Genova per salutare. Era conscio che il tempo sarebbe stato ridotto, ma anche lì Sven era esattamente lo stesso tipo di persona che avevo incontrato nei momenti brutti e nei momenti belli della sua carriera. Io l’ho visitato 2-3 volte in paesi diversi, era molto vicino a mio fratello ed ero particolarmente attaccato a lui. Vederlo a Genova sapendo che non lo avrei più rivisto è stata una cosa non facile da gestire. È stata però una gioia, per quanto fosse drammatico il momento, vedere la reazione dello stadio Ferraris e quanto Eriksson abbia apprezzato quel momento”.

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