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Inter, parla Lukaku: "Sento la rabbia dentro, spero che torni l'amore con i tifosi. E lo scudetto"

di Tommaso Bonan
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"La stagione al Chelsea mi ha dato una motivazione in più per fare ancora meglio di prima perché penso che in un anno la gente abbia dimenticato le cose che sono capace di fare in campo. Quella è una sorta di rabbia che ho dentro di me. Anche il fatto che la squadra non abbia vinto l'anno scorso... Tutti insieme speriamo di fare meglio e portare almeno qualcosa a casa". A parlare così, nell'intervista a DAZN, è Romelu Lukaku che si sofferma su passato, presente e futuro all'Inter:

Ha detto: 'Ho sbagliato ad andare via'. Perché, in che cosa?
"Sinceramente in tante cose, penso che prima, quando sono andato via, sono voluto tornare al Chelsea perché quando ero giovane era la mia squadra da 11 anni, adesso ho l'opportunità di andare là e di pensare di essere protagonista. Non è stato così, ma a marzo, quando ho saputo che c'era la possibilità di tornare qui, non ho detto niente, piano piano non ho detto niente, ma verso la fine della stagione abbiamo fatto un ottimo lavoro con la società e sono potuto tornare. Faccio riflessioni solo alla fine delle stagioni, dopo le ultime partite, ho avuto l'opportunità di pensare quale fosse la migliore situazione per me, ho visto che i giocatori all'Inter hanno fatto una buona stagione, per me al Chelsea invece è stata difficile ed anche nel futuro avevo dubbi che la mia situazione cambiasse e per quello ho deciso di tornare qui".

Che lavoro ha fatto mentalmente quando ha saputo di tornare all'Inter?
"Di inserirmi nel meglio possibile dentro la squadra, che gioca diversamente rispetto a prima. Tutti i giocatori hanno fatto una crescita importante, le cose cambiano nel calcio e per me è importante inserirmi bene e capire il modulo dell'allenatore. Durante tutto l'anno ho avuto tanti contatti con i giocatori, per me è stato come rientrare il secondo anno, come se non fossi mai andato. L'unica cosa che ho visto è che i giocatori hanno ancora più voglia di vincere, ogni partitella è vita o morte e questo mi piace. Abbiamo bisogno di questo, siamo una squadra ancora più unita rispetto a prima".

Quindi Brozovic e Barella non te l'hanno fatta pagare?
"(Ride, ndr) No, no, non ancora. Ho dovuto cantare alla cena di squadra ed anche pagare, ma questo è normale".

Li ha trovati come prima?
"Meglio. Brozovic è diventato ancora più leader, più aperto verso gli altri e la comunicazione perché è uno che non parla tanto e si lamenta tanto, ma a me piace. Barella è ancora più protagonista a centrocampo, ha fatto tanti assist anno scorso... Aver vinto tutti questi trofei, l'Europeo con l'Italia, la Coppa Italia e la Supercoppa gli hanno dato ancora stimoli in più".

Vede l'Inter come la squadra più forte?
"Non sono uno che parla prima della stagione così. Non ha senso, alla fine si vede chi vince".

Qual è stata la prima persona a cui hai detto che saresti tornato all'Inter?
"A Lautaro. Ci siamo parlati prima su Instagram perché avevo cambiato il numero e da lì su WhatsApp e ci siamo scritti tantissime volte. Lui è stato uno dei primi con cui ho parlato dei giocatori, dopo c'era Dimarco, Bastoni e tutto il resto".

Quando ha incontrato Lautaro che le ha detto?
"Che deve fare di più (ride, ndr). Il primo giorno che ci siamo visti ci siamo detti che dobbiamo fare meglio di prima perché, se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi con la squadra, dobbiamo fare tutti meglio perché le altre squadre sono diventate più forti, è molto semplice. Tutto è iniziato dal primo giorno che ci siamo visti, subito ho visto che le sue qualità potevano aiutare me, ma anche le mie lui. Non siamo attaccanti veramente egoisti davanti alla porta perché io so quando è il giorno di Lautaro e non è il mio giorno, così cerco di fargli fare gol, segna, vinciamo e la portiamo a casa. Abbiamo questa voglia di vincere le partite. In allenamento non siamo nella stessa squadra, siamo sempre in quella opposta perché vogliamo essere competitivi, ma se il mister sceglie di farci giocare insieme nelle partitelle sappiamo che possiamo fare la differenza per la squadra".

Avete già parlato dell'esultanza?
"Rimane quella, perché dobbiamo cambiare (ride, ndr)".

Vincerà la classifica cannonieri?
"A me non importa della classifica marcatori, vi dico onestamente. Io penso solo allo scudetto. Sì, i gol arrivano, ma siamo all'Inter, qui si gioca per lo scudetto e non per le cose individuali".

Sente qualche pressione?
"La pressione ce l'hai in allenamento perché ogni giocatore provoca sempre. Questa è la più grande pressione, il resto non mi importa. Io sono uno concentrato su quello che devo fare in campo, non leggo la stampa, faccio l'allenamento e tutto quello che devo fare per vincere la partita e alla fine deve vincere l'Inter, il resto non mi importa".

Ma è sempre stato così?
"No. Quando sono arrivato all'Inter sono diventato così perché sono arrivato da due anni al Manchester United dove era stato un po' difficile mentalmente e fisicamente l'ho sofferto perché non c'ero con la testa. Devo ringraziare Conte perché, a parte di farmi un giocatore più forte, mi ha fatto crescere dentro la testa, dicendomi di non mollare e andare in fondo ogni giorno. Queste sono basi che rimangono con me fino alla fine".

Glielo gridava.
"Sì sì (ride, ndr). Ma Inzaghi è anche lui così, per quello mi piace e sono tornato per lavorare con lui. Mio fratello ha sempre detto cose belle su di lui e quando ero con lui in ritiro ho viste che con lui posso fare una crescita in più".

Dove sarebbe se non avesse incontrato l'Inter?
"Io penso che è sempre stato destino giocare per l'Inter, per l'Anderlecht quando ero piccolo, per il Chelsea. Adesso sono qui, l'Inter è la squadra, insieme all'Anderlecht e l'Everton, che mi ha dato l'opportunità di diventare quello che sono oggi. Credo sia anche giusto dalla mia parte di fare tutto per l'Inter. L'amore della gente e dei tifosi a me e alla mia famiglia... Veramente, li ringrazio e chiedo anche scusa per come li ho lasciati, ma alla fine io devo parlare in campo e sperare che con le mie prestazioni l'amore torni come prima".

La sua immagine iconica è l'urlo nel derby. Si riprenderà il trono di Milano?
"Io vorrei prendere questo trofeo. Alla fine non sono qui per me stesso, sono qui per aiutare la squadra a vincere lo scudetto, il trofeo, dopo la corona (ride, ndr)".

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