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#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Milutinovic, il globetrotter della panchina

di Andrea Losapio
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Messico, Costa Rica, USA, Nigeria e Cina. Bora Milutinovic è un santone del calcio panamericano, quello che dopo i due mondiali messicani, tra il 1970 e quelli regalati dalla Colombia nel 1986, hanno visto la crescita del movimento. Dalla Costa Rica straordinaria delle Notti Magiche all'1-0 di Bebeto che frustra il sogno americano del 1994. Poi la Nigeria che doveva essere una delle grandi sorprese del 1998, fino al nippocoreano 2002 con la Cina che doveva affrontare un'altra volta il Brasile e la Turchia. Insomma, Milutinovic è sempre sembrato l'uomo delle emergenze, con un curriculum lungo così e la speranza di partire from zero to hero a brevissimo giro di posta.

MESSICO E NUVOLE - Bora Milutinovic, e il cognome è abbastanza chiaro, nasce nella vecchia Jugoslavia, tra la Serbia e la Bosnia Erzegovina. Famiglia di mestieranti, visto che i due fratelli diventano giocatori professionisti, proprio come Bora. Meglio di lui, poiché hanno giocato entrambi per la nazionale. Invece l'idea da globetrotter del calcio inizia con l'OFK Belgrado, passando poi per la Svizzera e la Francia, finendo in Messico al Pumas. Qui conosce la moglie, ci rimane e diventa calciatore dei Pumas. Nel 1981 va dal campo alla panchina, venendo poi scelto commissario tecnico della nazionale messicana. Quarti di finale di Mexico 86, una esperienza che finisce contro la Germania Ovest - che sarà poi finalista contro l'Argentina, nella vittoria clamorosa di Maradona.

IL COSTA RICA - Dopo avere allenato San Lorenzo e, soprattutto, l'Udinese: partita per vincere la B con Pusceddu o Fontolan, Graziani e Dossena, a metà dicembre Velibor viene salutato anzitempo dai Pozzo, con la panchina che poi va a Nedo Sonetti. Insomma, il 1987 non fu un grande anno. Così nel 1990 viene chiamato dai ticos al loro primo Mondiale, tornando in Italia per 30 mila dollari per i tre mesi d'incarico. Nelle notti magiche riesce addirittura nel miracolo: vince contro la Scozia, poi viene abbattuto dal Brasile di Lazaroni con un gol di Muller, infine si guadagna la qualificazione agli ottavi escludendo la Svezia ribaltando il risultato grazie ai gol di Flores e Medford, cometa nella notte del Foggia di Zeman. La Cecoslovacchia del commissario tecnico Venglos, grazie ai cross per Skhuravy, concluderà la storia.

GLI STATI UNITI - Usa 1994 è forse il più brutto Mondiale giocato, o meglio, il più lento. Il caldo afosissimo paralizzava le gambe e i ritmi, nonostante un Baggio sontuoso per l'Italia. E Milutinovic non vuole essere la prima nazionale che viene mandata a casa al primo turno. Con un po' di fortuna ci riesce grazie a un'autorete di Escobar - poi ucciso in Colombia - e incrociando il Brasile di Carlos Parreira. L'ottavo di finale è brutto, il Brasile gioca in 10 per gran parte del match, a causa di un'espulsione di Leonardo: il gol di Bebeto sancisce il passaggio del turno dei verdeoro che poi vinceranno il Mondiale ai rigori contro l'Italia di Sacchi.

LA NIGERIA - Dopo due anni di ritorno in Messico - dove vince la Gold Cup del 1996 - viene chiamato dalla squadra africana a dicembre del 1997 per il Mondiale 1998. È il quarto consecutivo con una squadra diversa. E fa bene, almeno inizialmente, perché la Nigeria - con i giovani vincitrici nelle Olimpiadi di Atlanta 96 - diventa una mina vagante per la competizione. Così mette in fila il Paraguay, squadra decisamente ostica con Chilavert in porta e una difesa granitica, e soprattutto la Spagna, che va fuori ai gironi. Agli ottavi la Danimarca dovrebbe essere avversario abbordabile, ma Laudrup e compagni travolgono la Nigeria per 4-1. Il 6 luglio viene licenziato, a fronte delle grandi aspettative della nazionale africana.

LA CINA - Dopo un'esperienza pessima ai New York Metrostars (ecco, meglio non allenare i club) arriva la chiamata dalla Cina, mai qualificata ai Mondiali. E nel 2002 c'è quello nippocoreano, probabilmente epocale per tutta l'area. Anche qui riesce ad arrivare al Mondiale, ma il girone è molto complicato: a parte il Brasile di Ronaldo - che poi vincerà la competizione - c'è anche la Turchia di Hasan Sas, che terminerà terza dopo una semifinale thriller ancora contro i verdeoro. Zero gol fatti, zero punti (verrà battuto anche dal Costa Rica) e con un abisso contro le altre nazioni. Ed è anche l'ultimo mondiale, il quinto, dove arriva il miracolo: nel 2006 ci proverà con la Giamaica, senza riuscirsi.

IL CANTO DEL CIGNO IN IRAQ - L'ultima esperienza da selezionatore arriva nel 2009, alla Confederations Cup. Il suo Iraq arriva come la squadra materasso ma pareggia contro Sudafrica e Nuova Zelanda, entrambe le partite per 0-0, perdendo solo 1-0 contro la Spagna. Un qualcosa di incredibile considerando la nazione dilaniata dalla guerra. Ora vive e lavora in Qatar, ed è ambasciatore per Il Mondiale 2022. Nella sua vita ha allenato anche l'Honduras e l'Al Sadd.

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