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ESCLUSIVA TMW - Rossi: "In C dovevo pagare per allenare. Ora batto la Croazia"

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Luigi Gasia/TuttoLegaPro.com

Il ko della Croazia in Ungheria è fra i risultati più sorprendenti della settimana di qualificazione a Euro 2020. Artefice dell'impresa di Budapest un italiano, Marco Rossi, da giugno scorso commissario tecnico della selezione magiara. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua storia:

Marco Rossi, quali sono a freddo le sue sensazioni dopo il 2-1 alla Croazia?
"Emozioni contrastanti per il fatto che c'è la consapevolezza di aver fatto qualcosa di non ordinario, ma al tempo stesso sappiamo di non aver ottenuto ancora nulla. Il cammino fino al 2020 è molto complicato, diciamo che questo successo è una tappa di avvicinamento".

Solo tre giorni prima l'Ungheria aveva perso contro la Slovacchia. Qual è la vera selezione magiara delle due?
"La stessa partita giocata allo stesso modo può avere una storia diversa se un pallone entra o meno. In Slovacchia non abbiamo fatto male, non avremmo rubato nulla se avessimo pareggiato ma siamo incappati in un paio di cali d'intensità verso la fine dei due tempi che ci sono costati cari. Ma la prestazione è stata positiva".

Lei ha intrapreso l'avventura di allenatore all'estero nel 2012, proprio in Ungheria alla Honved. Il suo percorso può essere un modo per stimolare i tecnici italiani a emigrare?
"Sicuramente fare esperienza all'estero ti apre la mente e gli orizzonti. Quel che consiglio ai miei colleghi è di imparare l'inglese e lo spagnolo perché ti permettono di girare il mondo facendosi capire da tutti. In Italia ci sono bravi allenatori ma a volte al di là delle competenze sono più importanti le relazioni e le conoscenze. Molto spesso ci sono bravi tecnici costretti a vivacchiare nelle categorie inferiori, poi dipende da te se accettare o meno i compromessi. Per quello che mi riguarda mi è stato proposto di pagare per allenare in Serie C. Una cosa che accade regolarmente, ma a questo punto non sei più un professionista, ma semplicemente uno sponsor. E siccome io devo vivere di calcio e non pagare per lavorare o provavo qualcosa di diverso, come la soluzione estera, o andavo a lavorare da mio fratello che ha uno studio da commercialista".

Lei è stato anche un pioniere da calciatore, essendosi trasferito in Messico e in Germania in un periodo in cui il calcio italiano era il migliore
"Sì, da calciatore mi ritengo un pioniere. Non da allenatore dove già molti colleghi hanno intrapreso prima di me la scelta di emigrare".

Lei ha lasciato l'Italia per l'Ungheria, dove il livello tecnico del campionato non è fra i migliori in Europa. Non c'è mai stato nessuno che le ha chiesto chi glielo facesse fare?
"Nessuno mi ha mai detto nulla. Direi che il livello del calcio ungherese è quello di una Serie B italiana, con squadre che stazionerebbero tranquillamente nelle posizioni di vertice. Poi è chiaro che il livello dei vari campionati li fanno i giocatori e i soldi che ballano, ma in Ungheria non è che il pallone pesi 2 kg o il campo abbia dimensioni diverse. Il calcio è sempre calcio, la gente ne è innamorata e soddisfazioni ce ne togliamo anche qui. Se uno come tecnico fa bene qui allora potrebbe farlo anche in Italia, Germania e Inghilterra. Chiaramente questa opportunità se partecipi a un campionato ritenuto minore non ce l'hai perché i risultati ottenuti non hanno cassa di risonanza. Ma a me non importa, faccio il massimo possibile e sono felice della posizione in cui mi trovo".

Quando ha iniziato la sua avventura in Ungheria nel 2012 si aspettava di arrivare fino alla Nazionale?
"Non me l'aspettavo assolutamente. Prima di arrivare in Ungheria ciò che sapevo era ciò di cui avevo sentito parlare in gioventù. Se sono alla guida della nazionale ungherese è grazie ai risultati ottenuti a livello di club e al fatto che tutti mi conoscono e apprezzano il lavoro fatto. Ciò ha fatto sì che il mio nome fosse ben visto da stampa e addetti ai lavori".

L'Ungheria può essere il suo trampolino di lancio per una panchina in Italia o in uno dei campionati principali?
"Intanto sono felice qui, poi nel calcio come nella vita mai dire mai. Essere sulla panchina della nazionale ungherese per me è un punto d'arrivo, il culmine della mia carriera. Ma non sono appagato, bensì stimolato a fare sempre meglio".

Come va con l'ungherese?
"Dovrei iniziare a studiarlo, ma non ho avuto tempo di farlo finora per via della preparazione delle partite. Con i giocatori parlo inglese, che ho studiato a scuola e che ho messo in pratica da calciatore e poi da allenatore facendone uso costante. E poi l'esperienza da giocatre in Messico mi ha permesso di imparare lo spagnolo".

Vive in Ungheria?
"Vivo per il 90% dell'anno a Budapest, città bellissima. Mi sono sempre trovato benissimo, mi hanno accolto bene e la città ti offre tante cose".

Anche l'altra esperienza all'estero, in Slovacchia al DAC, è di fatto da considerarsi con una squadra ungherese
"Il DAC di Dunajská Streda, città che è stata territorio ungherese prima della fine della prima guerra mondiale. Poi annessa all'allora Cecoslovacchia. In queste terre di confine è chiaro che la gente ha sofferto e la popolazione di Dunajská Streda si sente ungherese, parla ungherese. A me sembrava di essere in Ungheria. Ho avuto massimo rispetto del popolo e con il DAC siamo riusciti a ottenere un risultato storico, un 3° posto che è valso la qualificazione in Europa League. Cosa non facile dato che i tifosi, numerosissimi al seguito, cantavano a ogni partita l'inno ungherese e ciò non ti porta ad essere aiutati né dalla federazione slovacca né da altre componenti".

Tornando alla nazionale ungherese, si sente di consigliare qualcuno al calcio italiano?
"Ci sono giovani che si stanno affacciando alla ribalta dei loro club. L'ultimo in ordine di tempo è Szoboszlai che ha esordito contro la Slovacchia e piace già alle big europee, ho letto pure la Juventus".

In squadra c'è Adam Nagy che non sta avendo troppa fortuna a Bologna
"Adam è un ragazzo eccezionale, un professionista che lavora tantissimo. Noi abbiamo bisogno di un centrocampista difensivo, lui lo è e lo fa molto bene. Sono felice di averlo a disposizione, un po' meno del fatto che Mihajlovic lo utilizzi poco. Mi spiace perché Nagy è un rubapalloni eccezionale, che corre oltre 15 km a partita e lo fa con grande velocità. Certo è che se giocherà così poco dovrà pensare di andare altrove per trovare più spazio".

Per chiudere: se la immagina una sfida Ungheria-Italia?
"La Nazionale italiana è di grande livello. Oggi devo dire che grazie al lavoro di Mancini si sta ritrovando entusiasmo, con giovani di grandissimo talento. Sarebbe bellissimo giocare un'amichevole, ma per quest'anno sicuramente no a causa del fitto calendario. Poi bisognerà vedere, Mancini sarà il ct per diversi anni mentre io sono in scadenza a novembre ed è tutto da vedere".

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