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Il gol del secolo e la Mano de Dios: quando Maradona vinse da solo

di Ivan Cardia
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© foto di Imago/Image Sport

Il 1982 non è stato l’anno di Diego Armando Maradona. Tutta l’Argentina lo aspettava, ma ha sbattuto sulla marcatura di Claudio Gentile, che passerà agli annali. Nel 1986, nessuno punta sulla formazione albiceleste: lo stesso Pibe de Oro, pur più maturo rispetto a quattro anni prima, è comunque reduce dal terzo posto in campionato. E invece è l’anno in cui nasce, o quantomeno si consolida, il mito mondiale di quel 10 che è molto più di un numero di maglia, di quel Diego che è un D10S.

Il girone: ancora Italia. Qualificatasi senza troppe difficoltà, l’Albiceleste è inserita nel raggruppamento con Bulgaria e Corea del Nord, ma soprattutto con gli azzurri. È un mondiale sfortunato, per quel che ci riguarda: Bearzot ha puntato sul gruppo che gli ha regalato l’iride, ma il vento di Spagna ’82 è ormai soffiato via. L’Italia parte con un pareggio contro la Bulgaria, l’Argentina demolisce subito i coreani: 3-1, segnano Valdano (doppietta) e Ruggeri. Il 5 giugno si può consumare la vendetta del Pibe: a Puebla, Italia-Argentina finisce 1-1. Altobelli apre le marcature su calcio di rigore, Maradona pareggia mezz’ora dopo con un tiro beffardo. Per completare la prima fase, l’Italia vince a fatica contro la Corea (ancora Altobelli sugli scudi), mentre la nazionale sudamericana, guidata dal ct Carlos Bilardo, supera 2-0 la Bulgaria. Di nuovo Valdano, e Burruchaga, i goleador. Tutto facile: cinque punti (le vittorie ne valgono due) per l’Albiceleste. Mentre l’Italia si va a schiantare contro la Francia, inizia lo show di Maradona & Co.

L’Uruguay, ma soprattutto l’Inghilterra. Il gol del secolo e la mano de Dios. L’ottavo di finale affonda in una rivalità storica del Sud America. Argentina contro Uruguay. Finisce 1-0, gol di Pasculli, ma è un risultato bugiardo: Maradona passeggia sugli avversari, colpisce una traversa e segna il gol del 2-0, ingiustamente annullato, in una partita senza senso. Superati Francescoli e i suoi, ecco l’appuntamento con la storia. È nei quarti di finale, non più avanti. Di fronte c’è l’Inghilterra, nel mezzo una guerra che meriterebbe un capitolo a parte. Nel 1982, Argentina e Regno Unito hanno infatti combattuto per il controllo delle Isole Falkland, o Malvines a seconda del punto di vista. Non una scaramuccia, ma una guerra vera e propria, con oltre 900 morti. Tutto nasce con l’operazione Rosario, l’attacco argentino volto a riconquistare quel piccolo arcipelago a due passi dalle proprie coste. Il governo guidato dalla Thatcher, in barba alle risoluzioni dell’ONU, reagisce e si riappropria del territorio. La spuntano i britannici, ma la sconfitta militare è vissuta come un’onta dal popolo argentino, che quel pezzo di terra lo sente (comprensibilmente) proprio. Quattro anni dopo, tocca a Maradona vendicarla. Lo fa nel giro di quattro minuti, tra il 51’ e il 55’ di una delle partite più memorabili nella storia del calcio. Finisce 2-1, entrambi i gol argentini sono di Maradona, colpito ma non messo KO dall’altrettanto famosa gomitata di Terry Butcher, ed entrambi sono scolpiti nella memoria collettiva di qualsiasi appassionato. Il primo è di mano, quella di Dios: Maradona affonda e scambia con Valdano, poi va a contendere a Shilton lo sfortunato campanile alzato da un difensore. Diego anticipa con la mano l’uscita del portiere inglese e segna. Quattro minuti dopo, riceve a centrocampo e parte in slalom. Salta tutta la difesa e poi appoggia in rete. È il gol del secolo, votato a furore di popolo sul sito della FIFA come il più bello nella storia dei Mondiali. Curiosamente, davanti a un’altra meraviglia segnata tra Argentina e Inghilterra, quella di Michael Owen nel 1998. Per raccontarlo, non ci sono parole che superino le immagini e la voce di Victor Hugo Morales.

Il trionfo e Burruchaga, simbolo di un’Argentina operaia. Fatta la storia, il resto viene da sé. La semifinale è quasi una passeggiata: l’Argentina travolge il Belgio col risultato di 2-0. Decide Maradona, ancora una volta: è la doppietta del Pibe de Oro, in una delle partite migliori della sua intera carriera e con un gol che non ha molto da invidiare a quello siglato contro l’Inghilterra, a spedire i suoi in finale. Dove li aspetta la Germania di Rummenigge, allenata da Franz Beckenbauer. Non una delle favorite del torneo, tant’è che ha passato il girone solo come seconda, ma è pur sempre la Germania. E poi ha eliminato la Francia di Michel Platini. Beckenbauer, che ha studiato Bearzot, rinuncia a Matthaus per piazzarlo in marcatura su Maradona, ma l’Argentina passa in doppio vantaggio lo stesso, con Brown e Valdano. Così il Kaiser libera Matthaus e affida Diego alle “cure” del resto della difesa: i tedeschi pareggiano con Rummenigge e Voller. A sei minuti dalla fine, il risveglio del 10 argentino, protagonista di una partita anonima e anche ammonito sin dal primo quarto d’ora di gioco. Maradona lancia Valdano, che appoggia per José Burruchaga, centrocampista offensivo del Nantes. Non è l’urlo di Tardelli, ma la sua esultanza entra nella storia e regala all’Albiceleste il suo secondo Mondiale, otto anni dopo Kempes e il 1978. E proprio Burruchaga, in fin dei conti, è tra i simboli di una nazionale operaia, nella quale giocano diversi campioni (a partire dallo stesso Valdano). Nessuno dei quali all’altezza del loro fenomeno, di Diego Armando Maradona. Passerà alla storia come il mondiale che il Pibe de Oro ha vinto da solo. Forse non del tutto giusto nei confronti dei suoi compagni di viaggio. Ma neanche così lontano dalla verità.

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