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FOCUS TMW - Qatar 2022, quale eredità? Progressi per i diritti dei lavoratori

di Andrea Losapio
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© foto di Insidefoto/Image Sport

Quale potrebbe essere l'eredità del Mondiale in Qatar del 2022? Non solo azioni spettacolari, gol, esultanze e i colori tipici della competizione. E non sarà nemmeno la possibilità di spostare gli stadi, regalandoli ai paesi più poveri e in via di sviluppo. Perché negli ultimi anni le condizioni dei lavoratori nel paese del Golfo stanno andando via via migliorando, in maniera costante. Ed è un qualcosa di fondamentale, perché l'impressione è che i progressi fatti dai qatarioti si possano poi estendere anche alle altre nazioni dell'area, potenti e ricche ma con evidenti contraddizioni, dai salari molto bassi allo sfruttamento. "L'eredità può essere la trasformazione del suo sistema di lavoro da uno che spinge lo sfruttamento a uno che fornisce un esempio per la regione", ha dichiarato Stephen Cockburn, dirigente di Amnesty International. "C'è ancora molto da fare, l'abolizione completa del permesso di uscita dovrebbe essere un passo tra i tanti nel raggiungimento di questo".

LE CONFERME - Arrivano direttamente dal segretario generale del comitato organizzativo di Qatar 2022, Hassan al-Thawadi: "Esistono già segnali di riforme avviate negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita. L'aumento del salario minimo è qualcosa di cui sono entusiasta, anche se non sono a conoscenza di tutti i dettagli". Questa è una riforma chiave perché tutti gli stati del Golfo fanno largo uso di manodopera a basso reddito, spesso proveniente dall'estero, in particolare dall'India, laddove il reddito pro capite è il più alto al mondo. In Qatar la popolazione indigena è solo il 10% del totale (2,8 milioni), mentre quella indiana è del 25% (700 mila): così è in programma un profondo cambiamento in questo senso, con un incremento salariale che non discriminerà in base alla nazionalità di chi lo percepisce e che non verrà adottato solo dai lavoratori edili, quelli che costruiscono stadi e infrastrutture per il Mondiale. I rapporti di Amnesty International parlano ancora di migliaia di lavoratori sfruttati, ma d'altra parte lo smantellamento del mercato dello sfruttamento sarà una conquista con enormi ripercussioni pure sull'economia del paese: gli strascichi della schiavitù, abolita solamente negli anni cinquanta del novecento, si sentono ancora.

KAFALA - Perché in Qatar - e più in generale dei paesi dell'area - è ancora in vigore una legge che lega i lavoratori alla sponsorizzazione da parte del loro datore di lavoro. Nel recente passato, quindi, chi era dipendente non poteva lasciare il paese senza l'approvazione del proprio titolare. Il rischio era quello di esporre le maestranze a situazioni di abuso e di ritorsione, dal ritiro dei passaporti alle pene pecuniarie, finendo per il ban dall'entrare nel paese per anni. Dal 2017 l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha incominciato a dialogare con il governo per concordare una fine al sistema Kafala. Lo scorso 16 gennaio è stato annunciato che la maggior parte dei lavoratori potranno lasciare il proprio posto senza un permesso e che questo vale sia per i migranti che per i lavori domestici. Una legge del settembre 2018 aveva già abolito la necessità di avere tale documento, ma non si estendeva alle persone non coperte dalla legge sul lavoro, come impiegati pubblici, lavoratori nel settore petrolifero e del gas, in mare e in acque territoriali, in agricoltura e negli uffici privati. Gli unici che devono essere autorizzati ora sono i militari, mentre i datori di lavoro possono richiedere eccezioni per alcune categorie di lavoratori domestici, che devono informare con 72 ore di anticipo.

REAZIONI - "È un passo importante - ha detto Rothan Begum, ricercatrice senior dei diritti delle donne presso Human Right Watch - ma le autorità dovrebbero garantire che nessun lavoratore debba ottenere l'autorizzazione per lasciare il paese. Il governo dovrebbe rimuovere del tutto questo requisito legale". Questo perché i datori di lavoro possono chiedere, in alcuni casi, all'autorità di richiedere fino al 5% del personale un consenso preventivo a causa della natura del lavoro. Restano tuttavia altri elementi, tra cui la richiesta ai lavoratori di ottenere il permesso del datore di lavoro di lasciare o cambiare lavoro. Coloro che partono prima della fine di un contratto senza permesso possono anche essere accusati di "fuga" e sono a rischio di arresto e espulsione. Altre riforme del sistema di Kafala dovrebbero essere lanciate più avanti a gennaio: alcune di queste devono passare dalla Shura, il consiglio consuntivo del paese, prima dell'approvazione dell'emiro Al Thani.

GRAZIE ALLA FIFA - La situazione sta lentamente evolvendo dal 2013 in poi, quando il Guardian aveva dimostrato che i migranti che lavoravano alla costruzione degli stadi della Coppa del Mondo erano pagati 40 sterline a settimana, con turni massacranti, lontani dalle proprie famiglie e in una sorta di campi di lavoro. I lavoratori hanno affermato di non essere stati pagati per mesi, che gli era stato negato l'accesso all'acqua potabile gratuita nella calura del deserto e che i passaporti venivano regolarmente confiscati. Queste notizie hanno messo sotto enorme pressione il Qatar, anche perché ci sono ben 1,9 milioni di migranti che arrivano dai paesi asiatici più poveri come Bangladesh o Pakistan, Filippine o, appunto, Nepal e India. La decisione della Fifa di consegnare i Mondiali del 2022 in Qatar ha aumentato enormemente il controllo, il governo del Qatar alla fine ha risposto firmando una cooperazione formale con l'ILO promettendo di attuare miglioramenti.

PROTOCOLLO D'INTESA - Nell'estate del 2019 è stato firmato dal segretario generale del Comitato nazionale per i diritti umani (NHRC) Maryam bint Abdullah al-Attiyah e sottosegretario aggiunto agli affari del lavoro Mohamed Hassan al-Obaidli. Il documento riconosce l'importanza della cooperazione tra le due parti, contribuisce alla diffusione e alla promozione di una cultura dei diritti umani. Questo richiederà anche un ulteriore adattamento alle normative internazionali. Insomma, il Qatar sta cercando di adattarsi agli standard, introducendo anche una dimensione più umana per i migranti, da salari più adeguati a case con aria condizionata e generali migliorie contrattuali.

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