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Fagioli e Soulé sì, Asllani e Bellanova no: Allegri allunga la Juve, Inzaghi accorcia l'Inter

di Ivan Cardia
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A volte è questione di filosofia, altre di caso. Massimiliano Allegri non ha mai allenato a livello giovanile: conclusa la sua carriera nell'Aglianese in C2, cominciò subito - l'anno successivo - a guidare la formazione toscana, iniziando la sua scalata verso i massimi livelli del calcio italiano. Per Simone Inzaghi il percorso verso la vetta è stato diverso: anche lui ha iniziato nella società con cui ha smesso, la Lazio. È partito però dalle giovanili: gli Allievi, prima regionali e poi nazionali, infine la Primavera fino al salto in prima squadra, il resto è cronaca recente. Il piacentino, inoltre, è più giovane del livornese di quasi dieci anni: classe '76 contro classe '67. Visti tutti questi presupposti, è sorprendente che l'approccio ai giovani sia così agli antipodi, e nella maniera più imprevedibile.

Allegri prova Soulé, Inzaghi dimentica Asllani. A poche ore da Inter-Juventus, una gara che vale tantissimo di suo e figuriamoci se in palio vi è una buona fetta della prossima Champions League, Max culla la suggestione di preferire il virgulto argentino Mathias Soulé al monumento Di Maria. Nella formazione di partenza bianconera ci sarà comunque il 2001 Fagioli, mancherà per infortunio Miretti che altrimenti avrebbe avuto le sue chance. Alla fine Soulé magari non giocherà, ma sarebbe una scelta in continuità con un'intera stagione. Costretto anche dalle tante defezioni incontrate lungo la stagione, Allegri ha fatto ampio ricorso anche ad altri giovanissimi come Iling e Barrenechea. In totale, sommando il tempo trascorso in campo da bianconeri under 22 in questa stagione, si arriva a 3.385 minuti. Sul fronte nerazzurro, la situazione è molto diversa: le ultime apparizioni dei due youngster Asllani e Bellanova - entrambi peraltro con almeno una stagione di Serie A alle spalle, a differenza dei propri colleghi juventini - risalgono rispettivamente al 5 febbraio e al 23 gennaio. In due, sommano appena 862 minuti complessivi disputati. L'impiego degli under 22 nerazzurri, escludendo Bellanova che è nato nel 2000 (come Vlahovic o Kean, non considerati per ovvie ragioni) ma includendo il 2005 Carboni, si ferma ad appena 589 minuti, quasi tutti di Asllani. Fagioli da solo ne vanta più del doppio, Miretti idem.

Allegri allunga la Juve, Inzaghi accorcia l'Inter. Non ne facciamo una campagna all'insegna di un improbabile giovanilismo. Non sarà una stagione, né tantomeno una partita, a salvare il futuro del nostro calcio. Tanto più che non tutti i profili considerati sono italiani. E non sarebbe compito né di Allegri né di Inzaghi. Semmai, la questione è di opportunità: entrambi hanno avuto in dote una stagione costellata di infortuni pesanti, chi Pogba e chi Lukaku. Al confronto diretto, il primo pensa addirittura a lasciare in panchina Di Maria o Chiesa: uno come Soulé, anche se non giocherà, è abbastanza pronto per un impegno del genere, rodato dai quasi 400 minuti avuti in stagione. Il secondo, viceversa, chiederà gli straordinari a uno straordinario Darmian e a tutti gli altri, incrociando le dita perché - complici gli stop di Bastoni, Gosens e Skriniar - i cambi in panchina a livello di difesa e fasce sono limitati al solo D'Ambrosio, a meno di non rispolverare il già citato Bellanova nella serata più complicata, a due mesi dall'ultima presenza. È una questione limitata ai soli allenatori? Può darsi di no: il progetto seconde squadre, che la Juve ha percorso e l'Inter no, sta dando i suoi frutti a livello tecnico, a prescindere da ogni altra considerazione pur d'attualità. Chi semina, si dice, raccoglie. È una questione di vivaio? Può darsi che quello dell'Inter in questo momento produca di meno, sono cicli. In mezzo ai può darsi, la controprova la dà soltanto il campo: in un caso non ci può essere. E questa è una scelta, a prescindere dalle motivazioni. Risultato: complici le regole sugli under, valide nelle loro diversità sia a livello europeo che italiano, Allegri ha allungato la sua Juve, dandole e dandosi più scelte all'occorrenza. Inzaghi no: al massimo, s'è ristretta l'Inter.

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