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ESCLUSIVA TMW - Pasculli fa 60: "Il mio Lecce, il Mondiale vinto con Diego e il pallone sempre con me"

di Lorenzo Marucci
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© foto di Marucci

I sessant'anni di un campione del mondo. Argentino ma ormai leccese d'adozione, Pedro Pablo Pasculli può raccontare il calcio sotto ogni angolatura, dopo una vita vissuta in tutto il mondo col pallone in mano. Giocatore, allenatore, ct. Sempre in movimento, chi si ferma è perduto. "Se mi volto indietro ripenso ai mitici anni Ottanta - racconta a Tuttomercatoweb.com - nell'85 arrivai in Italia al Lecce e fui accolto in modo splendido da questo popolo caloroso. Ero reduce da una grande stagione all'Argentinos Juniors, avevo segnato una trentina di gol. Il presidente mi disse che mi volevano dalla Spagna, l'Atletico Madrid, e dall'Italia, ma non dissero la squadra. Scelsi subito l'Italia, a occhi chiusi. Poi scoprii che sarei andato al Lecce. Non sapevo nulla della città perchè a quell'epoca conoscevamo solo Firenze, Milano, Roma. Quando arrivai a Lecce ci fu un bell'abbraccio della gente e mi portarono subito al mare".

Come fu l'impatto col calcio italiano?
"Devo dire che i leccesi hanno avuto pazienza con me perchè nel girone d'andata non riuscii mai a segnare. Eravamo una squadra giovane, neopromossa, con giocatori che arrivavano dalla Primavera come Moriero, Conte, Petrachi, Morello, Garzya. Il primo gol arrivò a Verona nel girone di ritorno. Fummo poi protagonisti della vittoria con la Roma nel finale di campionato, togliendo ai giallorossi la possibilità di vincere lo scudetto. Ma non bastò per salvarsi. Poi l'anno successivo con Mazzone in panchina tornammo in A".

I gol più importanti?
"Quelli che ho fatto nel derby contro il Bari. C'erano sempre 45mila spettatori allo stadio... E poi anche quello del 3-1 contro il Parma, nella vittoria che ci consentì di tornare in A. Naturalmente non posso non citare il gol all'Uruguay negli ottavi ai Mondiali dell'86. Dopo la retrocessione col Lecce rischiai di non andare ai Mondiali. Il ct Bilardo poi mi chiamò e io lo ripagai".

I Mondiali e Maradona...
"Ricordo che in molte riunioni Diego prendeva la parola e ci diceva: 'Quando avete problemi date la palla a me che ci penso io...'. Era il più forte del mondo e si partiva sempre con un vantaggio".

Tutti si ricordano di quella vittoria con l'Inghilterra.
"Noi dovevamo concentrarci esclusivamente sulla partita. Si avvertiva ancora il ricordo della Guerra delle Falckland di quattro anni prima (che aveva messo di fronte i due stati, ndr) ma noi pensammo solo alla partita, anzi trovammo ancor più forza per vincere".

Ci fu il gol di Maradona, la Mano de Dios...
"Bilardo continua a dire che quel gol lo fece di testa.. Diego fu così scaltro che pur non essendo altissimo riuscì a saltare col pugno vicino alla testa in modo da far sembrare anche a noi compagni che avesse colpito con la testa. E poi ci fu l'altro gol straordinario: vederlo sul campo fu uno spettacolo. Maradona ci raccontò che in Spagna ne aveva fatto uno simile: quando lo vidi partire e arrivare in porta, lo stadio venne giù. Fare 70-80 metri palla al piede e resistere agli avversari significa avere forza fisica e sensibililtà nei piedi. Solo lui poteva saltare tutti e fare un gol così".

Lei è sempre rimasto al Lecce, per sette anni. Perché?
"Potevo anche andare anche in altre squadre. Il ds Cataldo mi disse che mi cercavano altri club come la Fiorentina ma non c'è mai stato un vero e proprio affondo. Mi è forse mancata la possibilità di provare qualcosa in più ma sono comunque felice così. si vede che Dio voleva così. E poi sono contento di essere rimasto qui anche perché ho conosciuto mia moglie, leccese, e mi sono stabilito qui".

Dove vive adesso a Lecce?
"In centro".

Ha cambiato abitudini rispetto all'Argentina. Dalla carne al pesce...
"Il mio preferito è il sarago. Al sale, al forno o arrosto. Ma il pesce qui a Lecce c'è a volontà: lo andiamo prendere la mattina presto. Mi diverto anche a cucinare e a volte comunque faccio anche l'asado".

Da allenatore tante esperienze in giro per il mondo...
"Sì, ho fatto il ct dell'Uganda, ho allenato nei dilettanti e sono stato anche ct della Nazionale azzurra del beach soccer".

Come spuntò questa possibilità del beach soccer?
"Erano i tempi in cui il presidente della Lega Nazionale dilettanti era Tavecchio. Un mio amici mi propose questa idea e mi piacque. In squadra c'era anche il Condor Agostini. Abbiamo fatto il Mondiali e gli Europei e affrontammo anche la Francia in cui c'era Eric Cantona".

E il futuro invece?
"Quest'anno sono stato alla guida del Bangor City in seconda serie in Galles. Il presidente Domenico Serafino si è dimostrato una gran persona, ha fatto ottime cose, ha preso la società risollevandola dalle difficoltà. Se non arrivava lui, adesso la squadra non ci sarebbe più. Peccato davvero per lo stop del campionato" .

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