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#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: 1976, ovvero Torino, Ronaldo, Riva, Panenka

di Marco Conterio
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l 1976 d'Italia parte dalla fine. Da un nuovo inizio, dalla storia che ritorna. Dalle lacrime di Torino, che bagnano di gioia e commozione i ricordi della tragedia di Superga. Il Torino che torna grande con le firme di Pulici e Graziani. Radice in panchina, Sala che inventa, una città in festa. Torino, il Torino. Ancora Tu.

La Juventus di Parola ha appena vinto lo Scudetto. Boniperti in cattedra, Zoff coi guantoni alle mani, in campo è già esploso e diventato grande Gaetano Scirea da Cernusco sul Naviglio. Libero indimabile, uomo integro, alla prima giornata la Juve vince 2-1 con il Verona e il Torino perde invece 1-0 contro il Bologna. E' il 5 ottobre del 1975, i campionati allora partivano più tardi.

Chi inizia il campionato 1975-1976 in quinta marcia è il Napoli. In panchina c'è Luis Vinicio, 'O Lione', gli azzurri tengono duro in testa fino alla decima giornata, all'undicesima arriva il ko contro la Juventus dopo quello con l'Inter. Decide Altafini, il grande ex della partita, che esulta festante, con le braccia al cielo.

Il 1976 è l'ultimo anno di Luigi Riva, rombo di tuono. Il 1 febbraio di quell'anno, in un contrasto col difensore milanista Bet, subì un grave strappo muscolare all'adduttore della coscia destra che si aggiunse ai postumi degli infortuni subiti in carriera. Fu il canto del cigno e con l'addio di Riva il Cagliari disse addio alla Serie A a giugno, da ultima in classifica. Fu l'ultimo anno dell'Uragano, del grande Gigi Riva.

E' un anno di grandi colpi di scena, quello del 1976, quello dello scudetto del Torino. La Lazio, campione d'Italia appena due anni prima, vende e svende in estate i suoi campioni. Poi, all'improvviso, Giorgio Chinaglia fugge oltreoceano e nonostante il ritorno in panchina di un Tommaso Maestrelli comunque dal destino segnato (scomparirà sul finire dell'anno), venne risucchiata in zona retrocessione salvandosi solo grazie alla differenza reti: ne fece le spese l'Ascoli, retrocesso assieme al Como e, soprattutto, al Cagliari. Il cuore s'infrange, ma non si spezza.

Intanto, l'Inghilterra era nel pieno della rivoluzione culturale. La First Division, a fine anno, la vincerà il Liverpool di Bob Paisley, in carica dal 1974, in un furioso testa a testa con il QPR e con il Manchester United. E' una squadra mitica, quella dei primi titoli di Paisley, erede di Shankly. Toschack, Clemence, Keegan. Uomini pronti a fare una rivoluzione anche nella nobile arte del football.

Avanti col calendario. E' il 22 settembre del 1976, a Rio De Janeiro nel quartiere di Bento Ribeiro nasce il terzo figlio di Nelio Nazario de Lima e Sonia dos Santos Barata. Ronaldo Luís Nazário de Lima, così chiamato per il medico Ronaldo Valente. Sarà Fenomeno, sarà uno dei giocatori più forti d'ogni tempo, forse il centravanti più forte di sempre. Ragazzo fragile, sfortunato e infortunato. Ma con un talento da amare e da ammirare, con gli occhi sognanti.

E' un anno d'oro, poco da dire. Andriy Shevchenko, Alvaro Recoba, Clarence Seedorf, Alessandro Nesta. Tutti di un'annata d'oro, di quelle che arrivano più o meno una volta ogni cinquant'anni. E' anche l'anno di un ragazzetto che a Roma nasce, cresce, dipinge e incanta. Sulle spalle si è praticamente tatuato la 10 e nelle sue vene scorre il sangue di tutto il popolo giallorosso. Cinque giorni dopo Ronaldo, nel quartiere Porta Metronia, nasce anche un certo Francesco Totti.

Siamo a marzo. La Juventus sembra pronta per bissare il titolo ma fra marzo e aprile si blocca con tre ko di fila: la trasferta contro il Cesena, che finirà poi sesto in Serie A, il derby contro il Torino e quello d'Italia contro l'Inter. Il Torino passò quindi in testa arrivando all'ultima giornata, il 16 maggio, con un solo punto di vantaggio sui "cugini". Ci siamo, ad un passo dal sogno. Stanno per tornare, i Golden Years...

L'estate del 1976 è anche quella dei quinti europei di calcio. Quelli di una prima volta, di un gesto che un ragazzo nato in quell'anno come Francesco Totti decise di far poi suo. Sul tetto d'Europa salì la Cecoslovacchia che sconfisse in finale la Germania Ovest ai calci di rigore. La realizzazione decisiva fu quella di Antonín Panenka che segnò l'ultimo tiro dal dischetto inventando per la prima volta un colpo a cucchiaio.

Il pareggio interno contro la rivelazione Cesena sarebbe potuto costare il campionato al Torino, all'ultima di campionato, ma la Juventus non riuscì ad approfittarne perdendo a Perugia: per il Torino fu così scudetto al Comunale. Il Torino era di nuovo campione d'Italia. E da lassù, i Grandi del passato, applaudivano commossi.

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